Un muro per proteggerci, una prigione che ci soffoca
“Another brick in the wall” (https://it.wikipedia.org/wiki/Another_Brick_in_the_Wall) recita il titolo di un celebre album del 1979 dei Pink Floyd. Un brano nel quale Pink, leader del gruppo, affetto dalla depressione, un male profondo quanto insidioso, urla tutta la sua rabbia verso le ingiustizie della società nella quale è nato e cresciuto. Un male che, come indicano le parole del pezzo, lo ha portato a percepire tutte le persone che lo circondavano come mostri. A sentirsi costantemente assediato. Unica soluzione apparente quella di erigere attorno a se un muro. Una barriera che lo faceva sentire sicuro e protetto. Ma la protezione è un inganno e, ogni volta che si aggiunge un mattone in più, il muro diventa sempre più soffocante.
Esso stesso è impregnato del male che attanaglia l’artista.
La barriera, infine, si dimostra l’opposto di ciò per cui era stata eretta: non protegge chi vi sta dietro, ma, anzi, lo stritola.
Questo vale per le persone, ma anche per gli Stati e i Continenti. La storia dell’Europa bene insegna quanto le barriere siano insidiose per un Continente, specialmente oggi che tornano a insidiarla.
Dalla caduta del Muro di Berlino alla proposta di erigere nuove barriere anti-migranti: il ritorno dell’Europa ad un triste passato
Era il novembre del 1989 quando l’Europa abbatteva il muro che da anni la imprigionava. Il simbolo dell’onta di un continente che non era in grado di unirsi. All’epoca il crollo di quella soffocante barriera interna era stato accolto con grande giubilo. Rappresentava, finalmente, la conclusione dei contrasti fra Paesi vicini che avevano capito l’inutilità del combattersi e la convenienza ad unire le forze per un futuro migliore. Finalmente il progetto di una grande comunità poteva prendere vita. Finalmente il bambino cresceva e maturava.
Ma, trascorso appena un trentennio, le barriere tornano a insediare l’Europa. Nuovi muri sono pronti ad accerchiare, per poi soffocare, un Unione che, seppur non più infante, non ha di certo ancora raggiunto la maturità. Il ritorno dei muri, con tutte le loro conseguenze nefaste, colpirebbe duramente le fondamenta dell’UE.
Eppure, a ottobre 2021, ben dodici Paesi si ritrovano d’accordo sul voler ricercare la protezione e l’isolamento dietro dei blocchi di cemento e filo spinato: Austria, Cipro, Danimarca, Grecia, Lituania, Polonia, Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia e Slovacchia. (Stefano Stefanini – La Stampa del 09/10/2021)
Quelle 12 mani alzate che indignano l’Europa
12 Stati ai quali questa immagine tetra pare, invece, essere appagante. 12 Paesi che sembrerebbero aver dimenticato quanto avesse gravato sulla vita delle persone quel muro abbattuto solo trent’anni prima.
12…tante sono le mani di altrettanti Ministri degli Interni che si sono alzate per votare a favore della richiesta all’Unione Europea di fondi per erigere barriere lungo i confini del Continente. Scopo dichiarato quello di arginare l’avanzata del flusso migratorio. Questo lo spauracchio che più insidia i pensieri dei Paesi in questi tempi e che pare predestinate a oscurare il loro futuro.
Ma non è tanto la scelta di questi Paesi a suscitare scalpore. Da anni, infatti, si ergono a portabandiera di una dura lotta contro l’accoglienza dei migranti che bussano alle porte europee.
Il fantasma dei muri non è mai scomparso del tutto in realtà
Il fantasma dei muri, in realtà, ha continuato imperterrito a insidiare l’Europa malgrado l’abbattimento della barriera che spezzava in due la Germania. Da allora, infatti, sono stati 16 i muri edificati. 16 casi di barriere sia interne che esterne ai confini europei. Esempio emblematico quello dei muri eretti in Irlanda del Nord per dividere i cattolici separatisti dai protestanti unionisti. Ma il caso dell’Irlanda è solo uno dei tanti esempi di fortificazioni erette lungo i 12.000 km di frontiera che separano l’UE da altri Stati limitrofi. Un misto di barriere in mattoni e filo spinato che ricopre oltre 1.100 chilometri, da Ceuta e Melilla, a separare Spagna e Marocco, fino ai Paesi Baltici. (Tortello Letizia – La Stampa del 09/10/2021)
Anche all’interno di Cipro esiste un muro che separa il nord e il sud del territorio, a dividere le due diverse etnie greco-cipriota e turco-cipriota, eretto tra il 1963 e il 1967.
L’ennesima storia di ferite assai profonde nel cuore di un Paese che non riesce ad essere unito neppure al suo interno. La cruda realtà di un odio che spinge persone che vivono vicine, nello stesso territorio, nella stessa strada, a combattersi con violenza piuttosto che a collaborare. Ferite ancora aperte, che a tratti torna a farsi sentire, come accaduto pochi mesi fa in Irlanda. (https://nosignalmagazine.it/troubles-again/)
La risposta della commissaria europea Johansson, un’onta ancora più grave della stessa richiesta
Ciò che dovrebbe destare maggior scandalo è, però, la risposta data dalla commissaria per gli affari interni della Commissione Europea, la svedese Ylva Johansson, ai 12 Paesi che hanno richiesto all’Unione Europea di finanziare il loro progetto. Non è stata pronunciata alcuna parola di condanna dalla commissaria contro l’atto stesso di voler attuare una politica così disumana. La Commissione non pare preoccupata dalla deriva che sta prendendo la situazione dei migranti. Vi è disinteresse al fatto che tiranni e despoti abbiano trasformato degli sfollati in armi per minacciare altri Stati. Fino a tal punto si è spinta la crudeltà umana.
E non meno crudele è quanto affermato, invece, dalla Johansson. La ministra non si è detta contraria al progetto, lasciando libertà agli Stati di portarlo avanti. Unica puntualizzazione, il fatto che la spesa per i lavori dovesse essere a carico dei diretti interessati, senza gravare sulle finanze dell’UE.
Forse sarebbe opportuna una revisione del significato e dell’utilizzo del termine umano. Spesso viene applicato in senso positivo, con l’accezione di bontà, altruismo, amore verso il prossimo. Un termine anche utilizzato come metro per misurare la vicinanza di certi comportamenti di altre specie animali ai nostri.
Nulla di più sbagliato se si guarda alle notizie che tutti i giorni ci bombardano, rimandandoci un’immagine dell’essere umano ben diversa. Un immagine non carica di sentimenti positivi qual dovrebbe essere. La quotidianità è il miglior specchio che si ha a disposizione per vedere quanto realmente possano essere meschini ed egoisti gli uomini nei confronti delle altre persone.
E così si riesce persino ad ideare un nuovo tipo di guerra e un nuovo tipo di arma, utilizzando i più disperati, i profughi, come strumento per minacciare altri Stati e tenerli in pugno.
I migranti utilizzati come armi, la nuova frontiera della brutalità umana
Potenze come Turchia e Russia, e loro araldi come nel caso della Biellorussia, cariche di orgoglio, ma, forse, non altrettanto di strumenti economici, tentano così di far sentire la loro voce e forzare la mano ai vicini dell’Ue. Soltanto l’uomo poteva inventare un utilizzo tale dei suoi simili. E il rifiuto all’accoglienza e la volontà di costruire muri da parte delle potenze che subiscono questi attacchi è ugualmente deplorevole.
Mentre i politici ragionano sulla necessità o meno di erigere barriere e discutono su chi debba accollarsi la spesa, migliaia, se non milioni, di persone muoiono di fame e freddo, costrette a fuggire dal loro Paese natio all’inseguimento di un sogno fatto di fumo.
Un’immagine che ha lasciato senza dubbio la sua impronta su questo 2021 appena concluso. E che continua ancora a far sentire il suo peso sull’anno appena iniziato. Ormai la situazione dei migranti ai confini europei non fa più notizia. I media non sono più interessati a sbandierarla a gran voce. Ma il problema è tutt’altro che risolto e l’onta di questa inettitudine a livello di Unione Europea tutt’altro che lavata.
Anzi nuovi progetti per nuovi muri sono stati avviati e così, di costruzione in costruzione, l’unità dei Paesi del Vecchio Continente si sfalda sempre più.