La decima edizione del Festival della TV e dei Nuovi Media si presenta in maniera non troppo differente dall’anno passato, complice il clima pandemico che circonda imperterrito le poche anime vaganti in questo venerdì pomeriggio.
Ad aprire la manifestazione ci pensa il nostro amichevole Urbano Cairo di quartiere, presenza ormai fissa qui a Dogliani. Intervistato da Claudio Cerasa (direttore de Il Foglio), l’editore del Corriere della Sera e proprietario del Torino FC analizza la gestione editoriale e calcistica ai tempi del Covid.
Per avvicinarci subito all’argomento principale di questi ultimi mesi, Presidente Cairo, lei è vaccinato?
No, non sono vaccinato. Ho preso il covid lo scorso ottobre, negativizzandomi a fine novembre. Trascorsi i mesi di immunità, avrei dovuto fare il vaccino, ma dal test sierologico effettutato proprio ieri ho scoperto di avere ancora parecchi anticorpi, e mi hanno consigliato di aspettare ancora.
Ha degli amici che non hanno fatto il vaccino per scelta? Se sì, sono cambiati i rapporti fra di voi?
In realtà no, ma anche fosse, sarei molto rispettoso delle scelte di tutti. Credo comunque che le vaccinazioni rappresentino una condizione essenziale per uscire da questa situazione nel minor tempo possibile.
Lei sostiene questo pensiero da cittadino e da editore. Pensa che le TV e i giornali debbano cercare di convincere le persone a compiere questo passo, oppure preferisce che si limitino a descrivere quello che succede?
Io credo che si debba fotografare la realtà dando spazio anche a chi la pensa in maniera diversa.
Sono un editore notoriamente molto aperto a cui non piace dettare troppe linee guida. E’ giusto che le opinioni circolino, cercando però di usare il buon senso, senza estremizzazioni da una parte come dall’altra.
Anche se la percentuale dei no vax è estremamente ridotta…
Anche loro hanno il diritto di esternare il loro pensiero, è la natura dei talk show e della contrapposizione di pensiero.
All’interno dell’editoria è in atto un cambiamento strutturale visibile. Crede che sia solo una parentesi o è destinato a perdurare anche al termine dell’emergenza sanitaria?
C’è una grande accelerazione del lato digitale, oggi abbiamo 350.000 abbonati al Corriere della Sera, più del doppio rispetto all’anno scorso. Inizialmente l’economia ha rallentato, investendo meno in pubblicità, dall’altro le persone avevano un maggiore bisogno di informarsi su ciò che stava accadendo, questo ha portato a un importante incremento degli utenti sui siti del nostro giornale, staccando di parecchio i concorrenti.
Se da domani i direttori dei suoi giornali venissero da lei con l’intenzione di far lavorare in presenza solo i dipendenti vaccinati, lei come reagirebbe?
E’ una quesione di rispetto per gli altri. Ovviamente il caso andrebbe esaminato con estrema cura, non sono decisioni che prenderei a cuor leggero.
Glielo chiedo perché i grandi colossi streaming quali Netflix, Amazon, Disney+ e altri hanno deciso di far lavorare sul set solo persone vaccinate.
Io rispetto le scelte di tutti, ed è sbagliato avere atteggiamenti coercitivi. E’ chiaro che nel momento in cui queste hanno un impatto negativo sulla salute altrui, urge una riflessione più ampia.
Secondo lei è pensabile, in prospettiva futura, rinunicare alla carta stampata?
Cinque anni fa mi fecero la stessa domanda. Il digitale ormai sta crescendo in maniera sempre più repentina, tuttavia la carta stampata è ancora qui a dire la sua. Non vedo grandi stravolgimenti fra cinque anni, ma dovremo essere sempre più bravi ad accelerare sulle piattaforme digitali.
Parlando di scelte editoriali, è più importante sforzarsi di rappresentare l’interesse dei lettori o avere una linea editoriale decisa, senza essere per forza popolare?
L’elemento fondamentale è la varietà di informazione. Essere popolari non significa necessariamente dover piacere a tutti i costi, ma essere capaci di interessare le persone attraverso contenuti di qualità e di grande chiarezza, senza dare nulla per scontato.
L’espressione “populista” chi le fa venire in mente?
Senza fare nomi, il populista utilizza frasi e concetti facilmente accettabili da chi lo ascolta, in quanto parte del sentire comune.
Draghi sta dicendo e facendo cose che piacciono a molte persone, in questo caso sarebbe un populista anche lui…
A me non sembra populista, sta prendendo decisioni difficili per il bene collettivo, non andando sempre incontro all’interesse di tutti, penso alla campagna vaccinale accelerata o alla questione del green pass. Piacere a tutti è da sempre impossibile, a maggior ragione in un momento di emergenza come questo.
Sono passati sei mesi dall’inizio di questa nuova avventura di governo, i partiti sono cambiati in maniera trasversale; Non ha l’impressione che il governo Draghi stia reindirizzando la politica italiana verso posizioni meno estremiste rispetto al recente passato?
Il fatto di dover mettere al primo posto gli interessi degli italiani a livello sanitario porta sicuramente a cambiamenti concreti, legate anche a dinamiche interne ai partiti stessi e ai loro leader.
Pensa che Draghi al Quirinale possa rilanciare l’Italia in ambito internazionale?
Ho grande stima di Draghi come persona e per ciò che sta facendo come Presidente del Consiglio, la sua carriera parla per lui. Sarebbe importante continuare ad avere il suo contributo anche nel prossimo futuro, ma non sta a me dire in quali vesti.
Tornando all’editoria, recentemente si è visto coinvolto nel “caso Blackstone”. Per riassumere, prima che lei diventasse presidente di RCS, i precedenti editori vendettero lo storica sede. Secondo lei era stata venduta a un prezzo troppo basso. Da tutto ciò nacque un contenzioso problematico, e oggi vi è una richiesta da parte di Blackstone di risarcimento danni al gruppo di RCS. A prescindere da chi abbia torto o ragione, lei ha detto fino ad oggi di non avere paura di alcuna conseguenza rilevante. Se non ci fosse un lieto fine, quale sarebbe il piano b?
Sulla cessione dell’immobile non ero d’accordo, per me fu rivenduto a un prezzo eccessivamente basso, lo scrissi anche in una lettera nel novembre del 2013 ad Angelo Provasoli, ex presidente di RCS. Una volta acquisita la proprietà dell’azienda nel 2016, dall’esame interno di quella vendita è emerso che non fu rispettato il sinallagma contrattuale. Detto questo, si è svolto tutto in Italia, dalle sollecitazioni fino agli accordi contrattuali, ed era previsto che fosse l’unico posto competente a derimere i contenziosi. Ecco perché i nostri legali ritengono che non ricorrano minimanente gli estremi per un giudizio formulato negli Stati Uniti, in quanto non c’è alcuna giurisdizione territoriale.
Fra le altre cose, lei è anche presidente del Torino FC. Il nuovo allenatore Juric ha dichiarato che lei ha scelto la strada dell’austerity sul mercato senza dirglielo. Lo conferma?
Partendo dal presupposto che ho grande fiducia in Juric e in quello che può dare alla squadra, io rispetto la sua opinione e la tengo in grande considerazione. Ricordiamoci però che il calcio sta vivendo la più grande crisi degli ultimi 30 anni per i motivi che tutti conosciamo. Sono scesi i ricavi, mentre i costi sono rimasti invariati. Gli stadi deserti e le sponsorizzazioni calanti hanno colpito anche la nostra società, di certe questioni bisogna tenere conto in chiave di mercato. E’ giusto sapere cosa pensa l’allenatore, basta parlarsi con franchezza.
Qual è l’obiettivo di quest’anno in campionato?
Per me è un anno di transizione, l’ho detto anche a Juric. E’ ovvio che avrei voluto consegnargli prima la squadra al completo, ma è stato un mercato difficilissimo e certe operazioni si possono concludere solo verso la fine. La crisi c’è per tutte le squadre, anche quelle più ricche di noi.
Cosa pensa riguardo al passaggio di consegne tra Sky e DAZN?
Sky ha svolto un lavoro eccellente negli ultimi anni, e volendo poteva benissimo alzare leggermente l’offerta per mantenere i diritti TV. La scelta di non farlo è legata evidentemente a motivi economici. Credo comunque che DAZN farà bene, come tutti sta attraversando la prima fase di messa a punto. Per quanto riguarda i diritti del nostro campionato, ci sarebbe bisogno di maggiori fondi, vi erano state delle trattative a riguardo che poi sono state bloccate, e questo è un peccato.