Skip to main content

Presentato nella sezione “Italian Showcase” del 9° Torino Underground Cinefest, “Castigo” è un horror costruito sul concetto di sfruttamento, metafora animalista e insieme riflessione sull’immagine.

Uno spirito maligno perseguita un anziano pastore come se fosse un’inanimata proprietà destinata al macello: lo stesso trattamento che il vecchio riserva al suo bestiame.

Il film ragiona sui confini identitari tra soggetto e oggetto. L’allevatore vede gli animali come corpi-merce, che sgozza e uccide freddamente e con un certo compiacimento, quasi stesse spolpando delle vere e proprie bistecche viventi. È emblematico che il personaggio sia mostrato a più riprese immerso nella lettura di Moby Dick. Romanzo che racconta la storia di un uomo ossessionato dal voler uccidere un animale e di appropriarsi del suo corpo, ridotto a mera carne. Nella scelta di mostrare questo libro emerge tutto il sadismo del vecchio, che vuole possedere-esercitare potere sui corpi. Proprio mentre il suo sguardo scorre le pagine di Melville lui si diverte a tenere un ragno imprigionato in un bicchiere di vetro.

Sadismo e vendetta

Se gli animali sono intrappolati nel recinto alla sua mercé, la punizione che spetta al vecchio è quella di essere ingabbiato nello schermo cinematografico. Confinato in uno spazio dove ogni cosa è relegata ad essere un corpo-oggetto all’interno dell’inquadratura, in cui ogni pretesa di identità è accessoria. Lo spirito maligno tortura il pastore esercitando lo stesso sadismo che l’allevatore ha nei confronti degli animali. Sadismo che è parte integrante dei meccanismi che permettono l’identificazione del pubblico con il prodotto cinematografico. Lo spettatore è il primo a godere delle pene che vengono inflitte al protagonista. Più la persecuzione dello spettro prosegue più il bestiame pare inferocirsi e ribellarsi. Come se volesse sfondare quel recinto e riappropriarsi di uno spazio reale, acquistando così un’identità per divenire soggetto a tutti gli effetti. L’aspetto più interessante è che più il bestiame scalpita, carica, più l’uomo si fa piccolo, ha paura, perde sicurezza e si fa corpo tremolante.

Lo schermo ha la valenza del bicchiere in vetro dal quale il ragno è impossibilitato ad uscire, insetto che in realtà è il protagonista stesso.

“Il Castigo”