Chi scrive ha una responsabilità: essere sincero.
No, il mio non è pessimismo.
Diciamo che lo possiamo definire come estremo realismo. Anzi realismo e basta perché se una cosa è reale è reale e basta, non ci possono essere estremi.
Sono un osservatore: mi limito a riportare ciò che ho visto. Perciò credo fermamente che chi scrive debba porsi un freno, per etica e per rispetto di chi legge, ed esprimere un pensiero oggettivo; in modo tale da suscitare un’emozione al lettore ma al contempo permettergli di farsi un’idea sua, senza filtri e senza interferenze.
Spesso chi scrive dimentica di avere una responsabilità enorme nei confronti della società. Perché ciò che scriviamo inesorabilmente provocherà una reazione al lettore; provocare una reazione significa suscitare emozioni, far nascere pensieri, innescare dubbi ed incertezze.
Così nasce una catena, un circolo virtuoso ma che facilmente può diventare vizioso. La reazione, intellettuale o morale, provocherà a sua volta un’azione materiale; che nella società attuale, tanto labile quanto a volte testarda, significa influenzare direttamente ciò che una persona dirà o farà.
Non è una responsabilità da poco, poter spostare l’ago della bilancia morale delle persone. E chi scrive, volente o nolente, lo fa.
Certo non posso negare che gli argomenti che tratto siano tutt’altro che semplici sia da comprendere che da interiorizzare. Ma l’obiettivo di chi scrive è cercare di aprire gli occhi e il cuore di chi legge; non puoi colpire una persona, cercare di cambiare il suo modo di osservare un fenomeno se prima non le presenti il problema nella sua interezza. Quest’interezza dev’essere oggettiva, se viene interpretata come pessimismo viene interpretata nel modo sbagliato.
O meglio, viene interpretata così da chi la vuole interpretare così: da tutte quelle persone che hanno interesse ad assoggettare il vero al pessimismo, portando la gente a credere che il mondo sia un posto fantastico composto perlopiù da arcobaleni e persone felici. Ma la verità è che il mondo non è così; è anzi un postaccio composto da guerre, interessi, finzione che diventa realtà e realtà che diventa finzione.
Per motivi di lavoro ho avuto la possibilità di entrare nelle case delle persone, vedere come vivono e come la pensano e cosa dicono; mi sono trovato, tante volte, ad osservare persone che contemplavano la morte; persone immerse nella sofferenza e persone che perdevano la dignità stessa di essere persone.
Nel mio piccolo ho testimoniato più e più volte quanto il mondo non sia un posto fatto di arcobaleni e di persone felici.
Queste ultime, d’altronde, le possiamo vedere quasi esclusivamente sui social network: dove la felicità è solo una maschera e il pessimismo diventa realtà.