Skip to main content

È tempo che il presidente della Repubblica italiana abbia un nuovo volto. A chi spetterà l’arduo compito, a chi saranno aperte le soglie del palazzo. A rincorrersi l’un l’altra, molte voci. Un solo grande dubbio: quale sarà il destino del Paese ora che si presenta la possibilità della sfiducia a Draghi o di un repentino cambio di posizioni anche nella presidenza del consiglio?

Non vi sono dubbi. Mattarella, pur avendo iniziato il proprio percorso come Presidente della Repubblica in maniera non esente da polemiche, ha svolto un lavoro egregio. È stato stoico paladino di un’Italia che, spesse volte, pareva non avere più uno straccio di direzione, non un cenno di volontà politica. Eppure il Presidente della Repubblica è sempre stato al suo posto, risoluto e deciso. Calmo e riflessivo, a difendere l’immagine dell’Italia in un’Europa che pareva ormai essersi, irrimediabilmente, allontana dal bel Paese. A tutelare la credibilità italiana, a donarle, perlomeno, una statura presente e plausibile, qualcuno vi era.

Credibilità sul piano europeo: una missione, spesso d’apparenza, ma quanto mai vitale, specialmente di questi tempi.

In politica, l’apparenza è tutto. Dai al popolo, specialmente a quello straniero, che guarda da lontano, attraverso la finestra mediatica della sua informazione, una immagine di un politico straniero non credibile, attanagliata da criticità di legittimazione, ed il disastro sarà garantito.

Ecco perché una figura di sostanza, di spessore mediatico e che stimoli fiducia, fra popolo e folla straniera, è fondamentale. Il Presidente della Repubblica è, di fatto, un ruolo antico, proveniente di peso dall’epoca dei notabili della politica. Un soggetto rimasto impassibile nonostante la massificazione partitocratica della politica contemporanea. Una figura di riferimento, per tutti e, soprattutto, per la cova di quel santo reliquiario che è la Costituzione. Perfetta, ma magari non così tanto, poiché figlia di un’epoca dove i problemi politici, semplicemente, erano ben altri.

Al di là di ogni divagazione politica, di ogni supercazzola mediatica e delle follie partitiche interrottesi solo, in parte, in periodo di pandemia, ma poi prontamente ritornate, il Presidente, nonostante tutto, pare una certezza di rigore e buonsenso.

Anche per questo ci occorre un valido Presidente. Per nascondere quello che va tenuto nel silenzio, per mostrare al mondo, ad alla nostra politica – questa volta, sì, assai massificata – quali siano i paletti, i limiti entro i quali stare. Quali principi siano da tenere presenti, come guida. Come comportarsi quando, scevri da qualsiasi ideale politico, da una qualsivoglia idea programmatica, si debba comunque fornire al mondo una immagine credibile e compatta della nostra frammentaria Nazione.

Ecco, è tutto un problema di credibilità, di legittimazione, di serietà. Chi si imbarcherà in questa impresa? Chi restituirà il nostro Paese a quella dimensione maestosa che pare avergli concesso Draghi e Mattarella in Europa fino ad oggi. È bene essere aprioristi, infatti, perché all’udire delle prime avvilenti polemiche in seno ai nostri partiti durante l’ultima settimana, vi è già da tremare.

Un’annata di Draghi, un’annata senza turpe corruttela italiana. Cosa ci attenderà, ora?

Chi vincerà fra stupidità e banalità? Una buona notizia vi è già oggi: pare che il “grande vecchio” della destra non sarà della partita per il Campidoglio. Per ora, ma solo per il momento, un pizzico di credibilità internazionale è stato mantenuto.