Negli ultimi giorni in Governo è stato presentato un emendamento al Disegno di Legge di Bilancio per modificare il bonus cultura 18App rivolto a tutti i diciottenni italiani, introdotto da Renzi nel 2016 e adottato in molte nazioni europee. Da quel momento ogni neomaggiorenne ha potuto ricevere un incentivo di €500 da spendere in libri, musica, concerti, teatro, cinema, corsi di lingua, musei, mostre e molto altro.
Inizialmente si pensava all’eliminazione dell’incentivo per i giovani, al fine di destinare tali fondi allo spettacolo e all’editoria: alla luce delle polemiche suscitate, il Ministro della Cultura Sangiuliano e il Presidente del Consiglio Meloni hanno subito provveduto ad aggiustare il tiro, affermando che il bonus sarà soltanto sottoposto a una revisione. Le modifiche consisterebbero nell’introduzione di una soglia ISEE e di un meccanismo antitruffa. Tali misure sarebbero giuste se solo fossero meno ambigue e se, soprattutto, non comportassero dei tagli alla formazione dei giovani che, indistintamente, oggi usufruiscono di 18App.
Ma perché improvvisamente si sta decidendo di operare sul Bonus Cultura? Le motivazioni sarebbero molteplici. Innanzitutto, il deputato Bellomo ritiene che il bonus abbia incentivato più le truffe rispetto alla cultura, quindi non avrebbe svolto la funzione formativa prevista. Pare si sia, infatti, verificata una truffa in provincia di Lecce di quasi un milione di euro complessivi (ma anche nel resto d’Italia); non vi è, dunque, alcun dubbio sulle frodi e sarebbe più che ragionevole e giusto introdurre un meccanismo per contrastarle, ma questo non è un motivo valido per cancellare il bonus – che si ritiene sia stato usato impropriamente in maniera indistinta – e rimpiazzarlo con una “Carta della Cultura”, per giunta riducendone i beneficiari.
I dati di 18App del 2021 parlano chiaro sull’impatto delle risorse stanziate per i giovani e su quanto siano importanti: gli acquisti principali che hanno effettuato i 441.480 beneficiari riguardano soprattutto libri ed ebook (95 milioni di euro, ovvero almeno due terzi degli acquisti), biglietti per concerti (22 milioni) e corsi di formazione (1,85 milioni), specialmente quelli di certificazioni linguistiche.
La voce dei diretti interessati: i giovani.
Qual è la tua esperienza in merito all’utilizzo del bonus 18App e cosa pensi di questa manovra?
Antonella Di Palma (Napoli): «Sono nata nel 2003 e quest’anno ho potuto usufruire del Bonus Cultura 18App. L’ho utilizzato principalmente per acquistare libri, visto che la lettura è la mia passione principale e la coltivo più che posso (in linea con le mie possibilità economiche). Il bonus 18App mi ha dato l’opportunità di acquistare moltissimi titoli che desideravo da tempo e che non potevo permettermi. Da saggi filosofici e letterari a romanzi e raccolte di poesia: ho potuto ampliare le mie conoscenze leggendo e, soprattutto, ho potuto iniziare il primo anno d’università senza gravare troppo sulla mia famiglia, acquistando alcuni dei manuali e dei classici necessari. È inutile dire quanto questo fondo sia stato importante per la mia formazione personale, scolastica e culturale.
Ho riconosciuto nel bonus un autentico interesse verso noi giovani e un concreto finanziamento del sapere e della cultura, la quale, per una volta, mi è sembrata davvero indistintamente accessibile a tutti e non elitaria. Proprio per questo, mi rammarica sapere che molti dei ragazzi nati dal 2004 in poi potrebbero non avere la mia stessa opportunità. La cultura non può essere un lusso di pochi e nemmeno considerata eccessiva. Rendere il bonus accessibile in base all’ISEE significherebbe tagliare proprio perché si vuole e non per bisogno, quindi concedendo lo stretto necessario.
Noi giovani dovremmo essere la categoria della popolazione più incentivata, perché rappresentiamo il futuro del Paese e dovremmo formarci al meglio. Dunque, in virtù di questo, da un qualsiasi Ministro della Cultura non ci aspetteremmo tagli e limitazioni, perché, in quanto tale, non avrebbe il compito di privare, semmai di aggiungere. Oltre all’istruzione in generale, che ha subito innumerevoli tagli, noi giovani sentiamo di essere sempre i più penalizzati e questo è alquanto demotivante. Ci siamo stufati.»
Cosa significherebbe per un diciottenne non poter godere di 500 euro in più da poter spendere in libri, musica, musei e, in generale, in attività culturali?
Daniele Romano (Palermo): «Io compirò diciotto anni tra qualche mese, e sapere che non potrei avere 500 euro da spendere in libri, cinema o qualunque attività culturale non è sicuramente d’aiuto. C’è chi pensa sia giusto perché in pochi utilizzano questo bonus, d’altra parte c’è chi pensa che sia un grave passo indietro (specialmente in un Paese che continua a ribadire il grande potenziale che hanno i giovani). Non tocca a me dire se questa sia una mossa giusta o sbagliata, ma senz’altro è penalizzante per molte persone. Spero soltanto che tutti questi soldi vengano utilizzati nel miglior modo possibile.
Il fatto che non potrei usufruire di tale privilegio sarebbe comunque una perdita per me, perché si parla di €500 che una persona può spendere come meglio crede. Personalmente, essendo un lettore ed un grande amante del cinema, utilizzerei questo bonus per riempire la mia libreria e per andare a vedere qualche nuova uscita cinematografica.»
Francesco Collaro (Napoli): «Pensare di avere questi 500 euro da spendere in materiale e attività culturali, per me che ne sono appassionato, sarebbe il massimo. Sarebbe gratificante soprattutto perché mi impegno molto nell’ambito scolastico, quindi si tratterebbe quasi di un premio. Per queste ragioni credo che se venisse revocato totalmente non mi farebbe piacere, ci rimarrei male.
Al giorno d’oggi comprare libri e svolgere attività letterarie e culturali costa molto; quindi, questo si rivela essere davvero un aiuto per chi non vuol gravare troppo sulle spalle dei propri genitori, senza rinunciare ai propri interessi. Se avessi l’opportunità di usufruire di questo buono, lo utilizzerei sia per l’utile che per il dilettevole.
Da questi aspetti si può capire chiaramente il mio pensiero in relazione a questa tematica. A mio giudizio, l’eliminazione o la modifica di questo bonus non è assolutamente vantaggioso, in quanto riduce la diffusione della cultura stessa e toglie delle opportunità a molti giovani.»
Alessia Amaro (Modena): «I fondi destinati a noi ragazzi sono molto esigui ed è inaccettabile vengano tagliati anche quelli del Bonus Cultura. La formazione personale dovrebbe essere un diritto e l’espansione delle conoscenze non dovrebbe essere limitata a nessuno, nemmeno a chi già può permettersela.»
Ma il bonus 18App non è il solo a rischio di eliminazione. Il ministro Sangiuliano si esprime in generale in maniera molto ambigua e lo fa anche sulla Domenica al museo (l’iniziativa in vigore dal 2014 che prevede l’ingresso gratuito in alcuni musei italiani ogni prima domenica del mese). Lo scorso 5 dicembre ha rivendicato l’inizio del nuovo anno all’insegna della cultura in occasione dell’apertura gratuita eccezionale dei musei il 1° gennaio.
Egli sostiene che le iniziative che favoriscono la conoscenza del patrimonio culturale sviluppino la consapevolezza di questa “immensa miniera” e del nostro valore identitario, contribuendo alla formazione di una società coesa (nonostante abbia anche dichiarato che gli ingressi gratuiti deprezzino il valore delle opere: bisognerebbe, allora, interpretare quest’affermazione come la volontà di mercificare l’arte per un sistema profondamente capitalistico che si rispetti?).
Tuttavia, in un’altra occasione afferma come sia giusto pretendere €17,50 per un biglietto per visitare gli scavi archeologici di Pompei, siccome in molti pagherebbero €20.000 a notte per dormire in suites lussuose. Forse il Ministro ignora – o accetta – che si tratti sempre delle élites, non di certo di un cittadino di ceto medio o basso con ben diverse possibilità economiche.
In più, si potrebbe evitare di lucrare sull’arte per finanziarla e prendere esempio dal Regno Unito o dai Paesi Bassi, che, rispetto all’Italia, presentano un numero maggiore di musei gratuiti. Alcuni esempi sono il British Museum (Londra), il National Museum of Scotland (Edimburgo) e lo Statens Museum for Kunst (Copenaghen). Sembra chiaro che un Paese possa dirsi equilibrato e avanzato se è capace di valorizzare la propria cultura, perché riconosce che è il motore della società, la quale non può reggersi su una base inesistente o fragile.
Dunque sorge spontaneo un interrogativo: che senso ha finanziare la cultura ma non il suo accesso? E come può esistere coesione se c’è classismo?
Tutto questo si manifesta anche in una considerazione fatta sul bonus 18App che, secondo il Presidente della Commissione Cultura Federico Mollicone, sarebbe diventato un “ammortizzatore sociale”, perché è servito anche all’acquisto di libri di testo. Appurato che l’incentivo sia stato concepito per essere utilizzato in precisi ambiti, che escludono l’istruzione in senso lato, e ammesso che sia venuto meno l’obiettivo principale, sarebbe bene, però, riflettere sul presunto cattivo uso fatto e sulle motivazioni. Se si spende un Bonus Cultura per acquistare anche libri di testo, significa che occorrono ulteriori sussidi per soddisfare tale esigenza, poiché i costi dell’istruzione sono ancora molto elevati e perché non tutti hanno accesso alle borse di studio, o per merito o per ragioni economiche.
Dopotutto, l’Italia è pur sempre uno dei Paesi con il maggior tasso di abbandono e dispersione scolastica, scatenati da fattori sociali, culturali ed economici. Si tratta di una concatenazione di cause che dovrebbero essere combattute non con riduzioni e tagli, ma con operazioni di finanziamento e potenziamento mirate a raggiungere l’equità sociale. L’utilizzo scorretto di 18App in questo preciso caso rispecchia una necessità ancora troppo ignorata.
Gli adulti stanno consegnando nelle nostre mani un futuro troppo nebuloso, a causa di un presente che non ci soddisfa e che non è all’altezza delle nostre esigenze. Ci ripetono che il futuro è nostro e che dobbiamo prendercelo, ma abbiamo anche bisogno dei mezzi per farlo. Sarebbe ora di porre fine alla narrazione del “se vuoi, puoi” e del “devi guadagnarti il futuro”, di iniziare a fornirci concreti strumenti per affrontare l’oggi e prepararci al domani, al nostro domani, che non sarà di sicuro roseo. Continuando nel solco delle privazioni, del nostro futuro non resterà nulla.