Se c’è qualcosa sulla quale i videogiochi hanno saputo fare leva negli ultimi anni è la nostalgia. Si pensi ai numerosi reboot, remaster e remake che hanno riempito gli store di ogni piattaforma negli ultimi anni. Un tentativo di ridare vita a titoli che hanno forgiato le infanzie di tantissimi appassionati, ma anche una prepotente operazione di marketing: alcune ben riuscite e acclamate, altre molto meno. Alcune software house hanno colto l’occasione per dare una rispolverata a vecchi capolavori senza intaccarne le componenti principali, come nel caso di Shadow of the Colossus, splendido remake ad opera di Bluepoint. Altre invece hanno osato, hanno rischiato, hanno sfidato i giocatori. Fra tutte, quella che ha rischiato di più è stata Square Enix con Final Fantasy VII Remake. Ma pare che ad inizio 2024, Testuya Nomura, Yoshinori Kitase e Kazushige Nojima vogliano proprio distruggere la nostalgia.
Final Fantasy VII, la nascita di un mito
La nostalgia. Un sentimento che molto spesso ha coccolato i giocatori veterani durante i periodi più piatti dell’industria. Ricordi sbiaditi ma intensi di pomeriggi uggiosi passati con il controller tra le mani e gli occhi pieni di mondi fantastici da esplorare. Se quei mondi erano frutto della fantasia di una leggendaria casa nipponica chiamata Square Soft, allora quelle esperienze diventavano indelebili.
Nel 1997 uscì il leggendario Final Fantasy VII. Un titolo che rivoluzionò il mercato, sia a livello meramente tecnico, sia a livello creativo: l’immaginario creato da Yoshinori Kitase, Kazushige Nojima e Hironobu Sakaguchi divenne una pietra miliare della storia videoludica. I giocatori impressero nelle proprie memorie personaggi carismatici come Cloud, Tifa, Sephiroth e alcune scene tra le più famose del medium: ormai non penso sia uno spoiler, ma la morte di Aerith per mano di Sephiroth o la storia di amicizia tra Zack e Cloud sono alcuni degli accadimenti immaginari tra i più vividi nella mente del giocatore. E ancora la Shinra Corporation, la Buster Sword, il Gold Soucer, tutti sogni a poligoni tridimensionali che forgiarono un’intera generazione.
Il dolce inganno di Final Fantasy VII Remake
Primavera 2020. Square Enix lancia sul mercato il nuovo e attesissimo Final Fantasy VII Remake. La prima parte del progetto del progetto di Kitase, Nomura e Nojima. Un progetto che apparentemente sembra voler portare l’esperienza del Final Fantasy per eccellenza sulle nuove generazioni di console. Il gameplay è straordinario, rinnovato, persino meglio dell’originale. I personaggi sono più belli che mai: modellati e animati divinamente con le nuove tecnologie, ma sono sempre loro. Quei personaggi che da sempre sono nei cuori di quei ragazzini che adesso hanno circa trent’anni.
La storia comincia esattamente come ce la si aspetta: il sabotaggio al reattore Mako, Midgar, i primi boss, i dialoghi tra Berrett e Cloud. Poi però ad un tratto qualcosa cambia. Entrano in gioco personaggi che non dovrebbero essere lì in quel momento. Altri che nemmeno erano presenti nell’originale. Un susseguirsi di ricordi nostalgici, deja vu e piccole, ma numerose, deviazioni dal canovaccio originale. Qualcosa non torna: la trama devia fortemente sul finale. Tutto cambia lasciando tanti, troppi dubbi una volta arrivati ai titoli di coda. Ci hanno ingannati tutti. E ci è piaciuto, in gran parte.
Rebirth, riscrivere i ricordi
Nonostante il pregevole lavoro fatto con questa prima parte di progetto, in molti sono rimasti scottati da quanto il finale abbia aperto una strada tutta nuova per la trama di Final Fantasy VII. L’annuncio della data di uscita di Final Fantasy VII Rebirth al Tokyo Game Show 2023 ha rigettato sale sulla bruciatura. In molti si chiedono quanto e cosa cambierà rispetto all’originale: quanti ricordi potrebbero essere rivisitati da questo nuovo progetto? L’avventura di Cloud riprenderà da dove la si era lasciata, appena fuori dalla città di Midgar, e in molti tremano all’idea di quanto potrà cambiare. Dalle notizie che trapelano e dalle aperture lasciate da Final Fantasy Remake, sembra che molto di quello che conosciamo rinascerà in una nuova veste.
E se fosse proprio questo il punto? Superare il passato e distruggere la nostalgia? È tra le emozioni umane che preferisco: un porto sicuro a cui tornare, un pensiero felice che scalda il cuore. Però spesso un blocco al progresso, un limite alla ricerca. Una gabbia per la creatività.
Molto spesso il medium video ludico ha sofferto tremendamente di questo dolce blocco perché guardare all’epoca d’oro del passato, rifarsi a quei fasti, è sempre stato sinonimo di qualità. Eppure nemmeno la qualità di un prodotto può permettersi di non fare i conti con il tempo che passa. Nemmeno i videogiochi possono farlo.
Si può apprezzare o meno il lavoro di Nomura, Kitase e Nojima, ma di sicuro gli va riconosciuto il coraggio di voler provare a spingersi più in là. Si spera lo facciano con il rispetto dovuto all’originale, ma stanno scommettendo tutto su un semplice concetto: si stanno chiedendo se i videogiocatori sono pronti a crescere. Ad andare oltre quello sfavillante 1997, a lasciare il porto sicuro dei propri ricordi per esplorare mari e mondi che mai avrebbero osato, distruggendo i propri idoli. Proprio come i protagonisti delle varie iterazioni di Final Fantasy, stanno provando a testarci.
Siamo pronti a lasciare la calda nostalgia, sacrificandola sull’altare della creatività?
Sembra che lo scopriremo: basta aspettare il 24 febbraio 2024. Chissà se sentiremo ancora il profumo di casa.