Skip to main content

https://pixabay.com/it/illustrations/microchip-elettronica-semiconduttore-4924170/

L’Unione Europea è pronta a varare nuove regole e a investire su quelli che sono diventati la nuova ossessione dell’economia: i semiconduttori

L’Europa lancia una nuova rivoluzione industriale. Queste le parole di Ursula Von der Leyen all’approvazione del nuovo Chips Acts, avvenuta l’8 febbraio.(https://www.agi.it/economia/news/2022-02-08/ue-approvato-chips-act-15542518/)
Il Vecchio Continente aveva già traghettato la precedente rivoluzione, e ora è pronto a farsi carico di un nuovo cambiamento a detta della presidente.
Le nuove norme varate dall’Unione Europea per incentivare gli investimenti nella produzione dei semiconduttori sono state raccolte in un  trattato che andrà ad aggiungersi alla lunga lista dei cosiddetti Act: il Chips Act.

La nuova era dei semiconduttori

Con questa nuova serie di regole l’Unione Europea punta a rendere il Vecchio Continente il più possibile indipendente nell’approvvigionamento di queste materie prime.
I semiconduttori sono, infatti, divenuti merce rara negli ultimi tempi. E, allo stesso tempo, risultano indispensabili per produrre innumerevoli oggetti di larghissimo consumo. Beni che hanno scalzato quelli di prima necessità nella classifica. Una società sempre più consumista ha, infatti, portato l’uomo a rivedere tutti i suoi valori e a ritenere fondamentali tutti quegli oggetti che permettono di essere sempre connessi e sempre attivi nella nuova società globale.

La nuova società delle piattaforme ha modificato l’immaginario delle persone, il loro stile di vita. E anche i consumi sono cambiati. O meglio, è cambiata la frequenza con cui variano. Il consumismo impulsivo porta, infatti, a cercare sempre cose nuove e a stancarsi delle novità in fretta.

Ecco perché i semiconduttori sono diventati, nell’arco di un paio d’anni, una materia prima fondamentale e rara. Il commissario europeo Bretton li ha addirittura definiti il nuovo petrolio (Bresolin M. – La Stampa del 05/02/22). La loro richiesta è aumentata di molto in pochissimo tempo, cogliendo gli Stati impreparati.
La pandemia ha dato, certo, il suo contributo e ora è scattata la corsa ai ripari.

La risposta dell’Europa: il Chips Act

La difficoltà nel reperire materie prime per produrre i vaccini e fermare la pandemia ha impartito un’importante lezione all’Europa: globalizzazione e apertura al mondo sono concetti belli, ma se gli altri Paesi bloccano le esportazioni bisogna essere indipendenti.
Situazione analoga si sta riscontrando ora con l’approvvigionamento di microchip. Già adesso questa materia prima risulta difficile da trovare. In più, attualmente la produzione è concentrata nelle mani di pochissimi Stati, tra cui alcuni che non sempre si dimostrano collaborativi con l’Occidente. Un rischio troppo alto per una risorsa diventata così importante.
L’Unione Europea ha, quindi, stabilito di investire 45 miliardi di euro per la produzione dei semiconduttori. 15 miliardi in più rispetto ai 30 già previsti dal Next Generation EU e dagli altri fondi europei (https://nosignalmagazine.it/quale-futuro-con-il-recovery-fund/). L’obiettivo è quello di portare la produzione interna di microchip dall’attuale 9% ad un 20% entro il 2030. (Savelli F. – Il Corriere della Sera del 08/02/22)
La presidente Von der Leyen ha parlato chiaro nel suo discorso. Molta enfasi è stata posta sulle capacità dei ricercatori e dei tecnici del Vecchio Continente. Le skills non mancano. Ora è giunto il momento di far vedere quanto sono effettivamente valide. E diverse aziende hanno già risposto positivamente, pronte ad accettare la sfida

Non solo investimenti, ma anche nuove regole

La nuova normativa non prevede solo di incentivare gli investimenti nella produzione dei semiconduttori. Vengono, infatti, stabilite nuove regole per la gestione dei rapporti con altri Paesi. La commissione ha previsto di favorire i rapporti con altri partner per sfruttare le possibili sinergie. Stati che mostrano visioni concordi con quella del Vecchio Continente e che già collaborano con lui in altri settori.
Ma, allo stesso tempo, vengono introdotte restrizioni alle esportazioni nel caso altre potenze straniere adottassero questa politica nei confronti dell’Unione. La Comunità Europea prosegue sulla strada per raggiungere l’obiettivo di un mondo globalizzato, dove gli scambi con l’esterno sono sicuramente incentivati. Tuttavia le difficoltà incorse durante la pandemia, come detto, hanno impartito una lezione. Non si vuole favorire il protezionismo, ma se altri Stati lo attuano, l’Europa deve essere pronta a ripagarli con la stessa moneta.

I talenti all’interno del Vecchio Continente non mancano di certo, così come le risorse. Il problema è sfruttarli nel modo opportuno, così da generare un miglioramento per l’intera popolazione. La speranza è che le parole ottimistiche della Von der Leyen si concretizzino. Porsi a guida di una nuova rivoluzione permetterebbe al Continente di ringiovanirsi e questo sarebbe un ottimo risultato per rafforzare l’intera Comunità e renderla finalmente unita.