Rombi come di tuono, boati, il ruggire delle esplosioni. Il colpo secco del mortaio, quello ritmico del mitra.
Un cigolare costante e sinistro…i carri armati che avanzano strusciando sull’asfalto. Serpenti insidiosi che annunciano il loro arrivo a chi è ormai condannato e non può più fuggire al loro morso.

E urla…le urla dei soldati che impartiscono ordini. Le urla degli uomini e delle donne in mezzo al campo di battaglia, il tentativo di farsi sentire al di sopra del rumore delle armi.

Ma anche le urla di tutti gli altri. I civili che non vogliono essere coinvolti nello scontro. Quelli che si fiondano in strada, che si ammassano per fuggire. E quelli che, invece, rimangono nascosti in casa, cercando la protezione delle mura domestiche.

E infine, il pianto.

Quello assordante. Quello dei bambini terrorizzati, disperati perché non capiscono cosa stia succedendo. Stanno vivendo un incubo dal quale non riescono a risvegliarsi e si chiedono perché questa volta non basta l’abbraccio dei genitori, non sono sufficienti poche dolci parole perché tutto passi.

È rumorosa la guerra.
Una cacofonia di suoni che neanche la bacchetta di un abile direttore d’orchestra potrebbe rendere armoniosi. Ma il suono della guerra non è solo questo.


La guerra è anche silenzio.
Il silenzio delle pause tra uno sparo e l’altro.
L’attimo subito dopo un’esplosione. Quel momento in cui il tempo pare essersi fermato, prima che scoppino le urla dei sopravvissuti e che le sirene delle ambulanze trafiganno l’aria con il loro stridio.

Il silenzio di chi si trincea nelle case sperando che le armi cessino di far sentire la loro voce.

Il silenzio di bambini e ragazzi che capiscono cosa sta accadendo, ma che non sanno spiegarsi perché i grandi abbiano deciso di spegnere la radiosità delle loro giornate con la violenza.

Quello dei dei sospiri sordi di chi é a casa e prega per i famigliari che si trovano sul campo di battaglia.
Quello del mesto pianto di una madre che si è vista strappare via suo figlio dal fuoco nemico. Quello di una moglie che, di neri veste ornata, rende l’ultimo saluto al marito caduto.

Il silenzio delle persone comuni che la guerra non possono far altro che subirla. Non hanno parola in merito loro, i civili. Restano muti fi fronte al vociare dei potenti che decidono del loro futuro, delle loro vite.
È un silenzio, quello delle persone comuni, carico di attesa e di speranza. Speranza che la violenza impazzita passi in fretta. Speranza di non essere dimenticati da chi ha in mano la loro vita.

Tutto questo è la guerra, rumore e silenzio le note del suo concerto

Emanuele Ligorio
Laureato in economia, con un forte interesse per la storia e la geopolitica. Gran appassionato di arti marziali, escursionismo, corsa, bici e dedito allo sport a tempo pieno. Il resto della giornata lo dedico, oltre che al lavoro da impiegato, agli altri miei hobby, la lettura, la scrittura e la cura del frutteto di famiglia. Se vi state chiedendo come fanno a bastarmi 24 ore per fare tutto...la risposta è che non mi bastano.

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