La premiata ditta Amarello 3.0, tanto decantata negli ultimi due anni, annaspa sugli allori e prova a portare a casa questa prima serata della kermesse nazionale per eccellenza. I risultati, a ben vedere, non sono proprio quelli sperati.
Occidit qui non servat, verrebbe da pensare sul divano, in pena per l’empio microcosmo emozionale che ci hanno servito in prima serata. E pensare che a salvarlo, questo benedetto esordio, non ci hanno neanche provato più di tanto.
LA CONDUZIONE
Se ad Amadeus è assai complicato imputare le possibili cause della debacle, forte di un’eleganza e di una raffinatezza complicate da riscontrare altrove, lo stesso non si può dire per l’amichevole Ciuri di quartiere. Il Fiorello da novanta che conosciamo, ieri sera dev’essere davvero rimasto a casa (probabile che sul palco ci fosse il fratello Beppe). In loro aiuto non è accorsa nemmeno la povera Ornella Muti, più astratta di un Paul Klee in crisi d’identità.
Sì, la diva di Innamorato Pazzo, un vecchio vanto italiano che poco ha a che fare con la voce udita a fatica al microfono o con gli inciampi nei vestiti (scialbi anche quelli) visti ieri sera. Dispiace per l’occasione persa dall’attrice, non pervenuta per tutta la serata, quasi a far sentire ancora più distopico Amadeus.
Insomma, fa un po’ specie la vacua inconsistenza del teatro nell’anno in cui si ritrova finalmente il pubblico in sala, soprattutto se si parla della serata d’apertura.
Sarà forse l’eterno presente che ci sembra di vivere ormai da due anni, ma la percezione di un festival arrivato troppo in fretta, di cui probabilmente non si avvertiva (ancora) la necessità dopo il clamoroso exploit dello scorso anno, è forte;
anche più forte delle urla di Ciuri.
GLI OSPITI
Premessa, di Raul Bova, Nino Frassica e Claudio Gioé non ci cureremo, un po’ per pietà nei vostri confronti, un po’ per il nulla cosmico offerto dai suddetti.
Parliamo invece degli scapestrati, menefreghisti, spettacolari (e sì, anche commossi) Maneskin. La band romana riabbraccia Sanremo dopo aver letteralmente conquistato il mondo nell’arco di undici mesi, dal Saturday Night Live all’apertura per i Rolling Stones in quel di Las Vegas. Tra i copricapezzoli di Victoria e qualche lacrima di Damiano, i quattro sanno bene come intrattenere, forti delle loro esperienze oltreconfine. Intendiamoci, sarebbero serviti il Santo Graal o Mago Merlino per rianimare interamente l’atrofizzata corte di re Amadeus, ma bravi loro per il contributo.
Successivamente ci pensano i Meduza a farci ballare come dio comanda (per i tutorial, chiedere al figlio di Amadeus), e bella grazia che erano tra gli ospiti. La vera punta di diamante della serata, peccato solo per il playback di Hozier, manco avesse cantato a Quelli Che… Il Calcio.
LE PAGELLE
Arriviamo dunque all’aspetto meno importante del festival, le canzoni (si scherza, ma neanche troppo). Anche qui, per il momento il confronto con l’anno passato è deprimente, i sopravvissuti al martirio di pubblico e stampa si contano sulle dita, sperando nella seconda serata.
Achille Lauro feat. Harlem Gospel Choir
“Domenica” Voto: 6
Se mescoliamo insieme Me Ne Frego e Rolls Royce, aggiungiamo un pizzico di Sister Act con contorno di whistle ballad, eccovi servita Domenica. A petto nudo con pantaloni in pelle, alla Lenny Kravitz ma senza sixpack. Scenetta finale, l’ennesima in pochi anni, come a voler ricordarci ulteriormente quanto avrebbe meritato negli anni una comparsa in The Rocky Horror Picture Show.
Yuman
“Ora e Qui” Voto: 7
Che timbro il ragazzo, niente da dire. Certo, il vero soul è un altro, e con la lingua italiana ci ha sempre azzeccato poco, ma l’esibizione è pulita, intensa, senza troppi manierismi. Se dobbiamo analizzare il livello generale della serata, alza sicuramente la media.
Noemi
“Ti amo non lo so dire” Voto: 5,5
Ok Dardust alla produzione, ok Mahmood nelle lyrics, ma sembra non bastare. Noemi è una cantante pazzesca, se n’era già accorto Morgan ai tempi, e meriterebbe canzoni migliori da presentare a Sanremo. Rimane intrappolata nel suo limbo personale costruito in sette partecipazioni. Serve qualcosa in più.
Gianni Morandi
“Apri tutte le porte” Voto: 6,5
Che bello il Gianni nazionale, gli si vuole sempre bene. Canzone che sa di boomerata pazzesca adattata ai giorni nostri. Jovanotti ha cucito l’abito, e su Morandi non sta neanche troppo male. Preparatevi a sognare il ritornello di notte e svegliarvi tutti sudati, ma contenti.
La Rappresentante di Lista
“Ciao Ciao” Voto: 5/6
Superato lo choc di Veronica biondo platino, non rimane granchè della canzone. Danzereccia? Sì. Radiofonica? Abbastanza. Memorabile? No, mentre quella dell’anno scorso si può dire che lo fosse. Forse un anno di pausa avrebbe giovato alla band, storicamente non è mai una buona idea presentarsi due anni di fila, fatta eccezione per la visibilità. “Sopra la rovina sono una regina/ma ma ma ma non so cosa salvare”: il riassunto della canzone.
Michele Bravi
“Inverno dei Fiori”Voto: 5
In sostanza vale lo stesso discorso di Noemi. Radicato sempre nella sua confort zone, il caro Michele ha talento e carisma per proporre ben più di questo, siamo sinceri. Il Diario degli Errori poteva andare bene la prima volta, ma riproporre lo stesso identico stile diventa tanto sadico per noi quanto masochista per lui.
Massimo Ranieri
“Lettera di là dal mare” Voto: 7
A essere sinceri, è stato commovente rivedere Ranieri al festival, ha ricordato in piccolo Roberto Vecchioni dodici anni fa con Chiamami ancora amore. Certo la voce non è più quella di un tempo, ma sentire cosa è ancora in grado di tirar fuori alla sua età dovrebbe far capire ai più giovani di che razza di doti canore ha quest’uomo, tanto meraviglioso, tanto senza tempo.
Mahmood e Blanco
“Brividi” Voto: 8,5
Dati per papabili vincitori fin da subito, e si è capito il perché. Canzone tanto sanremese quanto moderna, con le due voci che dal registro di basso fino al falsetto si sposano perfettamente, creando fra i due una fortissima intimità sul palco. Se su Mahmood non c’erano dubbi, la piacevole sorpresa riguardo a Blanco è che udite udite, non ha bisogno dell’autotune e canta pure bene! Cosa non scontata nel suo ambiente.
Ana Mena
“Duecentomila ore” Voto: –
In quel posto meraviglioso chiamato internet sono stati avvistati meme con Ana Mena e il suo vestito da una parte e Flora delle Winx dall’altra. Basterebbe già questo, sulla canzone meglio non esprimersi più di tanto.
Rkomi
“Insuperabile” Voto: 6/7
Più che Zorro, sembrava quasi di vedere Nicholas Cage nei panni di Ghost Rider: un sogno a occhi aperti. La canzone un po’ meno, forse ha bisogno di ulteriori ascolti. In radio sarà un successo, a Sanremo c’è qualche dubbio.
Dargen D’Amico
“Dove si balla” Voto: 7,5
La penna migliore d’Italia finalmente a Sanremo. Fa già notizia così. Quella vecchia volpe di Dargen spiazza tutti (o almeno chi lo segue da 15 anni) e presenta un tormentone dance anni ‘90-primi 2000. Il primo ascolto è nocivo, il secondo intriga, dal terzo in poi capisci che le bestemmie iniziali non erano poi così meritate.
“Fottitene e balla/tra i rottami balla – che brutta fine, le mascherine/la nostra storia che va a farsi benedire”, qui c’è la prospettiva personale degli ultimi anni, fottendosene come al solito di tutto e tutti, dopotutto si è già abbassato tanto a partecipare.
Giusy Ferreri
“Miele” Voto: 3
Meno male che c’è Ana Mena, deve aver pensato la cantante palermitana guardando la classifica. Se è vero che il miele è consigliato per alleviare tanti mali, in questo caso sarebbe meglio non abusarne, prendetelo come consiglio personale. Se in carriera si fosse sempre esibita come ieri sera, a quest’ora le servirebbe l’X-Factor anche per lavorare all’Esselunga.