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Categorie

Narrativa contemporanea, Formazione, Mafia

Voto

⭐⭐⭐⭐

La Recensione

Immagina di chiudere delicatamente gli occhi. Prendi un profondo respiro ed improvvisamente ti trovi a Palermo.
Immagina di chiudere delicatamente gli occhi. Prendi un profondo respiro ed improvvisamente ti trovi a Palermo.

È il 1993.

Il sole brucia la pelle e fa dannare l’anima. Intorno i sapori e gli odori di una terra sulla quale popoli e culture dall’animo straniero hanno lasciato le loro tracce. Che si trovino nascoste fra le vie con umile modestia o risaltino fra gli affreschi di una sfarzosa cappella bizantina.

Palermo è la città dalle mille maschere. C’è la Palermo ‘bene’: fra arte ed erudizione. E poi c’è la Palermo della gente, dei quartieri nati dal cemento, della corruzione del ricatto, delle maschere che portano un po’ tutti.

Ma è proprio in questo luogo inferocito che l’inferno si acquieta un poco.  

C’è Federico che Palermo non la vorrebbe vedere più, vorrebbe andare via lontano eppure non sa nemmeno lui dove. Il cuore è inquieto e la mente vola, viaggia e la affolla di domande. Eppure a ghermirlo è la città stessa, non lo incatena, gli mostra la via, quella dura e selvaggia che prima toglie e poi ti dà.

E poi c’è Don Pino Puglisi che proprio nella sua Brancaccio vede ‘ciò che inferno non è’. Un Diogene moderno che impugnata la sua lanterna riesce a portare la luce. Un luogo che ad un primo sguardo appare tetro e sconsolato ora si accende.

Nella forza stessa di Don Pino prende voce il romanzo. Una voce che non è un urlo di accusa e neppure un sussurro sommesso. È la voce di chi sa raccontare. Di chi vive e respira la brutalità stessa della vita ma di cui sa  coglierne il principio puro: il vero volto che si cela dietro ognuno. Saper rompere le maschere dietro cui ognuno si nasconde, ma anche saperle percepire.

Nessuno crede di portarne una.

È proprio nel momento in cui la vita colpisce più duramente che queste prendono forma. Un distacco netto che separa un individuo dall’altro.

Nel romanzo di D’Avenia le maschere crollano, si dissolvono e persiste un unico fondamento: quello della realtà. Bellezza e crudeltà, unici colori di una singola tela.

Il romanzo stesso omaggia la figura di ‘Don Pino Puglisi’ e con bonaria onestà riporta eventi e vicende che ne hanno coronato la sua vita.

‘Ciò che inferno non è’ è un tripudio di personaggi, immagini, colori ed emozioni rendendo il libro una rappresentazione calzante di una città spaccata fra le sue dualità. Intrinsecamente incapace di distinguere l’una dall’altra. Un odi et amo inciso nella bruciata terra siciliana.