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L’ORGANIZZAZIONE PER LA COOPERAZIONE DI SHANGHAI STILA UNA NUOVA DICHIARAZIONE E SI PROPONE COME CONTRAPPESO AL POTERE DELLA NATO

Samarcanda. Il solo nome di questa città evoca atmosfere esotiche, quasi oniriche.
Capitale dell’Uzbekistan, la città è stata, sin dall’antichità, fondamentale crocevia per gli scambi commerciali e culturali.
Malgrado il territorio uzbeko non abbia sbocchi sul mare, la sua capitale ha rappresentato un punto focale della via della seta.
Ed è proprio in questo luogo che hanno deciso di riunirsi quest’anno i Paesi membri del SCO.
Quale location più azzeccata per un vertice che aveva al centro delle questioni proprio questo argomento. La promozione della collaborazione e delle alleanze fra i partecipanti.

La volontà di creare una nuova coalizione di Paesi rappresentativi dei territori orientali del globo. Ma non solo. Con i loro numeri in quanto a demografia e ricchezza prodotta, anche i territori ospitanti circa la metà della popolazione mondiale e nei quali si producono un terzo delle ricchezze globali.

L’obiettivo è quello di far sorgere un’unione in grado di pareggiare con la Nato e, in generale, le varie alleanze fra Paesi occidentali.
Un modo per i membri del SCO di far sentire il loro peso, sia a livello politico che economico, in un contesto internazionale.

Alle origine del SCO

Ma andiamo a vedere brevemente cosa sia lo SCO, questo misterioso acronimo citato poc’anzi.

La Shanghai Cooperation Association nacque il 14 giugno del 2001 come evoluzione del giá esistente Shanghai Five (Gruppo di Shanghai).
I membri, inizialmente, erano 6: Cina, Russia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan. Nel 2017 vi fu, poi, l’ingresso di India e Pakistan.

Al vertice di Samarcanda hanno, inoltre, partecipato quattro Stati Osservatori, Afghanistan, Biellorussia, Iran e Mongolia. Infine, vi sono sei ulteriori Paesi definiti Partner del dialogo: Armenia, Azerbaigian, Cambogia, Nepal, Sri Lanka e Turchia. Quest’ultima è l’unica a far parte anche della Nato e potrebbe rappresentare un interessante ponte fra le due istituzioni. Ennesima occasione per Ankara di porsi come mediatore. Un ruolo che, negli ultimi tempi, ha dimostrato di amare molto.

La SCO è nata come organismo intergovernativo con lo scopo, principalmente, di intervenire in caso di scontri interni ai Paesi membri, o per sedare dispute di confine fra i partecipanti.

Il suo fine è, tuttavia, cambiato a seguito del vertice di Samarcanda. Come detto, gli attuali membri e i Paesi che ne entreranno molto probabilmente a fare parte nei prossimi anni rappresentano una notevole fetta della popolazione e delle ricchezze mondiali. Pertanto, la SCO vuole ora porsi come una sorta di contrappeso allo strapotere della Nato.

Il suo raggio d’azione si è allargato, non limitandosi a riguardare i soli Stati membri. L’organizzazione vuole assumere un carattere internazionale, influenzando la geopolitica e l’economia globale al pari del suo alter ego occidentale.

Il risultato del vertice

L’assemblea della SCO doveva rappresentare una vetrina per la forza e il peso della stessa coalizione di questi Paesi asiatici.
Malgrado il vertice abbia dimostrato quanto sia divenuta importante questa unione sulla carta, i risultati effettivi sono stati, tuttavia, leggermente diversi.

Se si era partiti con l’enfatizzare il rischio che si creasse una coalizione filo russa in grado di far pendere le sorti del conflitto in Ucraina a favore di Mosca, le aspettative sono state deluse.
I due più importanti membri dell’associazione, Cina e India, hanno preso posizioni neutrali, se non contrarie, alla guerra in corso.
La mano che Putin si aspettava di vedersi tendere, si è, invece ritratta.

Anche la volontà di rendere forte e dinamica questa coalizione fra nuove potenze emergenti è sicuramente forte, ma rimane ancora molto lavoro da fare per renderla tale e, soprattutto, stabile nel tempo.
Tra gli stessi stati membri vi sono conflitti, come quello fra Tagikistan e Kirghizistan.

Mentre due dei Paesi ospiti, Armenia e Azzerbaigian, hanno ripreso, di recente, le ostilità, come documentato sulle pagine di NoSignal.

Ma il vertice di Shanghai non aveva come tema quello della guerra in Ucraina e ridurre a ciò la sua analisi è scorretto.

Molte sono state le proposte e le iniziative lanciate dai membri e molti i progetti per il futuro. Dalla lotta al terrorismo, al contrasto al cambiamento climatico, le idee di fondo paiono interessanti, anche se si dovranno ancora fare molti passi avanti prima di poterle concretizzare.

Basti pensare che si parla di promozione della pace e del dialogo, quando uno dei Paesi membri è impegnato da mesi in una guerra., e, come detto e dimostrato, lontane paiono anche le forti collaborazioni fra i membri dello SCO, enfatizzate all’inizio del vertice.

Inoltre, va aggiunto alla contraddizioni fra gli obiettivi posti e la realtà attuale, il fatto che molti sono anche i problemi che riguardano dall’interno questi Paesi e che ne minano la stessa stabilità e crescita. Negli stessi giorni del vertice, in Iran scoppiavano le rivolte per l’uccisione di una ragazza che non aveva indossato correttamente il velo.

La lezione per l’Occidente

I 44 punti del documento stilato nel corso della riunione toccano temi di interesse fondamentale. In particolare, si focalizza l’attenzione sulla collaborazione fra Paesi per la risoluzione di problemi che stanno attanagliando il mondo contemporaneo. Dalla guerra, al clima, alla lotta al terrorismo e all’alimentazione.

I membri del SCO hanno voluto, più volte, sottolineare il concetto di parità di diritti e trattamento di ciascun Paese e la conseguente partecipazione di tutti alle scelte riguardanti la politica globale.
L’enfasi è stata posta su un nuovo ordinamento che non si basi esclusivamente sulle decisioni prese da una superpotenza predominante. E forti sono state le critiche agli Stati Uniti e alla loro egemonia, con la quale pretenderebbero di poter imporre le proprie decisioni su tutto il resto del mondo.

I rappresentanti dei Paesi riuniti a Samarcanda sono stati chiari e unanimi da questo punto di vista. I loro territori, seppur con molte difficoltà, si stanno sviluppando. Ne consegue che anche loro vogliono avere un peso nelle decisioni che riguardano il mondo intero.

Un tema, quest’ultimo, sul quale l’Occidente dovrebbe effettivamente riflettere.
I Paesi più sviluppati, che da sempre hanno guardato dall’alto il resto del mondo, dovrebbero imparare non giudicare con il solito etnocentrismo gli altri popoli. Tenere conto delle loro ideologie e dei loro modelli, senza pretesa di imporre il proprio quale il migliore.
Saper cogliere quanto di positivo culture differenti possono trasmettere.

Una lezione molto importante viene dal vertice di Samarcanda. Per risolvere gli attuali problemi globali e per uno sviluppo sostenibile è fondamentale il dialogo e lo scambio di idee fra tutti i Paesi. E non ci può essere dialogo senza l’accettazione degli altri e l’apertura a loro.

Una lezione che, si spera, tutto il mondo impari presto.