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Martedì 24 ottobre l’Osservatorio Fiscale Europeo ha pubblicato il suo primo Global Tax Evasion Report, un rapporto sull’evasione fiscale a livello globale.

Il team guidato dal francese Gabriel Zucman ha riunito più di cento esperti da tutto il mondo, al fine di raccogliere i dati sull’andamento delle misure introdotte negli scorsi anni a livello globale per contrastare il fenomeno dell’evasione fiscale. L’Osservatorio Fiscale Europeo è un ente nato nel 2021, il cui principale obiettivo è quello di condurre ricerche innovative sulla frode fiscale e sui mezzi per contrastarla, nonché sensibilizzare la società civile e incrementare la sua partecipazione alle politiche dell’UE contro l’evasione fiscale.

L’attività dell’Osservatorio mira anche al fondamentale scopo di trovare soluzioni per giungere a una tassazione equa in tutto il territorio dell’Unione europea. La sede dell’ente è all’interno dell’Ecole d’Economie de Paris, e il suo presidente è proprio Zucman, già professore presso l’Università della California, la Goldman School of Public Policy di Berkeley, nonché la stessa Ecole d’Econonomie di Parigi. In particolare con questo primo rapporto, l’Osservatorio ha monitorato gli effetti di due misure adottate recentemente a livello internazionale. Lo scambio di informazioni bancarie sui contribuenti da parte dei governi, avviato nel 2017, e l’imposta minima globale sui redditi delle multinazionali, lanciata nel 2021 e che sta progressivamente entrando in vigore in tutto il mondo. Lo scenario che ne è emerso mostra una situazione migliorata rispetto al passato, ma evidenzia che c’è ancora molto lavoro da fare.

12.000 miliardi di dollari

12.000 miliardi di dollari è l’ammontare raggiunto nel 2022 dal capitale offshore, ossia il patrimonio che privati e aziende spostano al di fuori del territorio di residenza verso Paesi con tassazione più favorevole o assente. Di questa somma, un quarto, il 27%, è stato occultato al fisco. Una percentuale che indica un notevole miglioramento se si pensa che nel 2013 l’evasione legata al capitale offshore era pari al 90%.

Questo dato positivo deriva dalle politiche e dagli sforzi messi in atto negli scorsi anni, principalmente in Europa e negli Usa, affinché emergessero le ricchezze nascoste e ci fosse maggiore trasparenza da parte del sistema bancario. In particolare il miglioramento drastico si è avuto per quanto riguarda lo scambio di informazioni bancarie a livello globale, retto da due pilastri fondamentali: Il primo è lo United States Foreign Account Tax Compliance Act, entrato in vigore nel 2014, che vincola le banche di tutto il mondo a dare notizia dei conti correnti posseduti dai contribuenti statunitensi, pena il pagamento di sanzioni; il secondo è il Common Reporting Standard, già citato in precedenza, adottato dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico a partire dal 2017 e che prevede lo scambio di informazioni fra le banche delle 110 giurisdizioni coinvolte. Il calo della percentuale di capitale offshore nascosto al fisco è un’importante meta conquistata, considerando la rapidità con la quale la situazione è migliorata: un traguardo che fa ben sperare sugli ulteriori obiettivi da raggiungere in futuro.

I miliardari non pagano le tasse

A dispetto del risultato positivo visto in precedenza, il rapporto sull’evasione fiscale mette in luce una realtà negativa e distorta. Le persone più ricche, i cosiddetti super-miliardari, subiscono una tassazione irrisoria, pari, in media, dallo 0% allo 0,5% del loro patrimonio. Questa è, senza dubbio, una grave perdita economica per gli stati, ma vanno anche considerate le ripercussioni provocate ad altri livelli, primi fra tutti quelli sociale ed ecologico. La disuguaglianza sociale cresce, mentre la finanza pubblica ha meno fondi da destinare all’istruzione, alla sanità e alla lotta al cambiamento climatico

Malgrado recenti scoop, come il caso dei Panama Papers, abbiano reso l’opinione pubblica più esigente riguardo ai controlli sui super-capitali, sono molti gli strumenti a disposizione dei ‘paperoni’ per evitare di pagare più tasse. Ad esempio la costituzione di società o trust fasulle per la gestione dei loro patrimoni privati o lo spostamento della resistenza in paesi a bassa tassazione. Ovvero l’occultamento delle ricchezze in banche estere, o il trasferimento dei profitti a società di comodo situate in quelli che sono ormai noti con l’appellativo di ‘paradisi fiscali’.

se i miliardari non pagano le tasse
Se i miliardari non pagano le tasse

La concorrenza dei Paesi a tassazione ridotta

Un altro tarlo emerso dal Global Tax Evasion Report, ma ormai risaputo da anni, è quello dei Paesi che offrono condizioni fiscali migliori per i singoli provati e per le imprese. Alcune grandi corporate spostano il domicilio fiscale in questi territori per poter beneficiare di tasse meno esose. Questo implica, però, che a beneficiare della ricchezza che i colossi generano non sia il paese che mette loro a disposizione le risorse necessarie per ottenere tali profitti. Una ricchezza generata attraverso lo sfruttamento delle risorse, con la successiva vendita di prodotti in territori dai quali l’azienda non ha ricevuto alcun beneficio.

Ben 2.800 miliardi di dollari sono i capitali offshore prodotti dalle multinazionali, di cui 1.000 miliardi hanno eluso la tassazione. Si è stimato che la Germania abbia perso un quantitativo di entrate pari a un quarto del suo PIL a causa di questo ammanco di gettito dovuto alla fuga di capitali. Per l’Italia, invece, il capitale offshore ha raggiunto una cifra pari a circa il 10% del suo PIL. Va da sé che i paesi che applicano una tassazione più conveniente si ritrovano a godere di un introito inaspettato e ottenuto per così dire senza sforzo.

Il caso dell’Irlanda

L’Irlanda è il caso emblematico, e pressoché unico, di stato che ha registrato un surplus di ricchezza nel 2022. Questo proprio grazie alle tasse versate dalle società corporate che hanno trasferito la loro sede sul suo territorio. Una ricchezza in eccesso che ora il paese si trova addirittura in difficoltà su come gestire. Tra le varie proposte si registra quella di abbassare le tasse a tutti i cittadini, o quella di investire le risorse nel potenziamento dei servizi pubblici di base quali scuola, trasporto e sanità. Una scelta che rappresenterebbe una mossa molto illuminata da parte del governo irlandese, ma che lascerebbe irrisolto il problema delle risorse ingiustamente sottratte ai paesi che hanno contribuito a generarle – e quello della sleale concorrenza fiscale.

Una tassa globale sui grandi capitali

Per risolvere le criticità che ancora gravano in tema di tassazione fiscale globale sono state avanzate due proposte sostanziali. La prima riguarda i privati e consiste in una tassa del 2%, uguale per tutti a livello mondiale. La percentuale potrebbe apparire bassa, ma porterebbe introiti pari mediamente a 250 miliardi di dollari l’anno, ‘colpendo’ non più di 3.000 individui. L’altra proposta, già discussa in passato ma che sta entrando a regime solo ora, riguarda la tassazione dei capitali delle imprese. Inizialmente si era discusso di colpire il capitale delle multinazionali con un’imposta del 25%, poi ridotta al 15%. Anche in questo caso si tratterebbe di uniformare la fiscalità a livello globale per evitare la fuga di capitali e fare in modo che le grandi compagnie paghino le tasse nel paese dove hanno i maggiori investimenti produttivi. In Italia questo nuovo regime fiscale dovrebbe entrare a regime a partire dal 2025.

Le conseguenze a livello sociale e ambientale

Pur trattandosi di piccoli passi, si è comunque di fronte a obiettivi importanti da raggiungere per contrastare problematiche, non solo a livello economico, che stanno attanagliando il mondo intero. Come detto in precedenza, la fiscalità incide sulla disuguaglianza sociale: un tarlo che sta colpendo gravemente paesi sviluppati e in via di sviluppo. Ciò porta al degrado e allo sperpero dei risultati che queste società avevano raggiunto sinora nel loro cammino evolutivo.

Una minore coesione sociale porta a una corrosione della democrazia e a una scarsa fiducia nei governi. Oltre a far registrare incrementi del tasso della criminalità, della scarsa educazione scolastica e dell’impossibilità ad accedere alle cure sanitarie. Tutte questioni tra loro connesse e che creano un circolo vizioso dal quale diventa difficile uscire.

Inoltre, l’economia incide pesantemente sulla lotta al cambiamento climatico, sulle scelte ‘ecosostenibili’ che i governi dovrebbero fare e sulle misure da attuare per invertire la rotta che sta portando il pianeta a navigare in acque sempre più burrascose. Lo scenario mostrato dal rapporto dell’Osservatorio Fiscale Europeo fa ben sperare per gli aspetti positivi emersi. Non deve, allo stesso tempo, abbattere le speranze con le tante criticità ancora evidenziate: è importante guardare ai successi ottenuti, lavorando su questi per migliorare ancora di più la lotta all’evasione fiscale e puntare al raggiungimento della tanto anelata eguaglianza globale.


Illustrazione di Matteo Galasso