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Mi chiamo Giulia e sono fissata con Harry Potter. Sono cresciuta leggendone i libri durante gli intervalli a scuola, ho costruito la mia personalità attorno a quella di Hermione Granger, l’apparente secchiona bruttina dai capelli gonfi, senza amici né amiche, che si rivela essere l’eroina della storia. Ancora oggi, a ventotto anni, nelle notti di ansia non c’è nulla che mi calmi quanto la voce di Pannofino che mi racconta di Hagrid, Dobby e dei gemelli Weasley. Hogwarts è il posto sicuro in cui mi sento a casa.

Non voglio risultare stucchevole, al contrario, voglio essere il più sincera possibile, perché questa è una confessione: mi chiamo Giulia, sono fissata con Harry Potter e me ne vergogno. Non di sapere a memoria gli ingredienti della pozione Polisucco o di ritrovarmi a cantare Double trouble al primo accenno di autunno. Me ne vergogno, è chiaro, perché sono femminista. Anzi, specifichiamolo in questo caso – nonostante sia convinta che non esista altro modo di essere femminista: sono transfemminista.

Posso essere transfemminista e amare Harry Potter? Nel mondo capitalista sono i nostri acquisti che dicono chi siamo. Temo che sia più o meno l’unico potere che ci viene concesso. Per esempio: io sono vegana, non compro carne né derivati; acquisto quasi esclusivamente abiti di seconda mano; scelgo con criterio in quale supermercato andare, in quali mete viaggiare. Mettere i miei soldi di qua invece che di là mi fa sentire una persona che sta dalla parte giusta. Certo che non vado più al cinema a vedere i film di Woody Allen – tanto non è che ormai sia un gran perdita. Certo che boicotto Starbucks – che poi quando mai ci sono andata? 

Con la stessa arrogante sicurezza vorrei dire: certo che non ho comprato Hogwarts Legacy, certo che non vado agli Studios a Londra di Harry Potter, ma sarebbe una bugia. In Hogwarts Legacy sono stata smistata in Corvonero e quest’estate sono stata negli Studios a Londra, tra l’altro proprio nei giorni in cui Rowling postava dal suo account twitter non solo cattiverie inammissibili, ma vere e proprie falsità sulla pugile Imane Khelif. Mentre io compravo portachiavi con ippogrifi e burrobirre, Rowling contribuiva e fomentava la gogna transfobica che subiva l’atleta algerina.

Cosa dice allora il mio status di consumatrice? Non sto più di qua: in un attimo eccomi con entrambi i piedi di là. Se ci fosse un tribunale di purezza etica mi appellerei al fatto che in Harry Potter il tema principale sia la resistenza; che la saga ha – aveva? – una fortissima community LGBTQ+ perché a Hogwarts ogni persona ha un’identità speciale e trova il proprio gruppo di appartenenza; che il personaggio mentore di tutto l’intreccio – Albus Silente – sostiene ripetutamente che non importa come o dove nasciamo, ma che sono «le scelte che facciamo che dimostrano quel che siamo veramente». Davanti al giudice responsabile dell’integrità morale citerei in giudizio il trito e banale: bisogna separare l’opera dall’autrice. Per quanto non penso sia una soluzione e anzi mi sembri la risposta più semplice e immediata a una questione che semplice e immediata non è, effettivamente è quello che però faccio. 

Vorrei affezionarmi così tanto a un’altra opera. Seppure abbia letto e riletto Il Signore degli anelli, seppure sia in grado di doppiarne i film e di stopparli ogni dieci minuti per raccontarne simpatici inside jokes –Lo sai che Viggo si rompe due dita del piede prendendo a calci quell’elmo di orchetto? –, nella Terra di mezzo non mi sento a casa come a Hogwarts. È facile capire perché: l’universo di Harry Potter è magico, certo, ma è lo stesso che viviamo quotidianamente: la scuola, il professore crudele, le litigate con gli amici, le cotte, la morte, l’ottusità della politica, la discriminazione. Il tutto però raccontato e distribuito secondo un preciso e metodico disegno, con dettagli accennati nel primo libro che acquisiscono senso nel settimo; con personaggi menzionati nel primo capitolo della saga che diventano fondamentali nel terzo. Non è un mondo epico come quello della Terra di mezzo, quindi ci empatizziamo con incredibile semplicità: nel momento in cui l’autrice smista i personaggi, anche noi ci smistiamo. Ma allo stesso tempo è un universo magico e ordinato, in cui ogni particolare ha un proprio senso e anche una sua poesia, cosa che lo rende di gran lunga un posto più desiderabile da vivere rispetto a quello che abitiamo quotidianamente.

Ho detto all’ inizio che questa è una confessione e non mi voglio sottrarre a un’evidente verità che vizia questa mia analisi: sono una persona cis. Sono una femminista bianca medioborghese. Probabilmente questo senso di colpa che provo, questa necessità che ho di dimostrare che davvero sto dalla parte giusta, ma senza rinunciare a un’opera che amo – e nemmeno al suo merchandising – è l’atteggiamento tipico di chi vuole avere tutto, perché sa in fondo che il suo privilegio glielo permette. Forse, se fossi stata una persona trans, avrei evitato di acquistare Hogwarts Legacy. Ma la costruzione grammaticale che ho appena usato ha un nome: periodo ipotetico dell’irrealtà, serve cioè a descrivere qualcosa che non è accaduto.

harry potter rowling
Perché sono così fissata con Harry Potter (e perché questo mi fa sentire tanto in colpa)

Non arriverò a una soluzione: mi chiamo Giulia, sono fissata con Harry Potter e questo mi fa sentire in colpa. Fine. Non sono io la giudice responsabile dell’integrità morale e il punto è proprio questo: un’autorità non c’è. Ci siamo solo noi, con i maldestri tentativi di gestire la nostra dose quotidiana di ipocrisia, consapevoli che tutta una serie di ragionamenti razionali, per quanto ben argomentati, non riescono a fare breccia laddove il nostro rapporto con un’opera è così appassionatamente emotivo. 

E forse è proprio qui che sta il cortocircuito: in questo momento sono seduta alla scrivania, scrivo al computer una riflessione critica con la colonna sonora di Harry Potter nelle cuffie, mentre immagino l’esercito di Silente ribellarsi a una Rowling vestita da Umbridge; mentre mi vedo Hermione entrare nella Sala comune di Grifondoro con le spillette per il nuovo comitato anti Terf; mentre rido all’idea di Fred e George che riempiono la lussuosissima casa di Rowling con fuochi d’artificio azzurri, rosa e bianchi. Ragiono razionalmente su qualcosa che razionale non è. ♦︎


Illustrazione di Viviana Furlani