Il regista di Taxi Driver ritrae la vita del miliardario Howard Hughes, nel film vincitore di quattro Oscar interpretato da Leonardo DiCaprio. Il brillante percorso imprenditoriale del magnante dell’aviazione si alterna al racconto delle morbose relazioni intrattenute con le dive di Hollywood e del progressivo aggravarsi dei suoi disturbi mentali.
Capsule sterili e zone asettiche
La narrazione si apre con il suono della parola “quarantena”. Una madre apprensiva lava accuratamente il corpo di Hughes bambino mentre, sillabando questo vocabolo, gli spiega i pericoli del tifo e del colera. L’imprenditore viene segnato in maniera indelebile dal bagno purificatore a cui la genitrice lo sottopone. Il protagonista, afflitto da manie ossessivo-compulsive, è terrorizzato dallo sporco, dalle malattie e da tutto ciò che possa insudiciare la sua immagine.
Nei locali notturni lui non prende alcolici, ma latte in bottiglia con la capsula intatta. In modo da allontanare da sé la nomea di bevitore e assicurarsi che la bevanda sia integra ed esente da alterazioni. Questa è la stessa purezza che l’eccentrico uomo d’affari ricerca nelle donne e negli aerei che fabbrica. Entrambi sono sottoposti a rigidi controlli e ricevono lo stesso tipo di affetto. È significativo che Hughes carezzi la schiena dell’amata Katharine Hepburn (Cate Blanchett) nello stesso modo in cui la sua mano percorre la carrozzeria dei velivoli nuovi di zecca.
DiCaprio Angelo dell’Inferno
Dall’odissea cinematografica di Angeli dell’inferno alle innovazioni nel campo dell’aeronautica, alle storie d’amore con Katharine e Ava Gardner (Kate Beckinsale) il profilo dell’aviatore, filantropo e cineasta si affianca a quello di un uomo che cerca una zona asettica e sterile in qualsiasi attività intraprenda. Ogni persona e ambiente in cui Howard si rifugia lo isola dagli agenti patogeni che sfuggono al suo controllo.
Ma il miraggio di trovarsi in un’area disinfettata in modo clinico è un’illusione che non può durare. La scena dell’incidente aereo che segna la vita del protagonista è emblematica. Scorsese divide la sequenza in due momenti. Nella prima parte, in cui il volo procede al meglio, DiCaprio è incapsulato in un aeroplano sfacciatamente in CGI al centro di un cielo limpido e privo di nuvole. Ciò restituisce un’idea di pulizia e inconsistenza, rappresentando in maniera efficace il sogno chimerico in cui Hughes è intrappolato. Nel secondo segmento invece, l’aereo precipita in un quartiere residenziale con l’attore ingabbiato in un modellino spaventosamente reale. In questa parte non c’è niente di ineffabile o leggero, le inquadrature sono dense di elementi: le ali del velivolo scoperchiano i tetti delle abitazioni, tegole e mattoni frantumati si schiantano sulla strada tra esplosioni di fuoco e di sangue.
Un sodalizio
La coppia Scorsese-DiCaprio, qui alla seconda collaborazione dopo Gangs of New York, dà corpo ad un imponente affresco, offrendo uno sguardo sull’America che solo film come Quarto Potere e Il Gigante hanno saputo dare.