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Un commento al testo di Umberto Eco comparso su L’Espresso nel settembre 2003

È davvero necessario citare nella Costituzione europea le origini cristiane del continente? Ne Le radici dell’Europa, un testo comparso per la prima volta nel 2003, Umberto Eco si è posto questa domanda, partendo dal fatto che non si possa concepire il Vecchio Continente senza dare importanza al ruolo della Chiesa che ha posto le fondamenta del continente; ora la decisione da prendere è se disegnare la fisionomia dei popoli europei in base al loro passato o al loro futuro.

Potremmo definire la storia culturale europea come una fitta rete di avvenimenti più o meno significativi, che ci hanno portato a vivere nel continente che conosciamo oggi. Indubbiamente l’Europa è nata su una cultura cristiana; nel corso dei secoli, il sapere europeo ha avuto modo di avvantaggiarsi altamente, con la matematica indiana, la medicina araba, i contatti con l’Oriente: ogni cultura assimila elementi diversi da luoghi differenti, ma è il modo in cui li fa propri che la caratterizza dalle altre.

L’Europa ha assimilato la cultura greco-romana sotto diversi aspetti: sul piano del diritto, del pensiero filosofico, ne ha fatte proprie le credenze popolari, inglobando miti e riti pagani. Il percorso culturale europeo lo abbiamo visto spaziare dal Medioevo cristiano, che attraverso gli arabi ha riscoperto la filosofia di Aristotele, arrivando al Rinascimento, quando si è cercato di riscoprire il mondo classico, inglobandoci in una storia ricca di cultura e conoscenza che, probabilmente, non sarebbe stata tale senza il monoteismo giudaico e senza il testo su cui la cultura europea si è fondata: la Bibbia. Tutti questi riferimenti alla storia del nostro continente ci portano alla conclusione del testo, dove l’autore introduce il suo parere personale, dichiarando di non essere contrario all’inserimento, in una Costituzione, di un riferimento alle radici greco-romane e giudaico-cristiane, ricordando però la propensione e l’apertura del nostro continente all’integrazione di altri rapporti culturali e antichi provenienti da altri paesi.

Le radici dell’Europa è una lettura da cui si hanno spunti di grande riflessione riguardo un argomento che raramente viene trattato. Condivido la scelta dell’autore di avere espresso in modo sintetico ma efficace la storia di differenti culture, riuscendo a unire anche temi filosofici; in parte, però, mi chiedo quanto, effettivamente, in un mondo che si svilupperà basandosi quasi interamente sulla tecnologia, queste nozioni storiche possano contribuire al miglioramento di essa.

le radici dell'europa
Le radici dell’Europa. Un commento al testo di Umberto Eco

È corretto porre in una Costituzione un riferimento alla storia, poiché, specialmente tra i giovani, è necessaria una conoscenza più approfondita delle radici del luogo in cui siamo nati, per cambiare il futuro, cercando di evitare gli errori commessi in passato. La domanda fondamentale da porsi non è se la storia può contribuire a migliorare il presente, ma quanto l’uomo moderno sia disposto ad apprendere da ciò che è già avvenuto, e tentare così di cambiare. Questa società individualista è disposta a ricevere oltre che a dare? O la tendenza egoistica intrinseca nell’uomo avrà la meglio sul pensiero collettivo mirato al bene comune?

Non vorrei sbilanciarmi troppo paragonando il mondo in cui viviamo alla teoria del filosofo Thomas Hobbes, secondo cui la natura umana è egoistica e le azioni dell’uomo sono determinate dall’istinto di sopravvivenza e sopraffazione, poiché credo che l’uomo possa diventare un essere di animo buono e altruista; guidato dal ‘sentimento’ possa spingersi a vivere una vita meno razionale e più ‘passionale’, come si pensava in epoca romantica; penso anche, però, che in questa società moderna, l’uomo tenda a evitare i collegamenti con il passato, cercando di proiettarsi piuttosto in un futuro sempre più all’avanguardia, tecnologico, dove il sentimento che muove le passioni dentro di noi va lentamente scomparendo, e con lui anche l’umanità che ci caratterizza.

Che cosa fare, dunque? La soluzione migliore sarebbe mantenere un certo equilibrio con la natura solo se siamo disposti ad ascoltarla. Siamo tanto accecati dalla vita frenetica che conduciamo da non riuscire a capire che ci stiamo autodistruggendo, l’essere umano è talmente arrogante da credere di avere il potere di salvare o distruggere il pianeta, non capendo che la Terra non ha bisogno di essere salvata da noi, ma di essere curata, per noi stessi e per le generazioni future; pagheranno per il consumismo sfrenato e per la poca attenzione alle risorse che abbiamo accumulato negli anni, e la Terra ci guarderà, aspettando che anche la nostra specie sparisca, ridendo di noi, mentre attende che Madre Natura riprenda quello che, con tanta arroganza, prepotenza ed egoismo, nel corso della storia, abbiamo distrutto. ♦︎


Illustrazione di Matteo Galasso