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Da bambina timida, sola e afasica, imprigionata in un campo di concentramento giapponese, a donna libera che impara a navigare nel mare aperto della sua emotività. Il vento del suo silenzio sembrava non promettere niente, e invece ha soffiato lentamente, ma senza mai fermarsi, su quel fragile e immenso velo azzurro, increspandolo e creando sfumature, movimento, cambiamento. E quando finalmente, dopo la sua difficile infanzia, riesce a mettere in moto le parole, le riversa ovunque, limpide, essenziali e dirette, inconfondibili: dai fogli di giornale ai palchi dei più importanti teatri, dai passi dei suoi libri a quelli di scuola, alla televisione e al cinema. Dacia Maraini, intellettuale eclettica appartenente alla generazione degli Anni Trenta e che oggi compie 87 anni, sin dal suo esordio impiega la parola per mettere ordine nella sua interiorità, offrendo alla società una base su cui poter costruire, ma anche demolire.  

Al centro della sua letteratura – che si può tranquillamente definire classica perché non esaurisce mai le cose da dire – ci sono le figure femminili che non ha mai smesso di rappresentare perché le loro storie fossero ascoltate: dalla prostituta che ha messo in scena al Teatro della Maddalena, fondato e portato avanti da sole donne, a Rosa, Giulia ed Enrichetta, unite nell’ultima raccolta Ti parlo, mi ascolti? Si tratta di vite agli antipodi ma che, paradossalmente, si incontrano nel coraggio e nel comune desiderio di autoaffermazione e libertà che le protagoniste, ognuna nella propria misura, hanno perso o non hanno mai avuto. Non è semplice unire e mettere d’accordo almeno tre generazioni, così come di tre generazioni diverse fanno parte le protagoniste, ma Dacia Maraini ne è capace perché, narrando parallelamente i problemi di una donna del Risorgimento e di una ragazza degli Anni Duemila, mostra come certe condizioni non siano esclusive di una sola epoca: alcuni soprusi continuano a ripetersi, uguali, soltanto con modalità diverse o impensabili.

Maraini, infatti, molto spesso anche tramite la modalità più immediata degli articoli di giornale, riflette sulle disparità e le discriminazioni che vanno da quelle linguistiche, forse più impercettibili, come il cosiddetto maschile sovraesteso, a quelle concettuali, come quella che poche settimane fa ha raccontato a Napoli: in radio aveva sentito parlare di scrittori del Novecento e non era stata menzionata nemmeno una donna; Alda Merini, Elsa Morante e lei stessa erano state sfacciatamente omesse, come se fossero invisibili, quando invece la loro rilevanza culturale è evidente.

Dacia Maraini
Dacia Maraini, la parola per le donne e il futuro

Sembrerebbe inutile, invece, stare a parlare delle violenze fisiche e dei soprusi culturali che giungono continuamente dalle nostre città o da quelle più remote, a cui ci siamo brutalmente abituati senza rendercene conto. La scrittrice, al contrario, fa leva proprio sulla narrazione di questi drammi, che non deve arrestarsi nonostante possa essere scocciante – sia per chi racconta sia per chi legge -, poiché scegliere l’indifferenza vuol dire arrendersi. C’è ancora tanto da dire e da ripetere visto che la nascita di alcune leggi a tutela delle donne non implica che il progresso avvenga anche nelle menti delle persone, anzi: è l’ultimo ad arrivare come in ogni cambiamento storico.

Vorrei non dovere intervenire ogni minuto per esprimere l’indignazione di tante donne che si sentono trattate come fossero un’etnia minoritaria, prese di mira da uomini rabbiosi e fatte fuori come nemiche da cancellare. Il silenzio diventa complicità ed è giusto parlarne, anche se suona ripetitivo. Ma ripetitivi sono i fatti.

Il potere della politica e della giustizia non è infinito, perciò l’invito di Dacia Maraini è chiaro: è importante non trascurare l’educazione e lavorare sulle coscienze, ricominciare a condividere dei valori, recuperare la compattezza per raggiungere l’obiettivo comune della parità, che riguarda i maschi non meno delle femmine, perché si tratta di creare una società senza storture e divari, ma realmente equilibrata ed egualitaria per tutti. In troppi, però, ancora non vedono di buon occhio il femminismo, bensì lo interpretano come un’esagerazione, un modo per mettere sul piedistallo le donne a scapito degli uomini, i quali si animano perché si sentono minacciati da qualcuno che vuole ‘spodestarli’, e temono di perdere i privilegi di cui hanno goduto finora (lo stesso motivo che li spinge a usare la violenza): ma l’obiettivo è semplicemente trovarsi l’uno accanto all’altra, nessuno in rilievo e nemmeno in contrapposizione. Questo è il pensiero di Maraini e dovremmo tenerlo sempre bene a mente, senza finire mai negli eccessi e in ulteriori inutili conflitti, prendendo a modello l’attività di una donna dal valore inestimabile, che ci offre una luce per rischiarare la strada da percorrere, come solo i grandi sanno fare. Ogni generazione crede legittimamente di meritare un futuro migliore, che però non per questo arriva da sé, perciò è tempo di impegnarsi e costruirlo.


Illustrazione di Lara Milani