Torna #animazione115 e, dopo La regina delle nevi, facciamo un balzo in avanti di dieci anni con Il libro della giungla.

Questo mese diamo uno sguardo all’animazione U.S.A degli anni ’60 grazie a un focus sull’ultimo film prodotto da Walt Disney. Il 19° Classico Disney uscì nelle sale statunitensi il 18 ottobre 1967 quando Walt Disney era ormai morto da meno di un anno, il 15 dicembre1966.

Cicchetto di trama

Mowgli è un bambino che vive nella giungla da quando, ancora neonato, è stato trovato dalla pantera Bagheera e affidato al branco di lupi guidato dalla lupa Raksha e dal compagno Rama. Il ‘cucciolo d’uomo’ cresce così in mezzo alla giungla senza grossi timori finché la tigre del Bengala Shere Khan fa ritorno nella giungla. Il Consiglio del branco decide, per la sicurezza di quest’ultimo e per quella di Mowgli, che è il momento per il ragazzo di fare ritorno al villaggio degli uomini.

Bagheera accompagna il ragazzo verso il villaggio la notte stessa ma, a complicare le cose ci pensano prima il pitone Kaa che tenta di mangiarsi il giovane e poi una litigata fra la pantera e Mowgli che porta un irato Bagheera ad abbandonare il ragazzo.

Mowgli e gli avvoltoi. Fotogramma de: Il libro della giungla 1967 © Wolfgang Reitherman/The Walt Disney Company
Mowgli e gli avvoltoi. Fotogramma de: Il libro della giungla 1967 © Wolfgang Reitherman/The Walt Disney Company

Come si suol dire: il resto è storia e anche non aveste visto il film, hanno fatto così tanti adattamenti che non vale la pena continuare ad aggiungere altro se non invitarvi a rivedere un pezzo di storia dell’animazione Disney.

Un focus su Il libro della giungla

Canzoni indimenticabili, personaggi iconici e un racconto dal ritmo equilibrato, fanno de Il libro della Giungla un film d’animazione che regge ancora la prova del tempo.

Come tutti i film realizzati con Walt Disney ancora in vita, il 19° Classico Disney non è sfuggito a una produzione non propriamente rosea.

Baloo e Re Luigi. Fotogramma de: Il libro della giungla 1967 © Wolfgang Reitherman/The Walt Disney Company
Baloo e Re Luigi. Fotogramma de: Il libro della giungla 1967 © Wolfgang Reitherman/The Walt Disney Company

«Questo è il libro di Kipling. La prima cosa da fare è non leggerlo.»

A Walt Disney dei due libri di Rudyard Kipling (Il libro della giungla e Il secondo libro della giungla), cui il 19° Classico Disney è ispirato, importava poco se non nulla. Dei racconti in cui compaiono Mowgli e altri personaggi del film – otto racconti sui quindici totali – si trovano poche tracce nel film diretto da Reitherman. «Questo è il libro di Kipling. La prima cosa da fare è non leggerlo»; questo disse agli sceneggiatori. Una dichiarazione d’intenti programmatica che non lascia spazio a dubbi: vediamo più da vicino come si è tradotta questa massima nella produzione del film.

Quando Walt Disney decide di cimentarsi con Il libro della giungla affida, come è solito fare, i primi storyboard al veterano Bill Peet che, letto il libro, realizza i disegni seguendone i toni chiaro scuri, le canzoni sono compito di Terry Gilkyson anche quest’ultimo seguendo la vena degli storyboard di Peet produce composizioni non proprio allegre. Walt Disney però non ha alcuna intenzione di dare troppo spazio alla vena drammatica di Kipling e così finisce per far abbandonare la nave in malo modo a Peet e sostituisce le canzoni di Gilkyson con quelle dei fratelli Sherman che avevano già collaborato con lui proficuamente (La spada nella roccia, Mary Poppins). A completare la squadra per la colonna sonora saranno il compositore George Bruns e Louis Prima (cui è affidata tutta la parte di Re Luigi). È la genesi de Il libro della giungla per come lo conosciamo noi.

Se gli Sherman e Bruns sostituiscono Gilkyson, tocca alla squadra composta da Larry Clemmons, Ralph Wright, Vance Gerry e Ken Anderson rimettere completamente mano al lavoro avviato da Peet sotto la direzione del regista Wolfgang Reitherman e con la costante supervisione di Walt Disney.

Gli ultimi guizzi di Walt

Dopo aver messo su binari a lui più graditi il film, Walt Disney sembrava essere tornato ai tempi di Biancaneve e i sette nani. Le maestranze coinvolte nel film fanno di tutto per accontentare l’incontentabile Walt e trasformano il lavoro di Kipling in quel film per famiglie che tutti conosciamo.
Ollie Johnston e Frank Thomas danno il meglio di loro con i le animazioni di Mowgli e Baloo, Milt Kahl si esalta nel creare la tigre Shere-Khan. Gli scenari di Al Dempster sono vivi e ricchi di particolari nonostante la necessità di dover fare economia. Quello che più traspare in tutta l’opera è la voglia di Disney di mostrare ancora l’abbandono dell’infanzia per un coscienzioso abbraccio di un’età più matura, qui sottolineata dall’ammiccamento a Mowgli della bambina incontrata sul fiume, sempre opera di Johnston.

Durante la fine della produzione, Walt Disney cominciò a manifestare un duraturo malessere e infiacchimento: il tumore al polmone che gli sarà diagnosticato lo porterà alla morte il 15 dicembre del 1966 e sarà solo Wolfgang Reitherman a portare in sala Il libro della giungla che si dimostrerà – a parte qualche critica più tiepida – uno dei maggiori successi di casa Disney e, a tutt’oggi, uno dei Classici più amati a livello mondiale.

Qualche curiosità

Una piccola curiosità in chiusura del focus. Lo stretto indispensabile (The bare necessities) fu candidata agli Oscar come miglior canzone; da notare che fu l’unica superstite fra le composizioni di Gilkyson che Disney cassò quando decise di imprimere toni più leggeri al film e questa si salvò grazie alla levata di scudi di tutta la produzione. Uno dei pochissimi casi in cui Walt Disney dovette tornare sui propri passi.

Se siete avvezzi all’animazione Disney vi sarete accorti che alcune animazioni di questo film sono uguali a un altro Classico Disney. Stiamo parlando di Robin Hood del 1973 diretto sempre da Reitherman che utilizzò le animazioni di Baloo per il mitico Little John (e gli abiti di Robin Hood non sono altro che quelli di Peter Pan del 1953 ma questa è un’altra storia).

L’animazione U.S.A degli anni ’60

Gli anni 60 per l’animazione statunitense sono anni interessanti perché l’entrata in crisi del cortometraggio porta alla creazione di più lungometraggi e, soprattutto, di serie animate; andiamo con ordine.

Una serie animata antologica, con un protagonista famosissimo, deve la sua creazione a un film “dal vero”. Stiamo parlando della Pantera Rosa che fece il suo debutto nei titoli di testa del film La Pantera Rosa del 1964 e lo stesso anno Pink Phink, primo episodio della serie animata, vinse l’Oscar al miglior cortometraggio animato. A dirigere questo primo episodio di altri novantanove (diretti poi da altri diversi registi) è Fritz Freleng uno dei grandi vecchi dell’animazione e creatore di molti dei famosi personaggi dei Looney Tunes che in quegli anni continuavano a spopolare.

Walt Disney Productions

La Walt Disney Productions (oggi Walt Disney Company) è uno dei pochissimi studi che, fino alla morte di Walt Disney, continua a puntare sul lungometraggio: La carica dei 101 (in cui si utilizza per la prima volta lo Xerografia per l’animazione) del 1961, La spada nella roccia del 1963 e il film di questo focus ne sono la dimostrazione. La morte di Walt però, frenò drasticamente questo tipo di produzioni tanto che dopo la morte di Walt Disney e soprattutto dopo quella del fratello Roy Oliver nel 1971, il dipartimento animazione ridusse drasticamente i dipendenti e gli animatori veri arrivarono a essere meno di cinquanta (complice anche la xerografia, a onor del vero).

La Hanna-Barbera conquista il piccolo schermo

Tornando alla televisione, gli anni 60 sono indiscutibilmente gli anni dello Studio Hanna-Barbera. Personaggi come Braccobaldo (che esordì alla fine degli anni 50 nel Braccobaldo Show), l’Orso Yoghi che ebbe una serie tutta sua nel 1961 (aveva precedentemente debuttato nello Show) e I Flintstones (successo straordinario in prima serata seguito da migliaia di famiglie statunitensi) sono senza dubbio le punte di diamante di una casa di produzione che continuerà ancora a lungo a sfornare memorabilia (la serie animata I Puffi, che conosciamo tutti, è opera loro).

Due maestri del tempo e i primi passi di alcuni futuri grandi

Oltre agli esempi di cui sopra, questi anni vedono muovere i primi passi di alcuni grandi dell’animazione e l’affermarsi di artisti che probabilmente sono poco conosciuti ai più: ed è questo il caso dei coniugi John e Faith Hubley.

John Hubley e la moglie Faith (nata Chestman ma che fin dai 15 anni prese il nome di Faith Elliott), entrambi navigati animatori, avevano fondato nel 1955 gli Storyboard Studios e, forti del proprio savoir faire, produssero negli anni numerosi film.

Dagli anni 60 citiamo: Of stars and Men e The Hole (in cui due operai discutono di temi piuttosto importanti) del 1962, The Hat del 1964 sulla problematica questione dei confini tra gli stati e Windy Day in cui a dar voce alle due giovani protagoniste del racconto sono Emily e Georgia le due figlie della coppia.
La grande attenzione figurativa dei loro lavori si accompagnò, praticamente in quasi tutte le loro creazioni, a una forte vena sociale: l’arte come forma di intrattenimento puro non poteva bastare.

Windy Day © 1968 John & Faith Hubley/Hubley Studios/Paramount Pictures
Fotogramma di: Windy Day © 1968 John & Faith Hubley/Hubley Studios/Paramount Pictures

Gli anni 60 segnano il ritorno sulle scene di Don Bluth e la comparsa artistica di Ralph Bakshi. Don Bluth, nato il 13 settembre 1937, torna all’animazione dopo una decina d’anni di assenza lavorando per la Filmation mentre Ralph Bakshi, nato a Haifa il 29 ottobre del 1938, viene assunto alla Terrytoons sul finire degli anni 50 e, durante gli anni 60, anima e dirige degli episodi di alcuni successi dello studio come: Mighty Mouse, The Adventures of Lariat Sam, Sad Cat, The Mighty Heroes. Bakshi ha lavorato anche a alcuni episodi della prima serie di Spider-Man tra il 1968 e il 1970.

Chiacchiere da bar

Con Don Bluth e Ralph Bakshi si chiude questo ex-cursus sull’animazione anni ’60 a ‘Stelle e strisce’ cominciato con un piccolo ma, speriamo, interessante focus su Il libro della giungla.

Gli anni 60 sono stati un periodo piuttosto interessante per l’animazione statunitense che ha saputo rinnovarsi e tentare strade nuove grazie a personalità dotate di una certa forza d’animo e di inventiva. Questo decennio ha anche visto venire al mondo alcune figure di spicco dell’animazione contemporanea e ne citiamo solo alcune: Hideaki Anno, nato nel 1960, Brenda Chapman, nata nel 1962, il compianto Satoshi Kon, nato nel 1963 e morto di tumore nel 2010, Mamoru Hosada nato nel 1967,

Il prossimo appuntamento con #animazione115 sarà ad agosto e daremo un’occhiata agli anni 70. Vi aspettiamo!

Il Barista Animato
Ciao! Sono il Barista Animato, un vecchio DAMSiano dismesso da anni e: "Cerco modestamente di farmi strada nell'universo". Sono qui per servirvi, con la giusta cortesia, il meglio e anche il peggio del mondo animato (Film e serie) con qualche incursione nel "live action".

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2 Comments

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  2. […] anche dai sogni più belli bisogna svegliarsi. È il 1966 e dopo la morte del suo fondatore seguono anni durissimi in casa Disney, quasi quanto quelli conosciuti durante la guerra e i flop al […]

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