Un voto, tra la città, il suo popolo e Sant’Efisio.
Terra lontana e misteriosa, ricca di storie e di tradizioni millenarie: la Sardegna. Oggi infatti approdiamo nel suo capoluogo, ovvero la Città di Cagliari, per scoprire perché il Primo Maggio non si festeggia la Festa dei Lavoratori.
Per comprenderlo dobbiamo fare un passo indietro fino al 1652; quando Cagliari era la città spagnola di Càller, all’epoca infatti la Sardegna era un possedimento della Corona di Spagna. In quell’anno in città si sviluppò una furiosissima epidemia di peste che perdurò fino al 1656 dimezzando completamente la popolazione.
Proprio nel 1656, visto il persistere della gravissima situazione i Consiglieri della Municipalità, guidati dal Viceré Conte di Lemos, presero in extremis la decisione di votarsi a Sant’Efisio: se la peste avesse abbandonato la città, i suoi cittadini con l’ausilio della Municipalità e dei suoi Magnifici Consiglieri avrebbero accompagnato ogni anno in perpetuo, con solennità e grandi festeggiamenti, il Santo in processione come segno di perenne riconoscenza.
Nel 1656 la peste cessò e da allora i Cagliaritani hanno condotto ininterrottamente il Santo in processione fino all’antico borgo di Nora; luogo dove Sant’Efisio nel 303 d.C. viene condannato a morte.
Questo voto, ricchissimo di peculiarità e antiche tradizioni, non è mai stato interrotto. Persino durante gli ultimi eventi bellici i Cagliaritani hanno sempre portato il Santo in processione, se pur con mezzi di fortuna.
La festa di Sant’Efisio è l’unico rito religioso che dura ben quattro giorni di pellegrinaggio ininterrotto; l’unico che vede i fedeli accompagnare a piedi il Santo in processione per quasi 100km tra andata e ritorno.
La tradizione vuole che per il Primo Maggio il Santo esca dalla Chiesetta di Sant’Efisio in Stampace, quartiere storico della Città di Cagliari, scortato dalla sua Guardiania, dai suoi Miliziani; accolto dai più alti onori civili e militari.
Inizia così la processione e la Festa, ovvero il viaggio che vede il Santo arrivare fino a Nora; non senza fare tappa in ognuno dei centri abitati lungo il percorso.
Questo viaggio, questa meravigliosa storia di devozione, termina ben tre giorni dopo: ovvero il Quattro Maggio, giorno in cui il Santo rientra nella sua chiesetta. Al suo rientro si dichiara sciolto il voto al grido di “attrus annus!“ – “a gli altri anni”.
Questo perché a Cagliari già il Cinque Maggio si pensa ad organizzare lo scioglimento del voto per l’anno successivo.
Ma chi era in realtà Sant’Efisio?
Sant’Efisio, Efis in lingua Sarda, nasce ad Antiochia di Siria nel 250 d.C. e intraprende la carriera militare arruolandosi nell’Esercito Imperiale. Per ragioni di natura militare Efis arriva nella Penisola Italica, dove avvenne la trasformazione. Infatti un giorno Efis ebbe una visione: gli apparve in sogno una grossa croce e sentì la voce di Gesù Cristo. Dal giorno si convertì al Cristianesimo e decise di sacrificare la sua vita alla predicazione e alla diffusione dei Vangeli.
Arrivò in Sardegna poiché sapeva che vi era un’alta percentuale di popolazione di religione pagana; fu proprio dalla Sardegna che inviò una lettera all’Imperatore Diocleziano con la quale chiedeva al regnante di convertirsi al Cristianesimo. Lettera che purtroppo gli costò caro, infatti l’Imperatore Diocleziano, sentita lesa la sua maestà, lo condannò a morte per decapitazione.
Sant’Efisio venne giustiziato nel 303 d.C. nell’antico borgo di Nora, vicino a Cagliari. La leggenda narra che le sue ultime parole furono una vera e propria invocazione di protezione divina del popolo Sardo; ragione per cui Sant’Efisio è sempre stato parte integrante della tradizione religiosa dell’Isola.