Politica, obiettivi ed algoritmi volti alla distruzione del futuro già grigio di una società distrutta.
Carissimi, bentornati al nostro appuntamento mensile: quella sedia spesso scomoda al tavolino delle discussioni e degli argomenti amari, ma che necessariamente vanno trattati per comprendere la direzione che la nostra società ha deciso di intraprendere.
Il punto della situazione
Credo che non ci sia bisogno di menzionare l’ormai arcinota situazione geopolitica a dir poco gravosa, in cui l’Occidente rischia di cedere ai ricatti provenienti dal suo stesso interno ovvero dai suoi stessi rappresentanti. Che poi “rappresentanti”, voi vi sentite rappresentati? Io sinceramente no, per niente. Non mi sento rappresentato da nessuno di questi omuncoli pseudo-politici; persone che si limitano a propinare al prossimo ideali poco ideali e artifici pensati per attirare l’attenzione. Rappresentanti non rappresentanti di partiti politici veramente poco politici. In cui si respira quotidianamente il dogma della mancanza di oggettività condito da un’abbondante dose di populismo e pregiudizi. Parole buttate al vento, discorsi dalle mille e una notte che valgono quanto una banconota da mille lire; di cui la gente capisce purtroppo veramente poco. Ritrovandosi così ad applaudire e festeggiare di fronte a quella che è la sconfitta della società Occidentale.
Sconfitta morale, sconfitta generazionale e soprattutto sconfitta meritata.
La meritata sconfitta della società Occidentale
Non riesco ad immaginare un futuro in cui le nazioni occidentali, soprattutto quelle europee, saranno ancora patria di pace e di libertà. Vedo invece un futuro grigio, in cui la società che noi stessi ci siamo costruiti sarà nient’altro che la schiava di se stessa, dei diritti senza doveri e dell’ignoranza imposta. Eppure noi siamo qui, tranquilli, che continuiamo a goderci il dolce far niente aspettando l’arrivo di un’apocalisse che non arriverà mai. E sapete perché non arriverà mai? Perché è già qui, la stiamo vivendo e siamo talmente stupidi e rimbecilliti che non riusciamo neanche ad accorgercene.
La fine di tutto: l’apocalisse
Certo non è un’apocalisse materiale, non mi riferisco ovviamente ad un asteroide o ad un evento catastrofico. Intendo un’apocalisse morale, in cui valori come giustizia e libertà saranno null’altro che ricordi di una società passata. Società fatta da persone poco persone, che non conoscono più le proprie origini e la propria storia. Persone che non sono mai cresciute davvero, vittime di un’adolescenza perenne, rimaste infanti nella testa pur essendo ormai anziane nel corpo. Che sono di certo state in grado di fare figli, ma non di educarli. Che hanno ereditato una società vivibile in cui vi era ancora la possibilità di migliorare, in cui era normale fare progetti per il futuro e riuscire a programmarsi un’esistenza non dico felice, ma neanche triste. Persone che quella società l’hanno distrutta, portando l’occidente ad una decadenza umana e sociale dalla quale non sembra esserci via d’uscita.
Una società in declino
Decadenza che oggi significa non riuscire ad immaginare un futuro definibile futuro, in cui i giovani non hanno ricevuto le basi per vivere e non riescono a guardare al domani senza sentire il peso e l’angoscia di un futuro buio, ansiogeno ed incerto. Quella stessa decadenza che ha portato l’uomo ad essere considerato non più un’entità vivente con un proprio sentimento di autorealizzazione, bensì ad un semplice quanto insulso ed inumano algoritmo, catalogato per quello che può dare economicamente al sistema e non per quello che è nella sua interezza e nella sua integrità. Ragazzi e ragazze che oggi si ritrovano a competere per avere delle skills in più nel curriculum; perché la società ci ha imposto che dobbiamo produrre ogni anno in maggior misura, che dobbiamo alzare l’asticella ed integrare i progressi per rimanere competitivi nel mercato del lavoro.
E chi non ce la fa? Viene superato, viene messo da parte e considerato un fallito; una persona che non è stata in grado di raggiungere l’obiettivo prefissato. Così subentra il sentimento di inadeguatezza, da cui in tanti preferiscono distaccarsi focalizzandosi su una vita digitale che però non è vita reale; ritardando sempre di più l’ingresso formale in una società assetata di sangue.
Progresso e Sviluppo
Pier Paolo Pasolini un giorno, in un inedito mai pubblicato del 1973, definì la differenza tra lo sviluppo, quale potenziamento di una dimensione, e il progresso, visto invece come lo stare meglio di una popolazione. Forse il problema risiede proprio qui: viviamo in una società che ha scambiato lo sviluppo per il progresso, desinata quindi a peggiorare sempre più. Una società che, con l’obiettivo e la convinzione di migliorare, arriverà al punto in cui inesorabilmente collasserà su se stessa privando del futuro i suoi stessi figli.