Inserito nella lista rossa fra le specie più a rischio di estinzione, l’orso polare sta vedendo il suo territorio restringersi sempre più a causa del cambiamento climatico.

I ricercatori del Polar Bears International hanno deciso di dedicare una giornata a questo animale, per sensibilizzare le persone su questo problema. Si è deciso di fissare come data il 27 febbraio per celebrare la Giornata Mondiale dell’Orso Polare

Animale possente e allo stesso tempo elegante, l’orso polare è diventato elemento fortemente rappresentativo dell’immaginario contemporaneo.

La sua maestosa figura ha creato nell’uomo una particolare attrazione, tanto da diventare addirittura immagine simbolo di celebri brand.

Impossibile non ricordare la storica pubblicità della Coca Cola, in cui, dal 1922, iniziano a comparire simpatici orsi bianchi, innamorati anche loro della bevanda. O lo spot delle Golia, dove, ancora una volta, si scelse il signore dell’Artico come icona della freschezza glaciale delle caramelle.

n effetti è difficile non rimanere impressionati di fronte al profilo di un orso polare. Uno dei più grandi carnivori del pianeta, con un peso che può arrivare fino a 700 kg e una lunghezza massima di tre metri.

Ricordo ancora il misto di orgoglio e timore che provai da bambino quando ne vidi la riproduzione al Museo Oceanografico di Monaco di Montecarlo e mio padrino volle che mi avvicinassi il più possibile per scattarmi una foto ai suoi piedi. Ero una formica al cospetto di un gigante.

Ed era solo una riproduzione. Quale effetto farebbe vederne uno vero!
Una possibilità che rischia di diventare irrealizzabile per le future generazioni.
Infatti, malgrado ammiri questo animale, l’uomo lo sta portando sulla via dell’estinzione a causa dei suoi comportamenti.

Il tragico destino del re dei ghiacci

Con 26.000 esemplari all’attivo, suddivisi in 19 popolazioni, l’orso polare è diventato una delle specie a maggior rischio di estinzione nei prossimi decenni. Tanto che lo IUNC (Unione Internazionale per la conservazione della Natura) lo ha inserito nella cosiddetta lista rossa, l’elenco degli animali giunti ormai a una situazione critica di sopravvivenza.

A tenergli compagnia vi sono altri esponenti della fauna assai emblematici, come i gorilla di montagna, le tartarughe marine e i rinoceronti di Giava.

Per capire la gravità della situazione si provi a pensare cosa significherebbe ritrovarsi con soli 26.000 individui della specie umana sulla terra.
(E si consideri che altre specie animali sono messe anche peggio)

La popolazione di orsi polari della baia canadese di Hudson è diminuita del 30% nel corso degli anni dal 1987 fino al 2017. Ora si stima che l’intera specie subirà un calo della stessa percentuale di qui fino al 2050.

Queste creature così maestose si aggirano, oggi, sempre più scheletriche e malate sull’immensa distesa di pack, sempre meno estesa e sempre più sottile.

Immagine emblematica di un orso polare su uno stretto strato di ghiaccio in mezzo al mare

L’orso polare, infatti, a differenza degli altri orsi, non va in letargo. Le basse temperature dell’inverno artico fanno sì che le acque del mare si congelino e trasformino il polo in un’unica grande landa candida.

Il predatore ne approfitta, quindi, per percorrerla a caccia delle foche, attendendo le saltuarie apparizioni di queste quando riemergono per respirare.
Nei suoi spostamenti può arrivare a percorrere fino a 100 km al giorno. Non per nulla il popolo Inuit lo chiama Nanook, -Il Vagabondo-.

Ma, se il ghiaccio si scioglie, il suo territorio di caccia diminuisce sempre più. E con esso anche il numero delle prede.

Per sopravvivere, un orso polare adulto deve procacciarsi fino a 30 kg di carne al giorno,
specialmente gli esemplari femmina, che devono allattare e svezzare i cuccioli.

Non trovando cibo, gli orsi si ritrovano sempre più costretti a rovistare nelle vecchie basi abbandonate o avvicinarsi addirittura ai villaggi abitati dall’uomo.

Non solo una questione di cambiamento climatico

Il cambiamento climatico e il conseguente scioglimento dei ghiacci non sono l’unica causa della drastica riduzione di orsi polari.

Un altro fattore che ne sta provocando la morte è l’inquinamento.
Benché vivano in zone pressoché vergini, dove pochi altri esseri viventi si spingono, le sostanze inquinanti sono riuscite a raggiungerli.

La penetrazione di agenti nocivi in queste aree si ha grazie all’acqua e all’aria, le quali, fungendo da mezzi di trasporto, permettono la loro diffusione anche negli angoli più remoti del pianeta.

Gli orsi polari non vengono direttamente a contatto con le sostanze inquinanti. Ma se queste sono assorbite dai pesci, di cui si cibano le foche, ecco che indirettamente possono contaminare anche i signori dei poli.

Alcune ricerche scientifiche affermano che l’incidenza di talune sostanze nocive è maggiore via via che si risale la catena alimentare.

Si tratta del fenomeno cosiddetto di biomagnificazione, ossia la tendenza dei contaminanti ad aumentare la loro concentrazione a mano a mano che si sale nella catena trofica.

E l’orso polare si trova proprio al suo vertice.

Il problema diventa maggiore se a essere contaminate sono le femmine, perché trasmetteranno poi le tossine anche ai cuccioli.

Le nuove rotte artiche

Lo scioglimento dei ghiacci ha permesso all’uomo di aprire nuove vie nel continente artico, mentre altre si prevede di aprirne in futuro.

Questo ha fatto sì che le persone potessero raggiungere luoghi sino a oggi inaccessibili.

Sempre più navi si stanno spingendo nelle regioni più remote del Polo Nord, per cercare di trovare nuove vie di collegamento fra occidente e oriente, evitando così il passaggio attraverso gli attuali canali.

Inoltre, la ricchezza di petrolio e altre risorse del sottosuolo sta ingolosendo i governi delle grandi potenze mondiali, in lotta per accaparrarsi sempre più territori nel grande nord.

Infine, nuove possibilità di accesso al Polo Nord rappresentano anche un’occasione per un nuovo tipo di turismo estremo, attratto dagli immensi spazi candidi dell’Artico.

Tutta questa penetrazione antropologica sta provocando un drastico cambiamento dell’ecosistema, oltre che disturbare la fauna locale, tra cui l’orso polare.

Ancora una volta, a subire le conseguenze maggiori sono le femmine.

In particolare, se vengono disturbate durante il periodo di svezzamento.

Sentendosi in pericolo, le madri potrebbero decidere di abbandonare la sicurezza della tana. Escono, così, all’aperto, nel gelo invernale. E con loro i piccoli, che, non ancora pronti ad affrontare il mondo esterno, vanno incontro a una tragica fine.

Tutti questi elementi di disequilibrio portati dall’uomo hanno, quindi, accentuato le difficoltà in una specie dove la riproduzione avviene già con tempi molto lunghi.

Gli orsi polari, infatti, raggiungono la maturità a 5 anni, ma le femmine iniziano a riprodursi solo a 8-9 anni.
Una volta nati i cuccioli, spesso due gemelli, le madri impiegano 3 anni a svezzarli. Quindi, solo dopo questo ulteriore arco di tempo sono pronte per riprodursi nuovamente.

La giornata internazionale dell’orso polare

Nonostante l’uomo stia causando numerosi problemi all’ambiente in cui vive, vi sono persone consapevoli di ciò e che tentano di porvi rimedio.
Tra queste spiccano i membri del PBI.

Il Polar Bears International è un’organizzazione no profit nata nel gennaio del 1994 dall’idea del fotografo e biologo Dan Guravich.

Al suo interno si riuniscono ricercatori, scienziati e volontari provenienti da varie parti del mondo.
Lo scopo dell’organizzazione è quello di studiare e monitorare gli orsi polari, raccogliere fondi da investire in interventi mirati a proteggere questi mammiferi e evitare la loro scomparsa dal pianeta.

Per sensibilizzare la gente sul tema, a partire dal 2011, si è deciso di istituire anche un’apposita giornata internazionale dedicata all’orso polare.
Si è scelto come giorno il 27 di febbraio, dato che questo è il periodo dell’anno nel quale le femmine di orso polare rimangono nelle tane con i cuccioli.

Spesso veniamo attratti da cose che si trovano distanti da noi, luoghi, popoli, costumi, animali, piante…
Ma proprio perché distanti, ne ammiriamo le peculiarità senza badare troppo a come il nostro comportamento possa influire su di loro.

Eppure accade spesso che i nostri errori riverberino anche a molta distanza da noi, sia di spazio che di tempo, portando conseguenze negative su ciò che ci affascina.

Il destino degli orsi polari potrebbe apparire un problema distante dalla nostra vita quotidiana. Un dramma al quale non possiamo fare nulla per porre rimedio.

In realtà, con piccoli gesti e cambiamenti intrapresi nella vita di tutti giorni si possono sortire effetti sul lungo periodo e a lunga distanza da noi.

La Giornata Internazionale dell’Orso Polare, come la Giornata Nazionale dell’Albero, mostrano che il problema, in fondo, è uno solo: l’insostenibile impronta ecologica dell’uomo.

Emanuele Ligorio
Laureato in economia, con un forte interesse per la storia e la geopolitica. Gran appassionato di arti marziali, escursionismo, corsa, bici e dedito allo sport a tempo pieno. Il resto della giornata lo dedico, oltre che al lavoro da impiegato, agli altri miei hobby, la lettura, la scrittura e la cura del frutteto di famiglia. Se vi state chiedendo come fanno a bastarmi 24 ore per fare tutto...la risposta è che non mi bastano.

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1 Comment

  1. […] Un copione già visto con un altro animale, anche se di più grossa taglia: l’orso popolare. […]

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