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Presentato nel concorso lungometraggi alla decima edizione del Torino Underground Cinefest, Brothers di Darkhan Tulegenov è un dramma che oscilla tra gangster-movie e coming of age. Un ragazzo abbandona l’orfanotrofio e, armato di una fotografia che lo ritrae col padre in riva al mare, inizia la ricerca del genitore. Durante il viaggio scoprirà di avere un fratello cresciuto in una ricca famiglia borghese. I due, spingendosi fin dove questa foto riuscirà a farli arrivare, si immergeranno in un mondo di crimini e violenza. Il film sorprende per la recitazione monolitica dei due protagonisti, i cui volti scolpiscono l’inquadratura, offrendo un’evocativa riflessione sullo scarto tra realtà e immagine.

Una favolaccia

Uno degli elementi più efficaci di Brothers è l’atmosfera favoleggiante che lo permea: sembra di assistere a un riadattamento de Il principe e il povero. Il film inizia presentando il ragazzo benestante asfissiato dalle convenzioni borghesi. Lo vediamo costretto ad andare in chiesa, chiuso nella sua stanza a esercitarsi col violino, partecipare a pranzi coi genitori dove emergono ferite e attriti. Da notare che i suoi ‘genitori’ (la madre si è risposata con l’uomo agiato che ha accudito il ragazzo) sono sempre raffigurati in ambienti chiusi, soffocanti e istituzionalizzati. Li vediamo appunto in chiesa, nella casa-famiglia, oppure in tribunale.  Così, quando l’orfano si presenta come fratello del ragazzo, questo ha il pretesto per escogitare un’escursione nei bassifondi e rinnegare temporaneamente le sue origini.

L’orfano, come un’entità mefistofelica apparsa dal nulla, trascina il garçon bourgeois nel mondo della tentazione, facendogli scoprire le feste, le droghe e il crimine. Questo ‘diavolo’ privo di antenati coinvolge il ragazzo – forse il vero protagonista – in furti e rapine sin dal loro primo incontro. Ma se il primo è cresciuto senza nessuno, il secondo sembra incapace di stare senza genitori. Il ‘principe’ rifugge i suoi tutori solo per sostituirli con altri: l’orfano e il partner in crime di quest’ultimo. In uno trova un surrogato della madre, nell’altro del padre (è emblematico che al piccolo criminale toccherà lo stesso destino del genitore cercato dai due).

Brothers di Darkhan Tulegenov
Fotogramma di Brothers © 2023 Darkhan Tulegenov/Golden man media

Brothers di Darkhan Tulegenov: l’amore e la violenza

Tutta la vicenda è messa in moto dall’immagine di un bambino che gioca con suo padre in una soleggiata giornata in spiaggia. Una fotografia che rimanda a un’idilliaca oasi di pace e serenità a cui attorno si tesse una trama di conflitti e soprusi.  A ribadire questo contrasto c’è una sequenza dove la madre del ‘principe’ e il marito hanno un’accesa discussione in auto che degenera nella violenza. L’uomo salta addosso alla donna, stuprandola nell’abitacolo della macchina. I due personaggi spariscono ai margini dello schermo e l’inquadratura, svuotata, rimane dominata dal parabrezza oltre il quale si scorgono dei bambini giocare sulla spiaggia. Il senso di falsa pulizia del quadro è portato al parossismo dal movimento dei tergicristalli azionati per sbaglio dall’uomo nel gesto di abbattersi sulla donna. Gli archi descritti dalle spazzole sembrano voler insistentemente cancellare l’atto di violenza che sta avvenendo all’interno della vettura.

Due persone insieme da una vita paiono distruggersi a vicenda. La sequenza preannuncia il finale del film, dove il garçon, dopo aver commesso un crimine indicibile, tornerà nella sua prigione borghese. L’orfano invece accetterà il carcere al posto del fratello, fungendo da capro espiatorio e tornando nuovamente solo. L’unica cosa che li lega è il neonato amore fraterno, un amore che va a braccetto con la violenza. Sembra che più l’amore sia grande più la violenza aumenti, portando equilibrio e armonia. Forse proprio dall’amore nasce la violenza: in altre parole, secondo Tulegenov, potrebbero essere la stessa cosa.


NoSignal Magazine è media partner della 10^ edizione del Torino Underground Cinefest