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Precipitato in Russia l’aereo che trasportava i vertici della Wagner: morti il fondatore Dmitriy Utkin e il comandante in capo Evgenij Prigozhin. Cosa ne sarà della compagnia militare privata Wagner?

Cosa è successo a Utkin e Prigozhin

L’aereo Embraer Legacy 600 che li trasportava è precipitato il 23 agosto nella regione di Tver, in Russia. È accaduto nel primo pomeriggio anche se le autorità russe hanno confermato la morte di Utkin e Prigozhin solamente in tarda serata. La Rosaviatsiya, l’agenzia del trasporto aereo russo, non ha ancora ufficializzato le cause dell’incidente. Fonti non ufficiali asseriscono che non si sia trattato di un incidente ma di un abbattimento da parte della contraerea russa.

È stata una vendetta nei confronti della Wagner?

L’unica sicurezza è che non ci sono ancora notizie certe. Sappiamo però che proprio nella mattina del 23 agosto il generale russo Sergei Surovikin, dal 2017 a capo della Vozdušno-kosmičeskie sily (VKS RF, le forze aerospaziali russe), è stato sollevato ufficialmente dal suo incarico. Aggiungiamo che Utkin e Prigozhin, dopo l’ammutinamento della Wagner, non erano di certo nelle grazie del Presidente russo.

Lo scorso 24 giugno Putin, già in un momento di debolezza, ha subito un’umiliazione pubblica alla quale ha assistito tutto il mondo. Dopo il fallito tentativo di golpe, Mosca ha le distanze dal Gruppo Wagner, che ha cominciato a fornire sempre meno risorse anche nel conflitto in Ucraina. È anche vero che la compagnia di contractors ha continuato e sta continuando a operare con tantissimi uomini in tutte quelle zone dove la Russia c’è ma non ci mette la faccia: Africa e Medio Oriente, come testimonia l’ultimo video in cui è apparso Prigozhin.

La Wagner in Africa: guerra per il Sahel

La permanenza della Wagner nella regione africana del Sahel l’abbiamo già trattata qui, ma la situazione con il passare del tempo è cambiata e ci sono state novità importanti: una su tutte il colpo di stato in Niger del 26 Luglio, dove la giunta militare guidata dal generale Abdourahamane Tchiani ha deposto il governo legittimo di Mohamed Bazoum. Il Niger, come il Mali guidato da Goitu, è sempre più legato alla Russia: questo soprattutto a causa delle tensioni mai placate con l’ex potenza coloniale che ha sempre avuto estrema influenza in quei territori: la Francia.

Ed è proprio su questo sentimento anti-francese (e, più in generale, anti-occidentale), testimoniato dalle sempre più frequenti bandiere russe sventolate in occasione delle tante manifestazioni di protesta, che la Russia sta cavalcando l’onda dell’espansionismo travestito da aiuti: per farlo però non manda truppe governative, ma la Wagner. Proprio Prigozhin, in un video apparso sui canali social legati al Gruppo, ha dichiarato che nel continente si stanno «conducendo attività di ricognizione e ricerca. Per rendere la Russia ancora più grande in ogni continente. E l’Africa ancora più libera». Nei giorni scorsi, sempre tramite social, è apparso inoltre un post che aveva tutte le caratteristiche di un annuncio: l’immagine postata raffigurava una cartina dell’Africa e la scritta «se avete bisogno di stabilità e sicurezza, contattateci. E aggiungeva inoltre, tanto per non ricalcare la mano sui sentimenti anti-francesi, che «la metà dei Paesi africani ha rifiutato il patrocinio francese».

Illustrazione di Nicolò Ibba

In conclusione: quale futuro per la Wagner?

L’obiettivo principale della Federazione Russa in Africa non è sicuramente il miglioramento delle condizioni degli Stati in cui opera, ma questo era chiaro fin da subito. 

Il modus operandi rimane sempre il solito, ovvero quello del divide et impera usato e strausato dai russi da prima della caduta dell’URSS: tramite il sostegno ai governi locali, spesso golpisti o comunque anti-occidentali, spianano la strada alle compagnie militari private e alle aziende strategiche. Queste ultime si accaparrano così le risorse minerarie e gli idrocarburi, riuscendo ad aggirare senza troppi disturbi (e senza troppo scalpore) le sanzioni occidentali.

Quale sarà il futuro della Wagner non possiamo saperlo, ma stando ai fatti che abbiamo a disposizione possiamo dire con certezza che non sparirà dall’oggi al domani. E, anzi, è assai probabile che il suo impiego crescerà, specialmente al di fuori dell’area Euro-Asiatica.


Articolo di Nicolò Ibba e Francesco Sollazzi