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Se vi capita di passare nel paesino di Nessundove, nella zona delle langhe, sotto il tiglio di Piazza Inventiva, vicino alla Ghironda che sembra non fermarsi mai, c’è una bancarella coperta da una tenda spiovente a strisce bianche e rosse,  lunga poco più di due metri.
Al tempo in cui la visitai, Archimede la gestiva con entusiasmo e si approcciava ai passanti con pose teatralmente enfatiche e frasi da venditore. La mantellina nera con l’interno rosso scarlatto si apriva come ali ogni volta che alzava le braccia per puntare cilindro e bastone verso il cielo. La sua era un’officina ambulante, ma non funzionava in modo dissimile da come funzionavano i ristoranti di Pokè. 
Mi sedetti su una panchina in compagnia di un signore corpulento, dai grandi baffi ispidi e la barba dura e incolta, che stava comodamente stravaccato con una gamba allungata e le braccia allargate sul poggia schiena. 
Mi permisi di disturbarlo : «Cosa vende il signore?»
Mi squadrò da capo a piedi, un occhio strizzato per via del forte sole e l’altro completamente chiuso. Si girò di nuovo a guardare la piazza.
«Parole».
«Parole?»
«Mmh mmh».
Non mi aveva chiarito la situazione, ma superai il timore e mi girai di nuovo verso di lui: «Mi scusi, ma cosa vuol dire parole?»
Sospirò, e il grosso ventre gli si gonfiò notevolmente: «Parole, tu vai lì e puoi farti una parola o inventarti una lingua. Scegli cosa metterci sopra. Ti scegli la base e tutto il resto».
Staccò il braccio sudaticcio dal legno verde della panchina restituendo un rumore di velcro, dopodiché indicò verso il banco : «C’è il cartello, giovine». 
Accanto alla bancarella, sopra un treppiede, un pezzo di cartone dai bordi logori annunciava le istruzioni:

ASSEMBLA LA TUA PAROLA PER CREARE LA TUA LINGUA!

 Puoi scegliere tra quattro tipi di “digeribilità’’

+ Analitico.                                                                          + Sintetico
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Liv. 1 ISOLANTI 5€

Liv. 2 FLESSIVO-FUSIVE 8€

Liv. 3 AGGLUTINANTI 10€

Liv. 4 POLISINTETICHE 15€ 12€!

«Non sei mai stato da queste parti, eh?»
Scossi la testa.
«Beh, allora ti conviene provarne una. Magari un souvenir. È bravo Archimede, sai?»
La piazza risuonava delle parole di Archimede: «Quale stomaco è in grado di reggere il quarto livello? Venghino signori, verghino a sfidare la sorte!»
Lasciai la panchina con un sorriso e feci un cenno con la testa. Mi avvicinai alla bancarella.
Archimede mi notò subito. Si girò e mi indicò: «Venite signore, provate voi stesso!»
Sul banco, di fianco a una scatola di parole già inventate, sopra una cesta di vimini molto grande Archimede mulinava la mano.
«Si parte da qui! Scelga la sua base del piatto!», gridò, nonostante fossimo a un metro di distanza.
La cesta aveva davanti un cartello che recitava «modello base: RADICI».
«Se vi serve una qualsiasi parola, se non ne trovate una adatta al momento, eccomi qui!»
Entusiasta di avere un cliente, Archimede aprì delle teglie che magicamente vomitarono fumo; sopra queste teglie, un cartello con su scritto TOPPING, e delle frecce che si diramavano a indicare il contenuto : “morfemi, suffissi, prefissi, transfissi, semantemi”, più un sacco di altri piccoli contenitori con nomi a me sconosciuti. Guardai cosa aveva, immersi il dito in un po’ di suffissi per sentirne la consistenza; erano abbastanza solidi. Un po’ appiccicaticci. Scelsi con cura. Non mi buttai nella costruzione di una lingua, anche se lo sconto sul cartellone era allettante. Assemblai PAROLEGGIARE. La diedi ad Archimede: «Oh! Che parola graziosa che vi portate a casa! “Meriggiare pallido e assorto’’, voi siete un estimatore?»
Me la mise in un sacchetto bianco e rosso. 
«Adesso dovete dargli una definizione così rimarrà per sempre vostra». 
Presi la piuma immersa in un vecchio calamaio e, un po’ impacciato, scrissi: «Inventare parole nell’ozio estivo per puro diletto».
Poi decisi di prenderne anche una per mia madre, per aiutarla nei suoi dialoghi, quando s’impappina e non riesce a dire quello che le passa per la testa. Notai una cesta dove c’erano pezzetti di altre lingue. Mischiai un po’ il contenuto finché non vidi emergere -ish, suffisso inglese per dire «approssimativamente».
«Non vi consiglierei di mischiare gli stili», disse grattandosi con due dita sotto il cilindro. 
Costruii SINONIMARish. Me lo incartò senza essere troppo convinto. Presi di nuovo la piuma e scrissi: «Dire quasi la stessa cosa senza riuscirci propriamente».
Andai a casa soddisfatto e con la mente piena. ♦︎


Illustrazione di Lara Milani