Skip to main content

Entrare a far parte della Hall of Fame a livello internazionale vuole dire andare oltre il coronamento delle proprie ambizioni e la realizzazione dei propri sogni; significa raggiungere un livello superiore a quello di campione, significa diventare una leggenda.


Lo scorso 20 ottobre un italiano ha ottenuto questo prestigioso riconoscimento nell’ambito della pallavolo: parliamo di Andrea Zorzi, ex opposto di Parma, Treviso, Macerata e della Nazionale, che la International Volleyball Hall of Fame ha deciso di inserire nella classifica dei giocatori di volley più rappresentativi a livello internazionale nella storia di questo sport. «Un grandissimo onore», come lo ha definito lo stesso Zorzi con la sua solita umiltà, il giusto riconoscimento per un atleta che ha contribuito a portare la pallavolo italiana ai massimi livelli mondiali. Una delle icone di una leva di giocatori così forte da meritare l’appellativo di “generazione di fenomeni”. Una squadra che ha fatto la storia, regalando alla nazionale azzurra i primi  successi in questo sport, e superando il paradosso della pallavolo italiana: vantare squadre di club vincenti anche in competizioni internazionali, ma non riuscire mai a trionfare a livello di Nazionale.

Italvolley, l’icona degli anni ’90

Zorzi e compagni rappresentarono una svolta incredibile, surreale, nel panorama sportivo della pallavolo italiana. Superarono ancora una volta il mero raggiungimento di un obiettivo, passando dal mondo della realtà a quello onirico. Perché la leva di pallavolisti che indossò la maglia azzurra tra l’89 e il 2000 non si limitò solo a vincere, ma si confermò nei numeri: quattro volte campioni d’Europa, tre volte campioni al Mondiale in tre edizioni consecutive,1990, 1994 e 1998, 8 volte trionfatori nella World League, una nella Coppa del Mondo, e secondi alle olimpiadi di Atlanta nel 1996. L’oro olimpico mancato rimane l’unica amarezza per dei giocatori che passarono dall’essere quasi degli sconosciuti, a diventare fenomeni paragonati allo statunitense “Dream Team” cestistico del 1992, che annoverava tra le sue fila atleti della fama di Michael Jordan.

Una squadra che rappresentò, e tutt’ora rappresenta, l’essenza di un’icona. La sua importanza nell’essere un riferimento per le persone che, grazie ai successi dell’Italvolley, hanno iniziato a interessarsi alla pallavolo, e per le future generazioni di ragazzi e ragazze che, attraverso il mito di quella Nazionale, si sono appassionate, innamorate di questo sport, e hanno deciso di praticarlo. Grazie a questi “fenomeni”, la pallavolo italiana è uscita, forse per la prima volta, dall’ombra, riuscendo a ritagliarsi il proprio spazio a livello mediatico.

Zorro, fisicità e caso

Andrea Zorzi è stato uno dei protagonisti assoluti di quella Nazionale e uno dei trascinatori della pallavolo italiana, con piú di 300 presenze con la maglia azzurra e numerosi titoli vinti a livello di club oltre ai trionfi ottenuti con l’Italvolley.
Lui che ha iniziato a giocare a pallavolo quasi per caso, spinto dal professore di educazione fisica del liceo classico che frequentava da adolescente, il quale convinse il padre di “Zorro”, come soleva chiamarlo il ct Velasco, a fargli praticare uno sport per non sprecare quel suo fisico così precocemente alto e grosso. Un fisico che in Zorzi, in realtà, destava vergogna, lo faceva apparire impacciato e poco attraente per le ragazze, come lui stesso ammette quando racconta la storia della sua vita.
La decisione tra pallavolo e basket fu meramente dovuta al fattore comodità, perché la palestra della squadra di volley era più vicina a casa. Non certo un esordio esaltante per la carriera sportiva di una futura leggenda. Nonostante casualità della scelta, si rivelò la decisione vincente poiché trasformò il ragazzone goffo e impacciato in un campione della pallavolo a livello internazionale, permettendo a quel fisico apparentemente scomodo di mostrare i suoi punti di forza.

Fefè, altezza e determinazione

Una storia molto simile, quantunque opposta, a quella di Ferdinando “Fefè” De Giorgi, altro rappresentante di quella generazione di pallavolisti destinata a scrivere la storia del volley italiano e internazionale.
L’attuale ct della Nazionale italiana maschile di pallavolo era un ragazzino che non brillava a scuola, ma che aveva un’enorme intelligenza di gioco, con la quale fu in grado di sopperire al suo limite fisico: la bassa statura. Infatti, con un’altezza che non supera il metro e settantotto, un altro ragazzo difficilmente si sarebbe sognato di avere una carriera come la sua in uno sport in cui i centimetri sono fondamentali. Ma lui fu più determinato dei suoi limiti fisici, consapevole che se avesse brillato a livello atletico i suoi genitori gli avrebbero perdonato la scarsa voglia di studiare. E oltre a compensare la bassa statura con una tecnica al limite della perfezione, con il tempo arrivò a innamorarsi della pallavolo e a voler trasmettere la sua passione ad altri una volta ritiratosi dalla carriera di giocatore.

L’eredità della Squadra del Secolo

Fefè e “Zorro” sono solo due dei grandissimi campioni che giá nel 2001 hanno ottenuto il riconoscimento di “Squadra del Secolo”. Nomi che anche chi non segue il volley ha probabilmente sentito nominare almeno una volta: dall’estroso Lucchetta, a Giani, dai due schiacciatori infallibili Bernardi e Cantagalli al palleggiatore Meoni, fino al compianto Vigor Bovolenta, scomparso prematuramente, solo per citare alcuni dei protagonisti di un decennio di trionfi.
Molti di loro, come De Giorgi, hanno continuato a lavorare nel mondo della pallavolo, alcuni allenando, altri preferendo allontanarsi dal campo per diventare giornalisti e commentatori. Ma tutti hanno continuato a dare il loro contributo a diffondere l’interesse per il volley e a rappresentare, attraverso il loro mito, un modello da imitare, non solo a livello sportivo.

Anche Zorzi, malgrado la decisione di ritirarsi relativamente presto dalla carriera agonistica, a soli 33 anni, non è certo rimasto a poltrire, perché lui era, prima che un grande atleta, un lavoratore di gran lena.
Da qui la decisione non solo di continuare a trasmettere l’interesse per la pallavolo da un’altra angolazione, in qualità di commentatore e opinionista sportivo per varie emittenti, curando i podcast After Hour e Palla Avvelenata, ma di mostrare come i principi che guidano al successo nello sport possano essere applicati anche nella vita di tutti i giorni. Zorzi ha iniziato, quindi, ad andare in giro azienda per azienda raccontando la sua storia e presentando la sua esperienza di giocatore professionista, mostrando che l’atleta agonista non è solo un giocatore che passa il tempo a divertirsi, ma è un vero e proprio lavoratore. E una squadra, specie in uno sport quale la pallavolo, dove il singolo non può fare la differenza da solo, è paragonabile a un’impresa: un’azienda è un team composto da tutti i suoi dipendenti e ciascuno di loro deve fornire la performance migliore perché questa sia vincente sul mercato. La responsabilizzazione dei giocatori, il far comprendere l’importanza del contributo di ciascuno, ma anche la necessità fondamentale che vi siano ruoli e livelli differenti e ben definiti, il riesame delle sconfitte e degli errori per trarne consigli utili a potenziarsi e non sbagliare in futuro, ma anche l’importanza di celebrare le vittorie. Questi sono solo alcuni dei concetti che Zorzi cerca di trasmettere partendo dalla sua esperienza personale e traslandola nel mondo lavorativo dell’industria.

Grazie alla collaborazione con Confindustria, Zorzi ha potuto trasformarsi in un’icona anche al di fuori del mondo sportivo, per diffondere il messaggio più importante che lui, De Giorgi, e tutti gli atleti che hanno rappresentato la generazione di fenomeni, possono comunicarci: i risultati non si ottengono solo con le doti che si hanno dalla nascita, ma con l’impegno, il sudore, la costanza e la passione. ♦︎