Quante volte abbiamo studiato a scuola dei motivi, delle cause, che hanno portato a una fatidica guerra? Quante volte abbiamo dovuto ripetere a professori che chiedevano una memoria impeccabile, date, personaggi e azioni accadute? E quante volte, infine, ci siamo chiesti quale fosse la vera causa di una guerra?

Ecco. Esattamente questo è il punto.

Probabilmente, la risposta a quest’ultima domanda è mai o poche volte. La scuola è diventata una macina di informazioni e dati, preda del capitalismo e della velocità del mondo moderno; la famosa legge Gentile, che tolse l’educazione perché in grado di creare ideologie e persone con valori ‘programmabili’, mettendo al posto di essa una mera istruzione, che rimuove qualsiasi morale che non sia il voto da ottenere, è probabilmente a capo di questo insegnamento spesso vuoto[1].

La scuola ci impone di studiare da programmi ministeriali ben definiti, che lasciano spesso troppo poco spazio all’insegnamento umano del professore, all’insegnamento dei valori e delle diverse prospettive[2].

Tenendo bene a mente questa modalità di apprendimento, dobbiamo però fare un passo oltre, e chiederci cosa, infine, sia la guerra. Facendo un’operazione tipicamente filosofica, ma tralasciando autori e pensieri ostici da mostrare in poche righe.

La guerra è un conflitto armato tra due o più comunità politiche sovrane (città-Stato, imperi, Stati) che si svolge secondo una precisa linea di demarcazione tra ‘interno’ ed ‘esterno’[3].

E fin qui, non c’è nulla di nuovo. La guerra è un conflitto tra due o più parti sovrane. Ma se sappiamo teoricamente cosa sia, non abbiamo ancora chiarito il perché esista. Abbiamo tutti studiato le cause dei conflitti come cause politiche, sociali, economiche; e di certo lo sono, almeno in parte.

Ma, se ci fosse qualcosa di più? Se la guerra fosse espressione di un qualcosa che mai si potrà combattere? Se, quindi, la pace fosse solo un orizzonte utopico, irrealizzabile? Se la guerra fosse una parte di noi, del nostro essere istintivi, ed insieme, razionali?

Cosa accade quando l’istinto, animale e furente, si mischia alla razionalità, alla capacità di intelletto dell’uomo? Ecco, forse è questa la vera ragione. Forse il perché della guerra è solo nella non capacità di controllare l’impulso rabbioso e violento che è parte di noi[4]. Come in Harry Potter, quando alla fine dei molti libri si scopre che è lo stesso Harry, protagonista ed eroe, ad essere in parte oscurità, ad essere in parte Voldemort.

La guerra è l’attestazione che noi siamo, e saremo sempre, luce e tenebre insieme; la guerra è la prova della capacità dell’uomo di studiare, conoscere e creare e, insieme, dell’incapacità di gestire la voglia di prevalere sull’altro.

Come se, in fondo, avessimo maschere di angeli in volto e organi di demoni.

Ma, la guerra che accade oggi in Ucraina è attestazione anche di un altro decisivo fattore: le nuove generazioni, questa modernità, è pronta a combattere, e combatte, per quell’orizzonte utopico privo di conflitti. Esattamente come Harry si sacrifica per quella pace superiore alla propria singola vita; ed è proprio questo atto a donargli una seconda vita, conquistata con la forza del bene.

Forse, quindi, l’istintività più oscura può essere messa a tacere dal senso di egualitarismo, dalla forza della pace.

“La cicatrice bruciava, ma lui dominava il dolore; lo provava, ma ne era distaccato. Aveva finalmente imparato a controllarlo, a chiudere la mente a Voldemort, proprio come Silente aveva voluto che apprendesse da Piton. Voldemort non era riuscito a possedere Harry quando era divorato dal dolore per Sirius, e adesso i suoi pensieri non potevano penetrarlo mentre piangeva Dobby. Il dolore, sembrava, scacciava Voldemort… anche se Silente avrebbe detto che era l’amore…”[5].


[1] Riforma Gentile, 1923, intendeva dare una nuova pedagogia, negando i nessi con la psicologia e con l’etica: lasciando ai giovani la possibilità di trovare i propri valori da soli; anche se negli anni successivi si è usato questa mancanza di significato per introdurre una fascistizzazione nelle scuole.

[2] Come scriveva Plutarco, “La mente non è un vaso da riempire, ma un fuoco da accendere”.

[3] Dizionario Treccani online,

https://www.treccani.it/enciclopedia/guerra/#:~:text=%C3%A8%20un%20conflitto%20armato%20tra,interno’%20ed%20’esterno.

[4] Su questo preciso aspetto è interessante una citazione di Erasmo da Rotterdam, “Neppure tutte le bestie combattono tanto, ma solo le belve, le bestie cattive. E neppure queste combattono fra loro, ma solo se sono di specie diverse. Combattono con mezzi naturali. Non come noi con macchine escogitate da un’arte diabolica”, Adagia: I Sileni di Alcibiade.

[5] Cap. 24, Harry Potter e i Doni della Morte, J. K. Rowling.

Alessia Bulgarelli
Sono una studentessa universitaria di filosofia, Unibo, mi piace ragionare sui problemi dell'oggi cercando una spiegazione più profonda di quella che ci viene data dai media. Spero che i miei articoli possano far riflettere chi li legge e possano aprire a nuovi mondi.

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2 Comments

  1. […] è ancora poco nota, soprattutto ai non specialisti; pensiamo per esempio all’ambito militare (https://nosignalmagazine.it/la-vera-maschera-della-guerra/), in cui si stanno creando sempre più armi autonome in grado di decidere la traiettoria e colpire […]

  2. […] sempre, la prima cosa prodotta dai conflitti è la narrazione, in tutte le sue forme: dalle dichiarazioni di guerra alle notizie, dai manifesti […]

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