My year of dicks era, assieme a The Flying Sailor, Il bambino, la talpa, la volpe e il cavallo (il vincitore di categoria), Ice Merchants e An Ostrich Told Me the World Is Fake and I Think I Believe It, uno dei cinque cortometraggi animati in corsa per l’Oscar di categoria. Un linguaggio tagliente e un’animazione interessante per una storia assolutamente in linea con le più classiche dramedy adolescenziali. Voto? ???/5
Cicchetto di trama
È il 1991 e Pam, una quindicenne dalla forte immaginazione, è alla ricerca di un ragazzo con cui perdere la propria verginità: solo così si potrà sentire realizzata come donna. Una lunga ricerca raccontata in modo simpatico.
Una dramedy adolescenziale per tutti
My year of dicks è un cortometraggio che personalmente non avrei visto. Leggendo la sinossi, infatti, non mi sarei messo a guardare una adolescente in piena tempesta ormonale che cerca il ragazzo giusto con cui andare la prima volta a letto. Avrei commesso un grave errore.
Il cortometraggio di Sara Gunnarsdottir ha in sé animazioni davvero interessanti che catturano per fotografia, tratto delle animazioni e scelta dei colori nonostante una complessiva semplicità e “rozzezza”.
Le disavventure di Pam sono a tratti quasi comiche, leggere ma se ne percepisce il peso e l’importanza che queste hanno per la giovane. La stessa regia preme a ricordarcelo tramite le numerose soggettive più o meno intense, più o meno fantasiose.
Il cortometraggio di Gunnarsdottir è tutto sommato semplice, scarno nei particolari delle caratterizzazioni fisiche e dell’ambiente, ma che sa essere comunque incisivo per il modo graffiante in cui racconta la storia.
Riportare i ricordi della protagonista in animazione subito dopo che la stessa li introduce alla telecamera che sta usando è una scelta azzeccata. Tante piccole storie che hanno segnato Pamela Ribon e che ci ha voluto raccontare assieme a Gunnarsdottir
Chiacchiere da bar su My year of dicks
Sara Gunnarsdottir e Pamela Ribon dimostrano che se una cosa la sai raccontare bene, puoi ottenere l’attenzione di chiunque. Il film in corsa per un Oscar al miglior cortometraggio d’animazione non è un argomento di conversazione che interessi a tutti, eppure lo stile della regista danese centra in pieno l’obiettivo e ci fa seguire le vicende di Pam con divertita attenzione. Un lavoro onesto e ben fatto.