L’utopia del Paese più democratico al mondo
Con la nuova costituzione il Cile si sarebbe candidato a essere uno dei Paesi più democratici al mondo. Il nuovo testo costituzionale, infatti, prevedeva una grande apertura verso le minoranze etniche e religiose, il riconoscimento del Cile come Stato plurinazionale e interculturale.
Inoltre venivano concessi maggiori diritti alle donne e agli indigeni, i quali rappresentano il 13% della popolazione.
Infine, veniva posto l’accento su temi molto attuali e, tuttavia, finora poco considerati dagli altri Paesi, se non a vane parole. In particolare, erano stati introdotti articoli specifici per quanto concerne cambiamento climatico e rispetto dell’ambiente, ecologia e diritti degli animali.
Insomma, un insieme di norme ideale, il sogno di qualsiasi governo democratico.
Talmente bello e perfetto da risultare nient’altro che un sogno appunto. Un utopia alla quale la maggior parte dei cileni non ha avuto il coraggio di credere.
Le ragioni del voto sfavorevole
La prevalenza del fronte del rechazo (rinuncia) parrebbe assurda. Non solo se si pensa alle novità introdotte dalla nuova costituzione.
I cileni, infatti, nel 2020 avevano richiesto a gran voce, tramite referendum, la modifica del testo costituzionale. L’attuale corpo di leggi, infatti, risale al 1980 e fu introdotto sotto la dittatura di Pinochet.
Un insieme di norme che stavano sempre più strette a un popolo che si proclama democratico.
Un popolo capace di abbattere il precedente governo a suon di manifestazioni, perché ritenuto corrotto.
Ma, allora, perché questo rifiuto?
Le ragioni parrebbero essere, in particolare, legate alla complessità della nuova costituzione e degli obiettivi prefissati.
Troppi i 388 articoli che compongono il nuovo testo e troppo poco il tempo a disposizione per poterli leggere tutti con occhio critico.
Inoltre, come detto, alcuni temi trattati paiono un sogno irrealizzabile per i governi di Paesi più ricchi e sviluppati. Come dare, dunque, torto alla popolazione cilena nel ritenere un’utopia raggiungere questi target.
Ancor più per un governo appena insediatosi a fronte di un difficile periodo di crisi.
Alcuni aspetti, d’altro canto, hanno visto il disaccordo di molti cileni, che hanno avuto paura del cambiamento che ne sarebbe derivato.
Primo fra tutti, la maggiore libertà e indipendenza concessa agli indios. Molti cileni temono che, concedendo ai nativi i territori che spetterebbero loro di diritto, questi si staccherebbero dalla società. Una dura perdita per lo Stato, data l’elevata percentuale che rappresentano rispetto alla popolazione totale.
Le fake news
Ma ancora una volta il vero colpevole paiono essere loro: le fake news.
Le false notizie sono state diffuse a macchia d’olio nel periodo che ha preceduto la presentazione ufficiale della nuova costituzione.
Svariati gli argomenti fasulli, le voci si sarebbero concentrate in particolare sui nuovi diritti concessi alle donne, come quello sull’aborto.
Ulteriore dimostrazione di come l’eccessiva circolazione di informazioni che l’uomo si trova oggi a gestire porti, spesso, più danni che benefici.
Il futuro della costituzione cilena
Un vero smacco per il governo del neo eletto Boric, giovanissimo presidente socialista.
Ora le possibili vie percorribili che si aprono davanti a lui sono due.
Si potrebbe cercare di elaborare una nuova costituzione, nominando una nuova assemblea costituente, anche se i tempi sarebbero sicuramente dilatati. Oppure si potrebbe tentare di proporre, semplicemente, delle modifiche all’attuale testo, mantenendo il corpo di leggi introdotto sotto Pinochet.
Uno scenario, in ogni caso, tutt’altro che roseo. La speranza è che il governo sia in grado di gestire questa delicata fase.
La sua forza, in questo momento di difficoltà, sarebbe da esempio anche per gli altri Paesi latinoamericani. Il Centro e il Sud America stanno, infatti, vivendo un turbolento periodo. Ci si augura che i venti che stanno soffiando scaccino le nuvole del passato e non siano forieri di una nuova tempesta.