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Il Protagonista. Fotogramma di Waking Life
Il Protagonista. Fotogramma di: Waking Life

In Waking Life di Richard Linklater, seguiamo un ragazzo che si trova intrappolato all’interno dei sogni. Il giovane dapprima non si accorge di nulla ma, nel proseguo della narrazione, non può fare a meno di rendersene conto . Comincia così per il nostro protagonista e anche per noi pubblico, un viaggio onirico in cui si trova a dialogare (ma è principalmente un ascoltatore) con alcune persone che parlano dei più disparati argomenti; tutti però hanno come centro l’essere umano sia come singolo che come collettività.
Nel corso della storia, come detto, il nostro tenterà in ogni modo di uscire da questo stato di sogno continuo ma le cose sembra proprio non andare come sperato.

La tecnica cinematografica in nostro soccorso

Celine/Julie Delpy e Jesse/Ethan Hwke. Fotogramma di Waking Life.
Celine/Julie Delpy e Jesse/Ethan Hawke. Fotogramma di Waking Life. Fotogramma di: Waking Life.

Il 7° film del regista texano è una indagine al rotoscope sull’umano: dalla metafora della vita che è come una scatola di colori, i quali vanno usati tutti anche fuori dai bordi del foglio, passando da discorsi su libero arbitrio e impossibilità di raggiungere il proprio vero potenziale a causa di pigrizia e paura e arrivando a dialoghi fra il protagonista e tre onironauti come lui che però, a differenza del nostro sembrano aver accettato la situazione.

Oltre a gli episodi sopra accennati, ve ne sono numerosi altri che infarciscono il film, scritto dallo stesso Linklater, e che hanno come unico filo rosso dei discorsi più o meno filosofici; poco altro accomuna i vari “episodi” e non fosse per alcuni personaggi che si ripresentano, sarebbe anche facile saltare in blocco interi momenti di questo film, poiché non solo non perderemmo granché a livello di storia, ma arriveremo più freschi alla fine di un’opera che, visto ciò che racconta non è nemmeno così leggera.

Il rotoscope

Ad aiutare lo spettatore ad arrivare alla fine, oltre alla semplice curiosità del vedere come terminerà questo viaggio (a tratti disturbante), ci pensa senza alcun dubbio il rotoscope che permette di godere di atmosfere sempre sognanti, cangianti anche nello stile di un disegno che varia da episodio a episodio, come a ricordarci che non stiamo solamente viaggiando nei sogni del protagonista, ma nei sogni anche di qualcun altro.

A questa tecnica Richard Linklater è sempre ricorso per i suoi film d’animazione – tecnica utilizzata ultimamente per il suo Apollo 10 e mezzo -; è anche grazie a questa sua scelta se Waking Life riesce ad essere un film di forte impatto psicologico. Molti dei discorsi che si ascoltano sono davvero pregni ma, si crede, non avrebbero avuto lo stesso attecchimento se si avesse fatto ricorso solo a riprese dal vivo.

Un altro grande merito deve andare al montaggio della assidua collaboratrice di Linklater: la montatrice Sandra Adair sfrutta al meglio la tecnica per riuscire ad evitare che il susseguirsi dei vari episodi non sia banalmente frutto di una giustapposizione ma che questi si creino via, via come in un sogno.

Chiacchiere da bar su Waking Life

Il guidatore della barca a due ruote/Bill Wise. Fotogramma da Waking Life
Il guidatore della barca a due ruote/Bill Wise. Fotogramma di: Waking Life

Nessun film dovrebbe essere guardato con disattenzione e svogliatezza, nemmeno le commedie più leggere in cui si dice poco o nulla: Waking Life costringe all’attenzione (quasi morbosa) con una storia che non c’è o meglio, che occupa uno spazio parziale nell’intera narrazione (vedere per credere).

La dis-avventura del protagonista è solo una parte del tutto che è questa storia, quasi fosse uno strumento per poter indagare molto di più, quando non totalmente altro.
Una lenta camminata questo racconto di Linklater, lenta ma non noiosa vista la mole di informazioni, la cui maggioranza sono tutt’altro che concrete. Un percorso faticoso, alleggerito proprio dall’animazione particolare che permette anche a noi di evadere dalla realtà senza smettere di farlo, visto il peso dei discorsi estremamente legati al nostro essere reali.

L'autolesionista Fotogramma di: Waking Life
L’autolesionista Fotogramma di: Waking Life

Non si può però negare che il film sia estenuante, tanti sono i salti che la narrazione compie durante l’ora e quaranta del racconto. A tenerci freschi fino alla fine, non possono certo essere totalmente utili né l’estro creativo di Linklater e Adair, né la brillante colonna sonora firmata da Glover Gill. Questo però non deve farci propendere verso un giudizio negativo, o scoraggiare quei curiosi che leggeranno queste impressioni.
Si arriva all’ultima scena esausti, certo, ma vi si arriva soddisfatti perché per quanto possa averci frastornato la mole di informazioni, molto di ciò che abbiamo visto e sentito rimane e non si dimentica.

Nonostante il compulsivo bombardamento di informazioni (soprattutto) filosofiche è innegabile che, anche dopo alcuni giorni, ci si ricordi ancora qualcosa di importante che abbiamo visto nel film. È qui che Waking Life centra in pieno l’obbiettivo: è un film che può risultare stancante (non noioso) ma che mette voglia di vederlo nuovamente in futuro.