Con Toy Story, dopo gli anni ’80 di Akira in Giappone, diamo uno sguardo all’animazione U.S.A. degli anni Novanta. Il film Pixar Animation Studios (e Walt Disney Pictures) è stato un balzo in avanti significativo per il cinema e per la sua storia. Quello di John Lasseter è infatti il primo lungometraggio realizzato completamente in CGI.
La trama
A casa del piccolo Andy Davis è arrivato un nuovo giocattolo: Buzz Lightyear, il suo ultimo regalo di compleanno. Il giocattolo è uno Space Ranger che prende un po’ troppo seriamente la cosa, visto che crede di esserlo realmente: questo suo comportamento, inoltre, infastidisce non poco Woody il cowboy, fino ad allora il preferito di Andy.
L’entrata di Buzz porterà un enorme rinnovamento nella cameretta di Andy, tanto da scatenare una grande invidia e gelosia in Woody che, per paura di perdere il suo primato, tenterà di liberarsi momentaneamente del giocattolo rivale. La cosa, però, gli sfuggirà di mano, e sarà costretto a rimediare per non dare un enorme dispiacere al piccolo Andy.
Toy Story. Un focus
La CGI ha fatto in questi ultimi anni continui passi avanti, e sotto questo aspetto il film di John Lasseter è stato ampiamente superato da molte altre pellicole. Già dal secondo episodio della saga, infatti, si poteva notare il divario tra i due in appena quattro anni. Toy Story resta però l’indiscusso inizio di un nuovo modo di fare cinema.
Dagli Studios…
Come accade molto spesso nelle opere, nei film che hanno fatto la storia, anche Toy Story ha avuto una genesi piuttosto complicata. L’idea di questo film nasce attorno alla fine del 1991, per poi vedere una effettiva fattibilità l’anno successivo, dopo i primi test. Il 1993, tuttavia,, il progetto rischia di essere accantonato: Peter Schneider, l’allora direttore della Walt Disney Animation Studios, (che lunedì 16 ottobre ha festeggiato i cento anni dalla sua fondazione), non gradiva i toni troppo adulti che stava prendendo la storia, minacciando di fermare definitivamente il progetto.
Per evitare l’accantonamento vengono così arruolati tre nuovi sceneggiatori: Joel Kohen, Alek Sokolow e Joss Whedon riescono nella loro parte di impresa. Il resto è affidato al comparto tecnico e artistico e alle workstation SUN (un sistema informatico che, ventiquattro ore su ventiquattro, renderizza il lavoro degli animatori coinvolti). L’enorme sforzo produttivo verrà largamente ripagato al cinema, con il film che a fine ’95 è il più visto dell’anno negli States, nonostante le tiepide reazioni delle anteprime con pubblico selezionato.
… alle sale
Toy Story è una storia semplice in cui tutto è calibrato alla perfezione per rendere l’intrattenimento accessibile a chiunque. Dal ritmo del racconto ai personaggi che abitano questo primo capitolo della saga, nulla è fuori posto e il film regge ancora quasi totalmente tutto il peso degli anni. I giocattoli di Toy Story, i veri protagonisti, pur sapendo di essere dei giocattoli – il dialogo fra loro e Buzz Lightyear al primo incontro è emblematico – si comportano come fossero persone reali, ciascuno con il proprio carattere, in certi casi anche al limite del patologico.
Una CGI agli inizi in un film davvero per tutti
La peculiare forza del film a livello narrativo si può trovare particolarmente in una battuta pronunciata, ad inizio film, da Mr. Potato: «Guarda: sono un Picasso!». È una delle battute principi del film di Lasseter perché inquadra al meglio il confine su cui Toy Story cammina sempre in perfetto equilibrio. Un adulto ride perché capisce benissimo a cosa si riferisca il giocattolo, un bambino avrò lo stesso atteggiamento per la sua assurda “ricomposizione” e questo sapersi giostrare tra mondo adulto e mondo bambino lo si continua a notare lungo tutta la narrazione come i fan di Stanley Kubrick avranno notato non appena si entra in casa di Syd,
Il mondo di Toy Story è un mondo in cui la CGI ha permesso di cominciare a percepire effettivamente la tangibilità della materia, cominciando quel cammino verso una verosimiglianza che ora, grazie al Motion Capture, è pressoché totale. Si vede effettivamente quanto fosse giovane la tecnica al tempo, basta vedere la rappresentazione degli esseri umani per fugare ogni dubbio (la sorellina di Andy fa rabbrividire quasi più di Syd il bulletto) ma la rivoluzione era ormai avviata e il risultato complessivo, legato al periodo storico di uscita del film, non può che dirsi eccezionale.
Il nuovo in Toy Story
Toy Story è un film nuovo per la Disney sia a livello visivo, ovviamente, sia e soprattutto a livello narrativo. Il film di Lasseter & Co. ha come personaggi dei giocattoli che si animano e sostanzialmente godono di vita propria (pur sapendo esattamente di essere giocattoli) in una piccola quotidianità, essenzialmente banale. Non ci sono le grandi avventure in mondi lontani, i principi e le principesse, scontri fra culture o grandi cattivi (Syd Phillips è a malapena identificabile come un bulletto) ma eventi piccoli che sono resi estremamente interessanti.
A Peter Schneider premeva che il film non avesse toni eccessivamente tendenti al pubblico più maturo e il risultato è stato ottenuto in pieno. Questo non ha impedito ai creatori di Toy Story di dare al racconto due personaggi adulti (pur essendo giocattoli) con punti di vista diametralmente opposti.
Da una parte abbiamo Woody il Cowboy che non ha alcuna aspirazione se non quella di essere il giocattolo preferito di Andy: è estremamente realista, ha a cuore i suoi amici giocattoli anche se spesso sembra trattarli più con fare paternalistico. Tiene molto al suo ruolo; all’arrivo di Buzz, infatti, si sente minacciato nella sua autorità e nel suo ruolo, vedendo il proprio mondo cadere a pezzi.
Dall’altra abbiamo, appunto, Buzz Lightyear un personaggio più ‘cartoonesco‘, lui non crede di essere un giocattolo ma un vero e proprio Space Ranger in missione e ogni cosa che fa è perfettamente coerente con il suo ruolo solo che, essendo un semplice giocattolo, tutta la grande fantasia dei suoi racconti, l’utilizzo dei suoi gadget, non possono che limitarsi a un iconico «cadere con stile».
Toy Story è stata la porta di ingresso, quasi un pretesto, per un mondo animato molto ricco. Gli anni ’90 pullulavano di un profluvio di opere animate di cui ancora adesso abbiamo felici ricordi tenuti in vita anche grazie ad alcune redistribuzioni.
#animazione115 torna a novembre con il penultimo appuntamento. Tappa nuovamente in Giappone con uno dei capolavori della storia del cinema.