La storia di una verginità che si difende

Torino, anni ’40. Un’estate come tante, ma che cambierà tutto. La bella estate, ancor prima di essere il romanzo di formazione di un’adolescente nel passaggio all’età adulta, è la storia di un’amicizia: quella fra Ginia e Amelia.  

«A quei tempi era sempre festa. Bastava uscire di casa e traversare la strada, per diventare come matte, e tutto era così bello, specialmente di notte, che tornando stanche morte speravamo ancora che qualcosa succedesse, che scoppiasse un incendio, che in casa nascesse un bambino…»

Ginia ha sedici anni, vive con il fratello e lavora come sarta in un atelier. Lì incontra Amelia, di qualche anno più grande di lei, che lavora come modella per alcuni pittori dell’ambiente artistico della città. Disinvolta e intrigante, Amelia è una seduttrice, conosce il sesso e convince Ginia a non avere paura. D’altro canto, Ginia, ingenua e romantica, nutre tante speranze in questa nuova amicizia: sotto la guida scaltra di Amelia sente che il suo impellente desiderio di conoscere l’amore, ed essere abbastanza coraggiosa da viverlo, sta per avverarsi. 

Spensieratezza e urgenza di vivere: è all’insegna di questi due elementi che inizia questo romanzo di Cesare Pavese. Un romanzo potente, proclamato vincitore del Premio Strega nel giugno 1950, pochi mesi prima del tragico suicidio dell’autore. Una storia che racchiude il nucleo primario delle tematiche più care a Pavese, capace di sedurre e incantare il lettore in un intreccio stupefacente. La sensibilità di Pavese per la giovinezza sempre ripetibile e ripetuta entro la storia, il mito della festa che si sostituisce al mito del sacrificio: La bella estate narra dell’iniziazione a una vita, nel momento più importante della scoperta dei sensi e della tentazione. A posteriori, Pavese definirà le vicende di Ginia come «la storia di una verginità che si difende», per diventare consapevole della vacuità del mondo.

la bella estate
Cesare Pavese, La bella estate (Einaudi)

Tra serate al cinematografo e al circolo sregolato degli artisti, entriamo insieme a Ginia nel suo sogno e nella fretta di viverlo: «Qualche volta pensava che quell’estate non sarebbe finita mai più, e insieme che bisognava far presto a godersela perché cambiando la stagione qualcosa doveva succedere»

Tensioni scottanti che avvampano in un’estate infuocata, le speranze credute e il sospetto che possano essere infrante, la voglia e la paura di crescere. La ‘bella estate’ non è solo una stagione che viene e va, ma un momento fondamentale della vita. È in questo modo che Ginia, smaniosa di amare, conosce cosa significa avere un corpo.

Amicizia, sì, ma anche ostilità. È una sottile inquietudine a legare le due ragazze: invidie impronunciabili scorrono nelle vene ora di una, ora dell’altra, come quando Ginia decide di emulare Amelia, nel tentativo di evocare la sua impavida e sfrontata femminilità, posando nuda per Guido, pittore bohème. Eppure sarà grazie all’intermediazione di Amelia che l’inesperta Ginia riuscirà a sotterrare il sentimento di inferiorità che l’aveva allontanata dalle sue colleghe, all’atelier, che, a differenza sua, avevano già conosciuto quel mondo segreto di cui lei ignorava ancora le leggi.

Un romanzo che lancia una scommessa: è possibile crescere senza disilludersi? 

«Tutto il bello è finito».

Dopo la passione disperante con Guido, l’unica profondità concessa a Ginia è la solitudine. Null’altro le è rimasto eccetto che la decisione di non condividersi più, per non lasciarsi corrompere. L’estate è ormai passata. Inizia una nuova stagione.

VOTO ⭐️⭐️⭐️⭐️⭐️/5

Rebecca De Vecchi
Amo la provincia, i libri della biblioteca e il caffè d'orzo. Scrivo poesie. Colleziono tazze commemorative della Regina Elisabetta II. Sono un'inguaribile romantica. Il mio sogno è tornare indietro nel tempo per frequentare i caffè letterari nella Parigi degli anni '20.

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