Borodyanka, una delle tante città ucraine straziate e ingrigite dalla guerra. Uno dei tanti palazzi distrutti da uno dei tanti bombardamenti.

Questo è lo scenario in cui l’artista Banksy recentemente si è inoltrato e ha innestato la sua arte. Ha scelto, come sua consuetudine, di generare un’opera tenera ma straziante e, allo stesso tempo, proprio per il precedente connubio, profondamente provocatoria.

Non l’ha realizzata su una normale parete, ma sulla facciata ormai distrutta di un palazzo ridotto in macerie. Il graffito a cui ha dato vita è quello di una bambina, forse una ginnasta, in procinto di fare un’acrobazia su masso inclinato e instabile, collocato alla base dell’edificio che potrebbe crollare su sé stesso da un momento all’altro e schiacciare la piccola.

Banksy è uno di quegli artisti che lanciano messaggi chiari, con l’obiettivo di amplificare ogni sussurro d’aiuto e di tramutarlo in grido. Col suo stile limpido, immediato e universale, ma soprattutto emotivo – poiché spesso raffigura bambini -, denuncia qualsiasi condizione d’ingiustizia e indifferenza, volontaria cecità e apatia verso gli altri.

La sofferenza che racconta Banksy è la peggiore, cioè quella dei bambini, che fa male – o dovrebbe far male – a chiunque. Dall’inizio della guerra sono stati feriti e uccisi almeno cinque bambini al giorno (Save The Children), i quali, innocenti e indifesi, non possiedono più alcun tipo di certezza e promessa per il futuro.

Dinnanzi a un mondo ipocrita e incurante verso ogni conflitto, a cui interessa soltanto finanziare la guerra e da essa trarre beneficio per poi dimenticare tutto, egoista perché non fa altro che rubare il domani ai propri figli in qualsiasi modo immaginabile e nutrirsi del loro sangue, Banksy lancia un messaggio dal duplice significato.

Il primo, più immediato, è di speranza, poiché l’antitesi tra l’acrobazia sul masso instabile e il masso stesso raffigura la tenacia nel voler ricominciare da qualsiasi cosa e la forza di impegnarsi a farlo anche in condizioni sfavorevoli. Il secondo è amaro ed è un severo rimprovero a chi, con le proprie azioni lesive e indolenti, ha ridotto i bambini in un gravissimo e inaccettabile stato di precarietà e pericolo.

Nietzsche in “Umano, troppo umano” diceva che l’arte rende tollerabile la vista della vita. È vero, perché una bambina che fa un’acrobazia su un masso nell’immediato provoca meno dolore della vista di una creatura sofferente e che non possiede più nulla. È vero, ma solo in parte, perché riflettendo, nell’attimo che segue immediatamente il sollievo, fuoriesce ogni orrore; insieme, infine, alla responsabilità che non è affatto di un singolo o di pochi.

Prima o poi terminerà anche questa guerra, ma tutte le persone coinvolte ritroveranno mai, oltre ogni cosa, la propria pace?

Non è la sofferenza del bambino che è ripugnante di per sé stessa, ma il fatto che questa sofferenza non è giustificata. (Albert Camus)

Antonella Di Palma
Antonella, vent'anni, studio Lettere moderne e abito tra le braccia del Vesuvio. Sono fatta per osservare, cercare verità e capire. Parlo tanto e sono testarda. Nutro un amore viscerale per la letteratura, la tenerezza, il francese, i fiori, le città che non ho mai visitato, il teatro, i capelli ricci, le perle, la musica, i bambini, l'azzurro, l'arte, il mare, le parole dette senza paura, la luna, la filosofia, Napoli, il cielo, l'onestà, i gatti, la pioggia, la poesia, il silenzio, le fotografie, gli abbracci, le passeggiate fianco a fianco.

You may also like

Lotta
Ritratti

Io sono Lotta

Carlotta Sarina, nome d’arte e di battaglia: Lotta. Attivista, musicista e performer teatrale, ...

Leave a reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

More in Società