La saga di One Piece sta continuando a stregare gli accaniti e fedeli lettori del manga e spettatori dell’anime. Il passaggio in live action non delude grazie ad una calibrata riduzione di archi narrativi, ben più lunghi nell’originale, che non perdono però la loro forza. Casting azzeccato in tutto e per tutto per una serie che si preannuncia ancora lunga e sempre più carica di aspettative.
In un mondo fantastico, Monkey D. Lufy, un ragazzo diventato praticamente di gomma dopo aver mangiato un frutto del diavolo (un frutto che dona particolare proprietà a chi lo ingerisce), vuole diventare il re dei Pirati e trovare il One Piece, il famigerato tesoro del precedente e giustiziato Re dei pirati, Gold Roger, su un’isola sconosciuta alla fine della Rotta Maggiore, una particolare zona dell’oceano estremamente pericolosa, infestata da grandi mostri marini ed agguerrite nonché altrettanto pericolose, ciurme di pirati. Per poter diventare Re dei Pirati e conquistare il One Piece il ragazzo dal cappello di paglia deve innanzitutto mettere insieme una ciurma e trovare una nave degna di un pirata. Dopo aver facilmente sconfitto la piratessa Alvida, Lufy arruola Roronoa Zoro, un cacciatore di pirati, e Nami una ladra. Grazie al loro aiuto riesce ad impossessarsi della mappa per la Rotta Maggiore: il viaggio può così cominciare.
One Piece: un focus
Già il trailer dava qualche speranza di un’opera ben fatta e questa prima stagione ha confermato tutto e al meglio. Matt Owens e Steven Maeda (gli ideatori della serie), Marc Jobst, Emma Sullivan, Tim Southam e Josef Wladyka (i registi) ci riportano nel vasto mondo di One Piece con una cura e una rispettosa, particolare attenzione verso l’opera originale. In otto episodi troviamo condensato quasi tutto il lungo arco narrativo della saga del Mare Orientale.
Considerato che la prima stagione grossomodo adatta in live action 10 volumi sui 12 totali della saga cartacea (95 capitoli rispetto ad un totale di 100) e (sempre grossomodo) ben 44 episodi dell’anime (della durata media di 24 minuti), aver avuto Eiichiro Oda a dare una mano può aver fatto la differenza visto che questa operazione, piuttosto ardita, riesce ad avere comunque un buono stile narrativo, un bel ritmo e una sua peculiare fluidità lungo tutta la serie. Si può dire che si sia riusciti a fare credibilmente un: Netflix’s One Piece
Il cast: la punta di diamante di One Piece
Essendo questa serie figlia di un’opera già esistente e con un pubblico affezionato, il comparto tecnico artistico (come la regia e la colonna sonora) ha fatto sì un ottimo lavoro ma, quel tanto che bastava per mettersi il più possibile d’accordo con la cosiddetta fanbase concedensosi anche qualche guizzo ‘alla Netflìx’ con cambi di etnia qua e là, una composizione musicale originale (ma di cui non si ricorda granché finita la stagione) con qualche reminescenza della serie animata. In definitiva non si è voluto forzare troppo la mano per non perdere una sicura fonte di successo: i fan storici.
La punta di diamante della prima stagione è però il cast. Tutti gli attori coinvolti non solo sono stati convincenti con le loro interpretazioni ma c’è stato un grande lavoro nel portare credibilmente in carne e ossa dei personaggi dalle caratteristiche tutt’altro che naturali. Aarlong e i suoi uomini pesce, la forza di Garp (il lancio a mani nude delle palle di cannone è stato particolarmente apprezzato), l’elasticità di Lufy (la cui realizzazione poteva destare non pochi e giustificati timori ai fan della serie); tutto questo e molto altro è riuscito a passare in live-action rimanendo altamente credibile.
Vedere Lufy, Zoro, Nami, Usopp e Sanji – i Mugiwara – così ben interpretati è veramente bello, poco importa se gli aficionados sanno già tutto di loro e a memoria: Iñaki Godoy, Mackenyu, Emily Rudd, Jacob Romero Gibson e Taz Skylar (i rispettivi interpreti dei cinque) riescono a donarci i pirati che tutti gli amanti del mondo creato da Eiichiro Oda amano da oltre vent’anni.
Chiacchiere da bar
ome già accaduto ad altre serie anime (sovente in maniera fallimentare), anche One Piece ha ora la propria versione live action. Non le serviva sicuramente un ammodernamento che va tanto, e in molti casi ridicolmente, di moda. Non era utile a preservare la popolarità dell’opera che non cessa di intrattenere e accogliere nuovi e vecchi ammiratori eppure, fin dal primo episodio, ha trovato il plauso di chi scrive nonostante sia sempre piuttosto scettico verso questo genere di operazioni.
La serie Netflix riesce, quindi, a centrare l’obiettivo nonostante sia stato un po’ depauperato l’aspetto più ridanciano, irriverente, ludico e goliardico delle proprie origini. Una caratteristica che sarebbe meglio rinvigorire al più presto. La posta in gioco continuerà ad alzarsi sia a livello narrativo, sia a livello tecnico e un po’ di leggerezza sarà davvero necessaria. Al momento, comunque, le premesse per continuare un ottimo adattamento ci sono tutte: non resta che aspettare speranzosi la seconda stagione e vedere quanto hanno intenzione di proseguire nell’adattamento.