Al giorno d’oggi quando si parla di materie prime vengono subito in mente le terre rare, come il cobalto, o materiali divenuti componenti fondamentali di prodotti sempre più indispensabili per l’uomo, come il litio e il silicio. Ed Conway nel suo ultimo saggio, La materia del mondo (Marsilio Editori, 2023), ha scelto, invece, di porre l’attenzione su materie prime che normalmente sono lontane dai riflettori, utilizzate dall’uomo sin dall’antichità e date, ormai, per scontate. Si scopre così che elementi quali i già citati litio e cobalto, o il rame, non servirebbero a nulla se non vi fossero altri materiali, quali la sabbia, il vetro e i loro derivati, a permetterne lo sfruttamento. L’economista conduttore di Sky prende per mano il lettore e lo accompagna in un affascinante viaggio intorno al mondo, non solo alla ricerca dei luoghi da cui queste materie prime hanno origine, ma per seguire il loro vagabondare tra Paesi anche molto distanti l’uno dall’altro, durante tutto il loro processo di lavorazione. Si tratta sicuramente di un viaggio nello spazio, ma anche nel tempo, per scoprire come questi elementi siano stati scoperti, scartati e riportati in auge dall’essere umano, che intanto si evolveva e migliorava la sua tecnologia e le competenze.
I sei prescelti
Sono sei gli elementi scelti da Conway per rappresentare la ‘materia del mondo’ citata nel titolo e della quale le nostre vite sono così impregnate, ma allo stesso tempo a noi spesso sconosciuta. L’autore mostra il pianeta Terra come un immenso corpo umano, del quale i sei elementi prescelti in questa analisi ne compongono la struttura. La sabbia, il sale e il ferro, sono paragonabili allo scheletro di questo immenso individuo, il rame rappresenta il sistema nervoso e petrolio e litio sono il sangue, la linfa che ne permette la vita.
La scelta della disposizione dei capitoli all’interno del libro non è ovviamente casuale, ma segue diversi linee di lettura. La prima e più diretta è quella del progresso antropologico, per cui si passa dai materiali che erano più preziosi nell’antichità fino ad arrivare al litio, elemento fondamentale oggi per le batterie di smartphone e altre apparecchiature elettroniche, ma che sarà ancora più indispensabile in futuro se si vorrà fare a meno dei combustibili fossili.
Questo, tuttavia, non è il solo file rouge che collega i sei materiali e ne determina l’ordine di presentazione. Si parte infatti dalla sabbia, un materiale principalmente ricavato dalla roccia attraverso l’estrazione mineraria, e si approda al litio, altro materiale prettamente minerario. È affascinante pensare come questi elementi siano collegati e come la sabbia, oggi poco considerata come materiale basilare per le nuove tecnologie, dia vita al silicio, materiale senza il quale lo stesso litio non sarebbe utilizzabile. Come sarebbe d’altro canto impensabile passare da un mondo dominato e fondato sui combustibili fossili a un mondo dominato dall’elettricità senza il rame o senza il ferro, il quale, per esempio, unito ad altri materiali, serve per la realizzazione delle pale eoliche.
Un circolo che collega tutti questi materiali e che ci mostra quanto siano interdipendenti fra loro e quanto sia difficile, se non addirittura impossibile, per l’uomo, affrancarsi da loro. Un legame, quello presente ne La materia del mondo, che spiega e giustifica anche la scelta dell’autore di puntare proprio su questi sei nomi, come lui stesso motiva nell’introduzione all’opera.
Lo stile del divulgatore
Ed Conway non nasce come esperto in materia, e lui stesso lo afferma subito. Laureatosi alla Kennedy School of Government dell’Università di Harvard, dove ottenne un master in Public Administration, Conwey si è da sempre occupato principalmente di economia. Prima corrispondente per il Daily Mail e poi editorialista per il The Daily Telegraph e il Sunday Telegraph, l’autore ha ottenuto diversi premi e riconoscimenti per la sua attività di giornalista. Dalla carta stampata è poi passato alla televisione e attualmente è editore economico di Sky News.
La sua impronta da giornalista e divulgatore è percepibile anche in questo libro, nel quale cerca di spiegare argomenti spesso complessi per i non addetti ai lavori in modo semplice e comprensibile a tutti. Abile ‘tour operator‘, Conway prende per mano il lettore e lo accompagna in questo avvincente viaggio, trasmettendo sempre quella sensazione di stupore che ha provato lui stesso quando ha iniziato ad addentrarsi nelle profondità del mondo delle materie prime. Una meraviglia dettata non solo dalla bellezza di ciò che imparava, ma soprattutto dall’aprire per la prima volta gli occhi e rendersi conto dell’ingenuità che fino ad allora gli aveva fatto ritenere questi argomenti non degni della sua attenzione. Lo stesso sentimento che pervaderà il lettore che vorrà seguire l’autore in questa avventura.
Una volta tornati dal viaggio con l’autore forse non si penserà più alla sabbia come a un elemento banale e scontato, dato che i palazzi che ci circondano e i grattacieli che ammiriamo nelle grandi metropoli derivano proprio da questo materiale. Per non parlare del sale, spesso relegato a semplice condimento, ma, come ci insegna Conway, fondamentale per purificare l’acqua e produrre medicinali. E come trattenersi dal voler visitare fisicamente i luoghi magici citati in questo libro, i deserti di sale del Cile, le miniere inglesi con la loro secolare storia.
Un giro del mondo che ci fa capire quanto siamo globalizzati e interconnessi e quanto sia un’utopia l’idea di poter nazionalizzare la produzione di materiali oggi divenuti indispensabili. Un esempio fra tutti i chip in silicio, per la realizzazione dei quali si passa dalla Spagna a Taiwan, per poi tornare in Europa e ripartire per la Cina, andando a scoprire che, spesso, per un determinato tipo di lavorazione esiste una sola fabbrica al mondo in grado di eseguire il processo. Citando le parole dell’autore, “pensate cosa potrebbe succedere se improvvisamente questo stabilimento chiudesse”.
Tra paradossi ed evoluzione, cosa ci aspetta per il futuro
Ne La materia del mondo, Conway ci insegna che il mondo delle materie prime è caratterizzato da innumerevoli paradossi: diventiamo sempre più bravi a produrre i materiali fondamentali per la nostra esistenza, riusciamo a ridurre i costi e a rendere minore l’impatto che abbiamo sulla natura, ma la popolazione mondiale cresce sempre di più e le risorse necessarie al suo sostentamento crescono con lei, mentre le riserve si prosciugano rapidamente, troppo rapidamente.
Inoltre, ogni volta che si scopre un nuovo tipo di materiale, che pare permettere di avere un impatto ecologico minore, si finisce per scoprire, amara verità, che il suo utilizzo ha comunque delle conseguenze per il pianeta. L’illuminazione elettrica, ad esempio, ha permesso di rinunciare alle lampade a olio, evitando l’estinzione dei cetacei da cui veniva estratto. D’altro canto, però, l’estrazione dei materiali fondamentali per la costruzione delle lampadine necessita dell’utilizzo di una grande quantità di combustibili inquinanti. Come la stessa produzione di batterie elettriche, che in futuro dovrà incrementare, se si vorrà fare a meno di petrolio e carbone.
L’autore cerca di essere realista, mostrando come l’impronta ecologica dell’uomo sulla natura non potrà ridursi in tempi rapidi. Affrontando temi molto attuali, come la rivalutazione della tecnica del cracking per l’estrazione di petrolio dalle rocce negli USA, o il deep sea mining per lo sfruttamento degli elementi presenti nei fondali marini, Conway osserva che l’azzeramento delle emissioni è ancora distante, e nemmeno è possibile prevedere quale possa essere sul lungo periodo l’effetto inquinante delle nuove tecnologie, ritenute più sostenibili.
Ma Conway non vuole trasmettere una visione totalmente pessimistica sul futuro e, partendo proprio dall’esempio delle lampade a olio, sottolinea come l’umanità sino a oggi sia sempre riuscita a trovare fonti di energia meno inquinanti e a superare il problema della scarsità di una risorsa imparando a sfruttarne un’altra. ♦