Mosca, 26 settembre 1983. Il tenente colonnello Stanislav Petrov era stato assegnato al monitoraggio del sistema Oko in un bunker progettato per rilevare il lancio di missili balistici da parte di altri paesi. Poco dopo la mezzanotte il sistema satellitare rivelò il lancio di un missile nucleare da una base militare statunitense nello Stato del Montana diretto verso l’Unione Sovietica, seguito successivamente da ulteriori quattro identiche segnalazioni. Secondo il protocollo, Petrov avrebbe dovuto comunicare immediatamente l’allarme ai suoi superiori, così da innescare la reazione di eventi che avrebbe portato al lancio di armi atomiche in risposta, seguendo la strategia della Mutua Distruzione Assicurata (MAD, dall’inglese Mutual Assured Destruction, che significa anche ‘folle’). Tuttavia Petrov decise di mantenere la calma e, prendendosi un enorme rischio, attendere.
Stanislav Petrov, un eroe!
Ciò che dissuase Stanislav Petrov dal seguire il rigido protocollo fu la portata del presunto attacco: come poteva una potenza come gli Stati Uniti, dotata di più di duemila armi nucleari, eseguirne uno così fiacco, lanciando su Mosca appena cinque testate? Per di più sapendo che sarebbe partita una massiccia controffensiva sovietica. No, doveva trattarsi di un falso allarme.
Anche per questo venne inizialmente elogiato dai suoi superiori. Solo inizialmente, però. Petrov fu in seguito posto sotto interrogatorio, per via delle sue rischiose decisioni, e malgrado gli fosse stato inizialmente promesso un premio, non gliene fu mai conferito nessuno poiché non aveva segnalato l’incidente nel diario militare. Incidente che fu immediatamente classificato e mantenuto segreto, al punto che divenne pubblico solo nel 1998, quattordici anni più tardi, con la pubblicazione delle memorie di Yury Votintsev, il generale che aveva interrogato Petrov.
Stanislav Petrov, un eroe?
Quando l’incidente divenne di pubblico dominio suscitò scalpore in tutto il mondo. La figura di Stanislav Petrov venne vista sin da subito come quella dell’eroe che aveva salvato il pianeta dall’olocausto nucleare. Ma ci sarebbe stata davvero l’apocalisse se il tenente colonnello avesse seguito alla lettera il protocollo? Oko era un sistema di difesa di primo allarme, e non era certamente l’unico sistema deputato a prendere la decisione di aprire centinaia di silos nucleari e lanciare altrettanti missili sul suolo nemico. Parallelamente a Oko, infatti, lavoravano altri sistemi di allarme, come i radar Daugava, Dnepr e Voronezh. Dunque, se Petrov avesse seguito la procedura il sistema nucleare sarebbe stato messo in allerta, questo è vero, ma si sarebbero dovute attendere ulteriori conferme per avviare il processo di MAD.
Stanislav Petrov prese la decisione giusta perché pensò subito a un possibile malfunzionamento del sistema, evitando così una pericolosa escalation di eventi. Ma no, per quando pericolosa, difficilmente sarebbe culminata con l’Armageddon.
L’occhio imperfetto
Oko (che in russo significa occhio) è un sofisticato sistema composto da satelliti capaci di rilevare gas di scarico prodotti dai missili balistici intercontinentali. I satelliti si muovono lungo due orbite: quella geosincrona e l’orbita cosiddetta ‘Molniya’. In caso di allarme, il sistema nucleare sovietico (oggi russo) viene messo in stato d’allerta per preparare immediatamente una risposta a un eventuale attacco nucleare. Oltre ad azionare la procedura offensiva di MAD, Oko è collegato all’avanzato sistema di difesa antimissile ABM A-135, un potente scudo in grado di distruggere missili diretti verso la regione di Mosca.
Dopo alcune analisi si scoprì che l’incidente del 26 settembre fu causato da uno sfortunato allineamento della luce riflessa dal sole sulle nubi alte e dei satelliti di Oko in orbita Molniya. Secondo Petrov, una revisione del software di Oko portò a galla numerosi altri bug, e questo sarebbe stato alla base della decisione di nascondere l’evento per evitare la punizione di ingegneri e ufficiali.
Sull’orlo dell’Apocalisse
L’incidente del 26 settembre 1984 non è stato l’unico a mettere il mondo in pericolo, portandolo a un passo dalla guerra nucleare. Il 27 ottobre 1962, nel pieno della crisi dei missili di Cuba, un gruppo di undici cacciatorpedinieri americani e la portaerei USS Randolph localizzarono il sottomarino nucleare sovietico B-59 in acque internazionali, vicino a Cuba. Per costringere il sottomarino a riemergere così da identificarlo, le navi statunitensi rilasciarono bombe di profondità. In risposta, il comandante del sottomarino decise di lanciare un siluro nucleare, che poteva essere attivato solo con l’autorizzazione di tre membri del personale predeterminati. L’autorizzazione era stata fornita da tutti tranne che dall’ufficiale esecutivo Vasily Arkhipov. Dopo un’accesa discussione, il sottomarino risalì e venne identificato, per poi ripartire verso l’URSS. Oggi Arkhipov è considerato da molti, come Petrov, un eroe.
Il 9 novembre 1979 negli USA, il quartier generale del NORAD, lo Strategic Air Command, e il Pentagono segnalarono un allarme nucleare causato da un attacco nucleare sovietico inesistente. Il NORAD notificò immediatamente il Consigliere per la Sicurezza Nazionale sul lancio dell’Unione Sovietica di 250 missili balistici verso gli Stati Uniti, avvertendolo che il Presidente avrebbe dovuto prendere una decisione entro 7 minuti. Successivamente i computer innalzarono il numero di missili da 250 a 2200. I satelliti e i sistemi radar confermarono presto che si trattava di un falso allarme, un banale malfunzionamento causato da alcuni chip difettosi.
MADness
Tutti sanno che nella Mutua Distruzione Assicurata non c’è vincitore, e la specie umana potrebbe arrivare a estinguersi davvero a causa di un equivoco. Immaginate se Petrov avesse rispettato il protocollo, e nel panico la decisione di lanciare i missili fosse stata presa. Immaginate se Arkhipov avesse dato la sua autorizzazione, con Cuba armata delle testate nucleari sovietiche. Ci sono stati momenti, nel corso della storia, molti più di quelli raccontati in quest’articolo, in cui il destino dell’umanità è stato in due mani che avrebbero potuto distruggere tutto, per errore.
Illustrazione di Cristina Maggio