È uscito un nuovo volume edito da Bompiani che raccoglie scritti di J.R.R. Tolkien. Con La Caduta di Númenor, ancora una volta, Bompiani ci dimostra che l’uscita del meraviglioso Lo Hobbit illustrato da Tolkien, nell’ottobre 2024, è stata solo un bellissimo errore di cui noi fan siamo grati. E La Caduta di Númenor conferma che qualunque sia il momento in cui Bompiani cederà i diritti di pubblicazione delle opere di Tolkien in Italia, sarà comunque troppo tardi.
Guardando il volume, potremmo dire che il contenuto è meraviglioso: merito di Brian Sibley, che lo ha curato, e merito delle straordinarie illustrazioni di uno dei più grandi artisti legati all’universo tolkieniano, Alan Lee. Il volume era già uscito per HarperCollins nel novembre 2022, con un’ottima veste grafica che Bompiani ha replicato. Ma prima di arrivare alle criticità, all’amaro di questa edizione, parliamo delle cose belle: il contenuto.
Si tratta di materiale inedito? No, ma rappresenta una raccolta fondamentale, che riunisce in un unico volume tutti gli scritti riguardanti la Seconda Era dell’universo tolkieniano. Tolkien in vita ha pubblicato solo Il Signore degli Anelli e Lo Hobbit; tutto il resto è frutto del lavoro del figlio Christopher Tolkien, che ha dedicato la sua vita a riordinare e pubblicare gli scritti del padre, dando alla luce opere tra le più famose come Il Silmarillion, i Racconti Incompiuti, Racconti Ritrovati e Racconti Perduti, insieme alla monumentale The History of Middle-earth in 13 volumi.
Se Il Silmarillion si concentra sulla creazione di Arda e sulle vicende della Prima Era, e Il Signore degli Anelli approfondisce la Terza, La Caduta di Númenor raccoglie invece le storie della Seconda Era. Vicende che trovate presenti nelle Appendici B de Il Signore degli Anelli sotto forma di calendario, con date e brevi accenni agli eventi, qui vengono ampliate, intrecciando narrazione e commenti di Tolkien tratti dalle lettere.
Gli errori di questo volume e gli errori del passato
Se il contenuto è straordinario, la confezione lascia molto a desiderare. Il volume costa 35 euro, ovvero cinque euro in più rispetto alla recente edizione de Lo Hobbit e a un prezzo simile nella versione inglese, che ha però una qualità superiore ed è venduta a 30 sterline. La prima superficialità la presenta la dimensione: non è allineata a quella degli altri libri della stessa collana (La Caduta di Gondolin, I Figli di Húrin), ma neanche a Lo Hobbit illustrato, di dimensioni maggiori, o alle edizioni inglesi, anch’esse più ampie.

Il problema delle cartine si ripresenta. Era già successo con la traduzione di Ottavio Fatica de Il Signore degli Anelli, dove la cartina compariva solo alla fine del terzo volume, uscito quasi un anno dopo il primo. Un errore grave, considerando che la nuova traduzione ha modificato i nomi dei luoghi, lasciando spaesati i lettori meno esperti che si approcciavano passando prima dalla trasposizione cinematografica.
Ne La Caduta di Númenor, ci si trova di fronte a una cartina stampata su una singola pagina in formato verticale, con bande bianche sopra e sotto e nomi di fiumi e laghi illeggibili per via delle dimensioni ridotte. Per confronto, l’edizione illustrata de Lo Hobbit offriva due cartine a colori in grandi fogli estraibili e un segnalibro in seta. Questo volume, invece, sembra fare di tutto per disorientare il lettore. Un pessimo lavoro editoriale.
La cultura non è un fast food
Sarebbe ora che una certa parte dell’editoria capisse che la cura per i dettagli e le scelte ponderate sono apprezzate dal pubblico molto più di prodotti realizzati con superficialità. C’è sempre la sensazione che certi volumi vengano pubblicati solo perché devono uscire, senza un vero pensiero dietro al loro confezionamento. «Tanto, comunque vada, vendiamo allo zoccolo duro che lo compra lo stesso». Ma proprio in quel «comunque vada» si annida l’errore: l’essere costretti a comprare un volume, senza alternative. L’editore sembra agire da mercante, piuttosto che puntare alla qualità.
Per noi lettori non vale la massima di René Ferretti: «La qualità ci ha rotto il cazzo». Anzi, la qualità è un valore, la scelta della traduzione è fondamentale, e investire in un buon prodotto non è mai superfluo. I lettori credono ancora nel bello. Se anche la cultura diventa un fast food dozzinale, siamo fritti. Fritti in un olio esausto. Per risparmiare. ♦︎
L’immagine presente in copertina, “Verso Mordor”, è di στρατός (formerly known as Michelangelo_MI) via Flickr