Mio nonno non ha mai tenuto in mano una racchetta da tennis, né tantomeno ha solcato la terra rossa o il cemento che rivestono i campi da gioco. Per tutta la vita ha seguito il motociclismo e l’ha praticato, fino a quando il fisico gliel’ha concesso. La maggiore sedentarietà che caratterizza la vita di molti anziani l’ha avvicinato a questo nuovo mondo, a cui non aveva potuto accedere nell’infanzia e nell’adolescenza per via delle sue condizioni economiche. La televisione ha giocato un ruolo cruciale in tutto ciò: ha rotto quella barriera sociale e culturale, rendendo uno sport d’élite alla portata di tutti.
Per via di questa sempre più fervida passione, due anni fa gli abbiamo regalato per i suoi ottant’anni un biglietto per assistere ai quarti di finale della Coppa Davis, la più importante competizione tennistica per Nazioni. Si trattava della prima partita a cui avesse mai assistito, e, per quanto il livello di gioco non fosse eccelso, e alla fine l’Italia non abbia passato il turno, la gioia che traboccava dai suoi occhi era tangibile.
A distanza di due anni da quella prima volta io e mio padre abbiamo voluto alzare l’asticella: dovevamo portarlo alle ATP Finals. Con Torino come sede ospitante, con un Jannik Sinner in continua ascesa e con un Novak Djokovic sulla soglia dei trentasette anni, era probabilmente l’occasione migliore per comprare un biglietto.
Tuttavia, al momento dell’acquisto, non eravamo a conoscenza né dei futuri partecipanti, né tantomeno della composizione dei gironi e delle varie partite. L’unico dato certo era che avremmo presenziato a una sfida fra due dei migliori otto tennisti della stagione, e ci bastava.
Alla consegna del regalo non ha manifestato troppo entusiasmo, ma sapevamo che nei meandri della sua immaginazione era già proiettato sugli spalti del Pala Alpitour, al fianco di suo figlio e suo nipote. Ora non restava che aspettare la classifica finale e i sorteggi dei due gruppi. La fortuna (accompagnata dall’oculatezza nella scelta dei biglietti) si è schierata dalla nostra: martedì 14 novembre avremmo assistito alla supersfida fra il campione serbo e la stella del tennis italiano.
Le nostre aspettative per quest’incontro erano alte. Jannik e Nole arrivavano da un periodo florido di successi, frutto di un tennis sopraffino sotto il profilo tecnico e mentale. Il nativo di San Candido, forse per la prima volta in carriera, si preparava ad affrontare il ventiquattro volte campione Slam alla pari, e noi, come molti altri italiani, speravamo e credevamo in lui.
In un Pala Alpitour gremito di tifosi i due fenomeni della racchetta sono partiti con una raffica di ace continui, interrotti qua e là da sporadici scambi da fondo campo, fino al punteggio di 5-5. Djokovic alla battuta, Sinner in risposta, punteggio di 40-0: l’esito del game sembra già scritto. Jannik, invece, rastrella tutti i suoi migliori colpi, e, complice anche un suo doppio fallo, breakka l’avversario.
Con il primo set in cassaforte, le speranze nostre e degli altri tifosi crescono. Tuttavia il secondo set se lo aggiudica il serbo, dopo un tie break in cui ha dimostrato ancora, se mai ce ne fosse stato bisogno, il motivo per cui ha conquistato questo torneo ben sei volte.
Alla resa dei conti l’ago della bilancia pende in favore del serbo. La sua strabiliante tenuta atletica e mentale, abbinata ai frequenti cali prestazionali di Sinner, alla distanza sembrano aver sancito la quarta vittoria su altrettante sfide di Djokovic. Nonostante una prima di servizio sempre meno performante, il 22enne altoatesino riesce a breakkare nuovamente Nole, che non si lascia sorprendere ed effettua un immediato controbreak.
L’incontro si decide al tie-break del terzo set. Qua Sinner confeziona il capolavoro, corona una serata di tennis giocato ai massimi livelli. Si porta subito sul 5-0, con due punti consecutivi vinti in risposta. I 15000 presenti sugli spalti sono incontenibili, intonano cori per il proprio beniamino, che con uno smash sconfigge per la prima volta in carriera il numero uno al mondo.
Dal settore 216 un signore dai capelli radi e dallo sguardo ricolmo di generosità si era unito alla folla festante. Tutte quelle emozioni che prima aveva tentato, come suo solito, di trattenere, ora le aveva sprigionate in quel tripudio di gioia ed esaltazione sportiva. Quell’ex operaio, che per tutta la vita aveva guidato e osservato motociclette sfrecciare sull’asfalto, aveva appena assistito a un frammento di storia tennistica.
La chiusura di un cerchio per un nonno e un pensionato, la consacrazione definitiva per un giovane sportivo.