Se questo è un sogno non svegliateci. A meno di ventiquattr’ore dalla conclusione del Tour de France 2023, proviamo ad analizzare una delle edizioni più spettacolari e avvincenti di sempre della Grande Boucle. Il climax delle ventuno tappe è stato indubbiamente la sfida senza esclusione di colpi fra Jonas Vingegaard e Tadej Pogacar, i più forti corridori da corse a tappe di questo decennio. Sin dalla Grande Partenza nei Paesi Baschi, complice un percorso particolarmente stuzzicante, i due hanno sferrato attacchi e architettato strategie per prevalere l’uno sull’altro. Supportati da gregari di prim’ordine, hanno cercato di valorizzare i rispettivi punti di forza: resistenza e potenza aerobica per il danese, esplosività e tolleranza lattacida per lo sloveno. Per ben due settimane il distacco in classifica fra i due contenders non ha superato mai il minuto e mezzo. Alla vigilia della cronometro solo 10 secondi li separavano.
Le due tappe decisive
Il punto di svolta è stata proprio la prova contro il tempo con arrivo a Combloux. Il campione in carica della Jumbo-Visma partiva con i favori del pronostico, vista l’altimetria impegnativa e i primi flebili segnali di debolezza mostrati da Pogacar nell’ultimo tappone alpino. Vingegaard li ha rispettati e ampiamente superati, sfornando una prestazione magistrale sia in salita che in discesa. Ha così inflitto distacchi nell’ordine dei minuti a tutti i rivali, cronomen inclusi.
Tadej era chiamato a rispondere nella tappa dell’indomani, la frazione regina del Tour con ben 5900 metri di dislivello e con il Col de la Loze a ergersi come punto più alto raggiunto dalla corsa. Lo sloveno, tuttavia, si è completamente sgretolato, con un crollo verticale che l’ha visto arrivare a quasi 6 minuti di ritardo dalla Maglia Gialla. Un Tour che fino a tre giorni prima sembrava potersi giocare sul filo dei secondi chiuso in meno di 200 km.
Nonostante questo Pogacar ha dimostrato tutta la sua combattività nell’ultimo momento utile, aggiudicandosi, con un attacco dei suoi, la tappa 20. L’ultimo sussulto di un campione che non si lascia abbattere dalla peggiore debacle della sua carriera.
Tiriamo le somme
Senza approfondire ulteriormente la cronistoria dell’evento, gli appassionati hanno potuto cibarsi di leccornie a base di scatti, record di scalate, discese impeccabili, strategie di squadra, attacchi e controattacchi a viso aperto. Il meglio che il ciclismo abbia saputo e sappia offrire.
Dopo anni in cui il grande pubblico si era allontanato dalle corse in bicicletta, le prestazioni di questi ragazzi ne hanno riavvicinato una grossa fetta. Dopo anni in cui erano gli scandali di doping a prevalere, i dibattiti sulle tattiche hanno ripreso a permeare i bar e i forum online. Dopo anni di corse anestetizzate e decise con le cronometro, gli attacchi in salita sono tornati a scaldare i cuori dei tifosi.
Se questo è lo spettacolo che ci aspetta negli a venire, l’unico peccato è il dover aspettare un anno per tre “sole” settimane. E nel 2024 la sfida fra Jonas Vingegaard e Tadej Pogacar riprenderà dal Bel Paese, per la prima volta della storia.
Ps. Pur essendo un articolo incentrato sul duello per la conquista del Tour, una menzione particolare la merita Giulio Ciccone, che ha riportato in Italia la Maglia a Pois dopo ben 32 anni. Grazie Cicco!
https://www.cyclingnews.com/races/tour-de-france-2023/stage-21/results/