La libertà appartiene agli esseri viventi per natura. Un Occidente unito che rivendica la dignità umana come fondamento della libertà
Lo sciopero riuscito
Iniziamo dalla nota dolce, che è anche la più bella: lo sciopero riuscito. Il 22 settembre, il popolo italiano è riuscito a fare quadrato su di sé e scendere in piazza in 76 città. Dico popolo perché i quattro maggiori sindacati italiani Cgil, Cisl, Uil e Ugl non hanno voluto metterci la faccia decidendo di non mandare nessun leader tra i manifestanti. Stessa cosa hanno fatto i leader politici. Le motivazioni ufficiali degli organizzatori erano quattro: solidarietà alla Palestina e cessate il fuoco a Gaza, interruzione delle relazioni militari con Israele, contrarietà all’economia di guerra e sostegno alla Global Sumud Flotilla.
Finalmente il popolo italiano, ha dato prova di compattezza su questo tema: è sceso in piazza. Non siamo ancora arrivati alle grandi e per me stimabili proteste del Nepal (loro il problema lo vivono in casa, quindi lo sentono in maniera diversa), ma il fiume di persone che ha attraversato le città ha realizzato un mio sogno: un popolo unito. Ho visto unità, desiderio, e soprattutto una manifestazione fisica di questo desiderio.
Liberalismo e piazza
Ma a questo punto, la domanda inevitabile è: a cosa serve davvero tutto questo? Dobbiamo fare un passo indietro nel seicento di John Locke e al suo pensiero di stato e società: Il liberalismo.
Il liberalismo è un’ideologia politica che riconosce diritti fondamentali e inviolabili dell’individuo, fondati sull’uguaglianza di tutti davanti alla legge. Su questo principio si è costruito il canone morale dell’Occidente. Quando penso a Locke e a quello che scriveva sui diritti naturali, mi sembra quasi che la piazza del 22 settembre sia stata un piccolo esperimento del suo pensiero. Locke diceva che la vita, la libertà, la possibilità di associarsi e di esprimersi non sono concessioni, non sono favori: esistono prima dello Stato, prima delle leggi, prima di qualunque governo. Sono semplicemente nostri, perché siamo esseri umani. E allora, se è vero che questi diritti sono universali, è naturale che non possiamo rivendicarli solo per noi stessi: devono valere anche per chi vive dall’altra parte del Mediterraneo, anche per chi oggi è sotto le bombe.
Per questo la manifestazione è stata un gesto morale. È stato come dire: “Sì, io riconosco che quei diritti che pretendo per me non possono essere negati a qualcun altro”. E in questa presa di coscienza collettiva io ho rivisto l’ombra lunga di Locke, non nelle aule universitarie o nei manuali di filosofia, ma per le strade, nei cartelli, nelle voci che si univano. Quella piazza mi ha ricordato che il liberalismo non è mai stato solo individualismo: è piuttosto la consapevolezza che la libertà si rafforza solo se resta comune, condivisa, indivisibile. E non c’è rappresentazione più bella di vederlo espresso oggi, con una manifestazione di solidarietà e con una flotta di imbarcazioni che tenta di soccorrere un popolo in estrema difficoltà.
A cosa è servita?
La manifestazione, in senso stretto, non cambierà le sorti di Gaza né servirà alla Sumud Flotilla. Un po’ come le grandi proteste degli anni Duemila contro le riforme di Berlusconi, che non riuscirono a fermare nulla. Da ragazzo pretendevo che le piazze avessero un impatto immediato, concreto, e mi arrabbiavo vedendo che tutto finiva lì. Mi chiedevo: a cosa servono? Come possono davvero mettere in crisi un governo? I potenti ci guardano, ridono e domani vanno avanti come nulla fosse.
IL 22 Settembre ho capito che non è questo il punto. Le manifestazioni sono un gesto profondamente umano: servono a contarsi, a misurare la nostra forza morale. Le manifestazioni sono il più grande atto di dimostrazione morale ed etico che il liberalismo di John Locke poteva concepire.
Non hanno quindi un’utilità “stretta”, ma ci permettono di toccare con mano la nostra unione. La domanda diventa: abbiamo ancora una coscienza comune? La risposta la dà la piazza. Quella del 22 settembre dimostra che l’ideologia liberale non è individualista, anzi. Abbiamo manifestato per valori che non riguardano direttamente noi, ma un altro popolo. Per la libertà: di vita, di parola, di dignità umana. Libertà che non possiamo perdere mai, perché sono il limite del potere.
La nota amara
Di cosa mi rammarico, allora?
Mi rammarico di non poter vedere questa unione più spesso. Non la vedo per il Sudan, dove dall’aprile 2023, circa 150mila persone sono state uccise e 13 milioni sono state sfollate (l’ONU denuncia anche l’uso sistematico dello stupro come arma di guerra – fonte). Gli sfollati interni sono 11,5 milioni, oltre la metà bambini, il che rende il Sudan il Paese con il più alto numero di sfollati al mondo. A questi si aggiungono 3,7 milioni di persone fuggite nei Paesi confinanti, soprattutto Sud Sudan e Ciad, con migliaia di nuovi arrivi ogni giorno. Questo flusso massiccio grava su Stati già poveri di risorse e ha alimentato nuove tensioni etniche. Nel complesso, oltre 30,4 milioni di persone – tre sudanesi su cinque – hanno bisogno di aiuti umanitari, un primato drammatico nella storia delle emergenze moderne. La situazione alimentare è allarmante: più della metà della popolazione affronta livelli di crisi o peggio, con 8 milioni di persone in emergenza e più di 600mila in carestia. Nel luglio 2024 la carestia è stata confermata in diverse zone del Darfur settentrionale, incluso il campo di Zamzam (circa 500mila persone), e si è estesa ad altri campi e ai Monti Nuba. (fonte).
Questa solidarietà mi rammarico di non vederla per l’Ucraina, dove sono stati uccisi più di 10.500 civili, e 6.7 milioni sono rifugiati, mentre 4 milioni sono gli sfollati. E come riporta Medici senza frontiere: «Più di 14 milioni e mezzo di persone – circa il 40% della popolazione ucraina – hanno bisogno di assistenza umanitaria e quasi 5 milioni dovranno affrontare uno stato di insicurezza alimentare». Quindi mi rammarico cari manifestanti e organizzatori per non vedere la stessa solidarietà nei confronti di una democrazia liberale che rischia di perdere quei diritti per i quali noi festeggiamo. E ancora mi rammarico per non vederla nelle battaglie meno gravi ma importanti all’interno del nostro paese, nella solidarietà che dovremmo avere tutti i giorni tra di noi. Il sentimento Lockeiano portiamolo per ogni individuo che ne abbia bisogno come in questa straordinaria unione di piazza che è un ‘ave’ alla società liberale che ci insegna che la libertà non appartiene a un popolo soltanto o all’Occidente, ma come insegna Locke, è naturale e quindi propria di tutti gli esseri viventi in quanto tali.