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Avremmo dovuto capirlo nel 2024, quando il film Barbie, diretto da Greta Gerwig, ottenne otto nomination agli Oscar (vincendo nella categoria miglior canzone originale con What Was I Made For ? di Billie Eilish), che il binomio adulti-giocattoli avrebbe travolto il mercato. I kidult (un termine coniato nel secolo scorso, formato dalle parole kid, ragazzino, e adult, adulto) rappresentano oggi una fetta significativa degli acquirenti di giocattoli, essendo responsabili del 28% delle loro vendite complessive nel mondo (i dati provengono da Circana, un’azienda che studia i comportamenti dei consumatori).  Che sia per nostalgia, per un desiderio di evasione e di ritorno all’infanzia, i kidult non nascondono la loro passione per bambole, costruzioni e peluche. Al di là degli acquisti occasionali, possono trasformarsi in veri e propri collezionisti, che spesso condividono sui social i tour di stanze dedicate a costruzioni realizzate con i mattoncini della Lego o a schiere di Funko POP (le statuine in vinile che riproducono personaggi della Marvel, della DC Comics e di una miriade di personaggi di saghe popolari). 

Una crescente presenza sul mercato – aumentata esponenzialmente a partire dal periodo del Covid – e un potere d’acquisto che li svincola dall’intermediazione di un genitore da convincere fanno sì che gli over 18 siano destinatari diretti di campagne di marketing e di intere linee di prodotti, come i Botanicals della Lego, che, annoverati tra i bestseller del brand, riproducono bouquet, composizioni floreali e piante in vaso da assemblare. È ormai dal 2020 che la Lego ha una linea concepita per gli adulti (costruzioni a tema ispirate a personaggi e ambientazioni della cultura pop, ma anche riproduzioni di monumenti come la fontana di Trevi o di opere d’arte come la Notte stellata di Van Gogh). Tra i prodotti rivendicati dai kidult ci sono anche i labubu, le bambole-portachiave con gli occhi grandi, le orecchie da peluche e un ghigno stampato sulla faccia create nel 2015 dall’artista Kasing Lung. Venduti in scatole chiuse che non permettono di sapere quale esemplare si stia acquistando, i labubu sono diventati oggetti da collezione per le celebrità e non solo, con prezzi che arrivano a centinaia – e talvolta migliaia – di euro a seconda dell’edizione (qualche mese fa un labubu è stato venduto all’asta a Beijing per 170mila dollari). Tra i giocattoli preferiti dei kidult si ritrovano anche i peluche Squishmallows, dai colori pastello e dal design tondeggiante, e i Jellycat, peluche che possono presentare la forma di animali o di alimenti e/o bevande (questi ultimi sono talvolta venduti in finte pasticcerie o finti negozi di fish and chips).  

Tra la costruzione di un Millennium Falcon (l’astronave di Han Solo in Star Wars) composto da più di settemila pezzi e l’acquisto di un labubu introvabile che li manderà in bancarotta, ai kidult non manca una componente di autoironia nel rapporto con le loro collezioni. Emblematico è l’account Sylvanian Drama, che, attivo fino a poco tempo fa su Instagram e Tiktok, oltre a fare sfoggio di una moltitudine di piccoli animali antropomorfi della Enoch Company (le Sylvanian Families) con tanto di vestiti con pattern floreali, case e mobili in miniatura, ha reso virali dei video grotteschi che presentavano le bambole come protagoniste di storie ai limiti dell’assurdo, con intrighi ben poco adatti a un pubblico di bambini. Contenuti per i quali la Enoch Company ha fatto causa alla content creatorThea Von Engelbrechten (anche se la battaglia legale non è stata poi portata avanti). 

Il valore di mercato che alcuni giocattoli hanno acquisito negli ultimi anni e la vista del marchio + 18 sembrano rassicurare – e legittimare all’acquisto – gli adulti, consentendo loro di occupare un’area sicura, a metà tra il collezionismo e il semplice trend del momento. Una prospettiva che trascura alcune considerazioni: il fenomeno kidult, più che giustificare delle sporadiche incursioni degli adulti in un territorio comunemente riservato all’infanzia – un qualcosa che, per inciso, è sempre accaduto – mette in discussione la stessa idea che dopo una certa soglia d’età un intero immaginario, e un certo tipo di storie, siano da abbandonare in uno scatolone. Tra il consumismo esasperato e le tattiche di marketing che fanno leva sulla nostalgia, c’è qualcosa di più, nell’aggrapparsi a oggetti in eterno condannati a essere associati ai bambini. Lo stesso vale per i film e le serie di animazione, e per ogni cosa che sembra dover appartenere solo all’infanzia. Si tratta di un confine che viene ridisegnato, uno spazio liminale che è una forma di resistenza di fronte a una società che sembra continuamente sul punto di collassare su se stessa, e che da se stessa è continuamente in fuga. ♦︎