Il timido si specchia, senza avvicinarsi troppo per paura di disturbare, di fare brutta figura. Anche il complessato si specchia, coprendosi dove possibile, modificando alcuni dettagli che potrebbero risultare inadeguati una volta uscito di casa, una volta perso il controllo su di sé, mentre il vanitoso risolverebbe il problema portandosi direttamente dietro lo specchio, per pavoneggiarsi anche quando va al cesso.
Ma cosa spinge miliardi di persone a trasferire la loro immagine lungo una superficie riflettente durante il giorno? Nulla. Nulla che non abbia a che fare con l’importanza irrazionale e isterica che gli attribuiamo. Un copia e incolla di se stessi, senza dover cliccare il tasto destro del mouse. Ed ecco che dal proprio specchio domestico si passa alle vetrine dei negozi, ai finestrini delle macchine, arrivando a contemplarsi negli occhi degli altri (pratica ormai incentivata a causa delle mascherine). La superficie più falsa davanti alla quale riflettersi, presupponendo un numero di filtri pari alle insicurezze che si preferisce nascondere. D’altronde, l’espressione “sii te stesso” è semplicemente il modo garbato per intendere “assumi l’identità che ti conviene a seconda del contesto sociale”.
Sì, difficile credere che il nostro riflesso sia costante col passare delle superfici. Non leccheremmo certo il culo di un clochard incontrato per caso sotto i portici di una qualsiasi via Roma e non andremmo certo a lasciare una monetina nel bicchiere del caffè dell’insegnante per raccomandare nostro figlio. Diventerebbero superfici distorte, senza rispecchiare l’immagine che ci aspetteremmo.
E’ il triste risultato di una codardia sociale radicata. Per essere quantomeno coerenti, con tutte le maschere che indossiamo durante l’anno, a carnevale sarebbe originale travestirci da noi stessi, per risultare finti ancora una volta. La spontaneità dei comportamenti ha un prezzo, e non si trova in saldo. Essere noi stessi a prescindere comporta dei rischi, ci si crea dei nemici, impossibile il contrario. Ma in un’epoca social come la nostra, un’epoca in cui “Mr. Like” Mark Zuckerberg sarà molto probabilmente il prossimo candidato alle presidenziali, tingendo di blu la Casa Bianca, l’invito ad evitare ogni forma di negatività, ogni sottospecie di “bad habit”, è troppo forte. Se stringiamo amicizia con filtri, non ci odierà nessuno. Se flirtiamo con una fotografia in modalità ritratto, chi può biasimarci? Ma se per caso ci innamoriamo della verità, se squarciamo ogni velo di Maya, se infrangiamo tutti gli specchi sociali, allora ci invidieranno.
Agogneranno la nostra autenticità, perché non esistono più specchi in grado di rifletterla.