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Il 9 giugno Netflix ci ha regalato Questo mondo non mi renderà cattivo, la nuova serie di Zerocalcare, ormai uno dei pochi nomi fonte di prodotti degni di nota nel panorama della piattaforma. La serie, come già anticipato, non è il proseguo della precedente Strappare lungo i bordi ma qualcosa a sé stante.

La trama

Con l’ironia che lo contraddistingue, Zerocalcare stavolta ha deciso di condividere una storia diversa: la reazione dei residenti di un quartiere di Roma all’arrivo di un gruppo di immigrati nel centro di accoglienza municipale e tutte le conseguenze delle varie opinioni contrastanti. La trama la si può descrivere in quattro parole: amicizia, ‘politica’, giustizia, realtà. Nulla di sorprendente per chi già lo seguiva e legge i suoi fumetti; il suo interesse per le questioni sociali (come la resistenza dei Curdi raccontata in Kobane Calling e altri) è reale e mai sterile.

La scelta dell’autore (anche nella vita)

Zero infatti prova a dare un contributo anche nelle piccole realtà, disegnando ad esempio il manifesto per la ‘Casa della Socialità’ del quartiere San Lorenzo di Roma. Conquistata l’attenzione necessaria, l’ha usata per fare luce su episodi che preferiamo ignorare. Non a caso ha da poco vinto il premo Siae La Milanesiana per essere un intellettuale “tra i più coerenti e onesti del nostro tempo”. Se tutti gli artisti ‘usassero’ in questo modo il loro ‘potere’ forse riuscirebbero davvero a cambiare qualcosa.

L’influenza della filosofia

Durante tutto il racconto sembra riecheggiare il pensiero di Nietzsche secondo cui tutto è interpretabile. Zero pensava di sapere con certezza cosa è giusto e cosa no invece, durante queste tre ore, scopre, e noi insieme a lui, che nella vita vera è questione di prospettive, che è tutto molto più complesso, anche ciò che ci sembrava indiscutibile e assoluto. L’influenza della filosofia era già presente in Strappare lungo i bordi anche se con uno stampo più esistenzialista.

L’importanza dei dettagli

La cura della sceneggiatura e di ogni dettaglio è estrema: Zerocalcare si muove con destrezza anche tra argomenti così spigolosi e fa riferimenti colti e scelti con accuratezza, a dimostrazione di una cultura non superficiale o ‘borghese’ ma vera e profonda. Anche nella scelta della musica ci sorprende con la colonna sonora originale di Giancane e pezzi densi di significato come A Different Place dei California Calling e Spirits degli The Strumbellas. La sua è ‘un’intelligenza artistica’ fuori dal comune che gli permette di non essere mai banale.

Come è raccontata la vicenda

Ci allieta anche con le sue scelte narrative: sfonda la quarta parete, ci trascina nei retroscena del percorso creativo e risponde già ad eventuali obiezioni riguardo alle sue affermazioni. Quest’ultimo espediente sembra essere frutto del timore di essere frainteso, soprattutto su temi ‘collettivi’ rilevanti come quelli affrontati. A qualcuno potranno non essere piaciute le precisazioni che spesso hanno interrotto la vicenda, ma sono state necessarie. Senza quelle probabilmente Zero sarebbe stato travolto da una gigante nuvola di incomprensione e critiche.

Il finale

Non nascondiamoci dietro un dito, il finale potrebbe averci commosso. Perché? Perché è una conclusione amara quella che ci viene presentata: il mondo in cui viviamo è fin troppo incasinato e noi lottiamo (quando ne abbiamo la forza) contro un sistema che ci ingoia continuamente, ci mastica e poi ci risputa lasciandoci a pezzi. D’altronde Zerocalcare ha sempre rappresentato la verità, emotiva o sociale che fosse, e noi, finché ce la racconterà con questo dialetto romano in perfetta dizione, saremo sempre pronti ad ascoltarlo!

⭐️⭐️⭐️⭐️⭐️