A causa dei suoi (presunti) deliri, il presidente americano uscente Donald Trump era stato già censurato subito dopo le elezioni dalle maggiori emittenti televisive degli Stati Uniti. Una decisione arbitraria presa da parte della Grande Informazione, che nella sua volontà di salvaguardare quelli che sono i canoni delle proprie frequenze si erano spinte però già troppo oltre, dettando uno storico preoccupante.
Adesso, dopo l’assalto al Congresso, ad essere sospesi sono stati i profili Social di Trump. L’accusa? Quello di creare instabilità all’interno del sistema sociale e politico americano e di aver fomentato una rivolta. E tralasciando le comunque traballanti fondamenta delle accuse, a prenderle non è stato un alto organo di giustizia americano, bensì i gestori delle maggiori compagnie Social americane.
Ma in un mondo in cui Mark Zuckerberg si prende il diritto di silenziare colui che, indistintamente dalla bandiera politica, la pensa differente dalla sua persona, la stessa libertà di espressione diviene assoggettata ai gestori delle grandi multinazionali del digitale. E sebbene la scelta sia stata, almeno a parole, quella di salvare la Democrazia, ecco che la Democrazia stessa vede minata quella che è una delle sue basilari libertà: la parola.
E Zuckerberg, o chi per lui, ecco che diviene il Grande Fratello che controlla il mondo, ogni parola che viene detta e ogni idea che viene diffusa. Evidenziando come nel 1948 George Orwell, forse, sbagliò semplicemente una ormai trascurabile data.