L’ansia di Taiwan nei confronti della Repubblica Popolare Cinese: cresce la tensione nell’Indo-Pacifico.

Eccoci nuovamente qui, pronti per il nostro solito appuntamento mensile. Oggi faremo un po’ di ‘snorkeling geopolitico’ e ci immergeremo nelle caldissime acque che separano Taiwan dalla Cina continentale.

Taiwan: i rapporti con la comunità internazionale

La comunità internazionale, obbligata nel bene o nel male a tenersi buono il paese del Dragone, applica la politica dell’Unica Cina, riconoscendo ufficialmente solo la Repubblica Popolare Cinese. Eppure Taiwan è uno Stato a tutti gli effetti, tanto che batte moneta e intavola relazioni diplomatiche con quasi tutti i partner occidentali. Lo stesso governo dell’Isola, per mantenere la distanza dalla Cina comunista, si definisce e si comporta da stato occidentale. Anche se, ovviamente, non è solo una questione di contrapposizione di ideali e principi politici; c’entrano anche, soprattutto gli interessi economici.
Parliamoci chiaro, Taiwan è una potenza economica non indifferente: è leader indiscusso nella produzione e nel commercio di chip e microchip. Inoltre l’Isola è posta in una posizione estremamente strategica: si trova proprio di fronte alla Cina continentale, quindi riesce a contrastare i tentativi del Dragone di dominare le importanti rotte commerciali della zona. Eppure la comunità internazionale, pur riconoscendo sulla carta solo la Cina di Xi Jinping, di fatto ha sempre avuto relazioni e creato legami con Taipei. E questo alla Repubblica Popolare Cinese non piace, non gradisce gli occidentali nel proprio giardino di casa; anzi proprio dentro casa, visto che considera l’isola parte integrante del suo territorio.

Le origini di Taiwan

L’isola di Taiwan, chiamata anche Isola di Formosa o Repubblica di Cina, è un’entità statale del tutto separata dalla Repubblica Popolare Cinese. Quest’isola incomincia a diventare rilevante dal punto di vista geopolitico quando, nel 1949, diventa il rifugio dell’ex governo della Repubblica di Cina, oggi Repubblica Popolare Cinese, fuggito dalla Cina continentale alla fine della guerra civile cinese. Nell’isola si stabilisce il partito politico Kuomintang (Kmt), che fino all’ascesa del comunista Mao Zedong controllava l’intera Cina. Inoltre la Repubblica Popolare Cinese, figlia della rivoluzione e ancora oggi stretta nella morsa della feroce dittatura del Partito Comunista di Mao, considera l’Isola di Taiwan una sua provincia ribelle occupata da uno stato illegittimo. In pratica, per la Cina continentale la guerra civile non è mai finita, manca ancora l’ultimo tassello: Taiwan.

La politica di Xi Jinping su Taiwan

In Cina negli ultimi anni, soprattutto dopo l’arrivo di Xi Jinping, si è registrata una svolta nettamente autoritaria. Questa sterzata ha ovviamente interessato le politiche della superpotenza rossa nei confronti della questione Taiwan, che si sono man mano irrigidite: dichiarazioni, intimidazioni e improvvisi aumenti del livello di tensione. Possiamo citare ad esempio il termine temporale imposto da Pechino per riunificarsi con l’Isola di Formosa, individuato nell’anno 2049.
Non possiamo sapere cosa e quando succederà, tuttavia possiamo tranquillamente immaginare il come. Basti pensare ai sorvoli, ormai quotidiani, dei caccia cinesi su Taiwan o comunque all’interno del suo spazio aereo. Fatto che per la Cina, ribadiamolo, non è assolutamente un problema, visto che considera l’isola parte integrante del territorio nazionale.

Il governo di Taipei ovviamente non è per nulla allineato alla visione di Pechino; motivo per cui oggi più di prima attua una politica difensiva del tutto particolare: chiudendosi a riccio, difendendosi con i suoi aculei appuntiti. Fin dagli albori Taiwan ha infatti sempre tentato di tenere alti gli standard di sicurezza, ampliando le proprie capacità difensive e di contrattacco, ulteriore motivo per cui è strettamente legata all’Occidente (USA in primis, visto che gli forniscono armamenti e gli addestrano il personale militare).

La linea rossa imposta da Pechino

La Repubblica Popolare Cinese rimane assolutamente ferma nelle sue posizioni: nessuna mediazione, Taiwan è una questione interna. Questo atteggiamento ha ovviamente portato Pechino a scontrarsi con Washington. D’altronde gli interessi in ballo non sono pochi e gli Stati Uniti non hanno intenzione di abbandonare l’Isola di Formosa. Inoltre un eventuale attacco della Cina sull’Isola porterebbe conseguenze politico-economiche globali. Un esempio? Il Giappone, altra potenza, si ritroverebbe sicuramente coinvolto.

Guerra: la posizione del Giappone

Non si può in nessun modo fare una previsione, visto che le certezze in caso di conflitto Pechino-Taipei sono veramente poche. Partiamo dalla prima, ovvero il coinvolgimento del Giappone. In caso di conflitto quest’ultimo sarebbe una delle prime potenze esterne coinvolte. Si sono già susseguite numerose dichiarazioni in cui Tokyo, nel caso, interverrebbe in sostegno di Taipei.
Ma perché mai il Giappone, principale alleato occidentale nell’area, entrerebbe in guerra per Taiwan? La risposta è complessa, partiamo quindi dalla motivazione più accessibile: la vicinanza. Taiwan è infatti estremamente vicina alle isole giapponesi della Prefettura di Okinawa (tra cui le Isole Senkaku, per cui ha tutt’oggi un contenzioso con la Cina e con lo stesso Giappone per la sovranità sulle isole). Questa vicinanza geografica negli anni si è tradotta anche in vicinanza socio-culturale.

La Cina è un nemico comune

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Foto di Lara Jameson

Altro motivo per cui Tokyo entrerebbe in guerra in difesa di Taiwan è perché le sue posizioni sono allineate a quelle degli Stati Uniti, principale alleato militare del Giappone, per quanto riguarda la contrarietà a modifiche unilaterali dello status quo taiwanese. In poche parole, Tokyo e Washington hanno un nemico comune: la Cina.
Cina che per Tokyo è un vicino tanto potente quanto ingombrante e scomodo, causa-effetto che sta portando a una militarizzazione della regione sempre più marcata.

Ma oggi il Giappone sostiene militarmente Taiwan?
La risposta è, stranamente, no. Però la sostiene dal punto di vista politico; metodo molto più efficace, per quanto meno evidente, se consideriamo la delicatissima situazione geopolitica dell’area.


Fonti e bibliografia
Nicolò Ibba
Classe 1999, mi piace ragionare sui problemi della società e cercare di trovare una soluzione razionale. Nella vita mi occupo di emergenze, lavoro nella più grande istituzione umanitaria del Mondo...ogni tanto cercherò di "lasciarvi" qualcosa del mio lavoro.

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