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Erdogan e il suo ruolo chiave per il mantenimento della pace in Medio Oriente: tra Palestina, Israele e Iran.

Le dichiarazioni di Erdogan e i rapporti con Israele

Le posizioni della Turchia sul conflitto, a differenza di quelle della comunità internazionale, sono assolutamente nette. Il presidente Erdogan infatti, a poche settimane dall’aggravarsi del conflitto tra Hamas e lo Stato di Israele, ha spiazzato tutti rilasciando una dichiarazione decisamente fuori dagli schemi per gli standard occidentali:

Tutto l’occidente riconosce in Hamas una organizzazione terroristica. L’occidente deve molto a Israele, ma la Turchia non gli deve nulla. Hamas non è un’organizzazione terroristica, ma un gruppo di liberazione che combatte per proteggere la propria terra. Non abbiamo alcun problema con lo stato di Israele, ma non approviamo le sue atrocità, il suo modo di comportarsi sì come un’organizzazione e non come uno stato.

– Recep Tayyip Erdogan, 25 Ottobre 2023

La Turchia di Erdogan è appena uscita da una profonda crisi diplomatica con Israele, nella quale non sono mancate accuse e tensioni reciproche. Oggi ad Ankara stanno cercando di normalizzare nuovamente i rapporti con Tel Aviv. Addirittura Erdogan, pochi giorni prima dell’escalation, aveva annunciato una prossima visita del premier israeliano Netanyahu in Turchia; un segnale di apertura e avvicinamento assolutamente da non sottovalutare. La visita ovviamente non c’è stata, anche se i due presidenti si erano già incontrati nel settembre di quest’anno in quel di New York, in occasione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.

La Turchia sta con i palestinesi, senza se e senza ma

Nonostante i tentativi di ricostruire i rapporti diplomatici con Tel Aviv, Erdogan non si è mai privato di accusarla di essere uno “stato di apartheid”. La propaganda turca, con lo scopo di rendere Ankara la guida definitiva del mondo arabo, è sempre stata schierata in maniera assolutamente manifesta con i palestinesi. Non sono mancate, in Turchia e in tutto il mondo arabo, le manifestazioni pubbliche in sostegno alla causa palestinese e contro l’offensiva israeliana a Gaza. Il governo centrale ha addirittura dichiarato tre giorni di lutto nazionale dopo l’attacco israeliano all’ospedale Al-Shifa di Gaza City. Ovviamente queste mosse politiche hanno un notevole ritorno per la propaganda di Erdogan. Quest’ultimo, che nel corso degli anni ha trasformato Turchia impregnandola di nazionalismo autoritario, infatti non ha mai nascosto di voler mantenere una certa influenza sui territori dell’ex impero ottomano. Il tutto per mostrarsi al mondo arabo come guida (e ovviamente protettore) della cultura e della religione comune. 

I rapporti diplomatici con Israele però sono l’unica vera strada che la Turchia ha a disposizione per cercare di mettere fine alle ostilità. Motivo per cui Erdogan, contestualmente alle dichiarazioni in sostegno della causa palestinese (e per tenersi buoni gli alleati occidentali), chiede a gran voce una soluzione che rispetti gli standard del diritto internazionale.

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Erdogan: la Turchia e il Medio Oriente

I rapporti diplomatici con l’altra potenza regionale: l’Iran

Le relazioni tra Ankara e Teheran sono frutto di un equilibrio basato sulla cooperazione (e su contrasti non sempre amichevoli). Il rapporto tra i due Paesi dipende da tanti fattori interni ed esterni, dettati comunque dalle mosse geopolitiche degli attori dell’area. In quanto potenze regionali, però, i punti di frizione più importanti li possiamo individuare quasi tutti nell’instabilità proveniente dai paesi confinanti: l’Iraq (in cui Iran e Turchia hanno sostenuto gruppi politici opposti, scontrandosi indirettamente), il Kurdistan (dove Ankara e Teheran, anche qui, supportano fazioni avversarie) e la Siria (dove Erdogan ha sostenuto i ribelli e l’Iran il regime di Assad).

L’Iran è quindi in netta contrapposizione con le politiche (definite di quieto vivere) portate avanti dalla Turchia di Erdogan. Per comprendere la logica iraniana dobbiamo però fare un passo indietro e analizzare la situazione partendo dalle basi. L’Iran è uno stato teocratico sciita, posto quindi all’opposto del mondo arabo che invece è a maggioranza sunnita. Da decenni è in relazioni conflittuali con l’Occidente e dal 2006 è soggetta a un crescente regime di sanzioni dovute alle inadempienze nelle attività di proliferazione nucleare, praticata tra l’altro nel pieno di una politica espansionistica a livello politico nella regione. A tutto questo bisogna aggiungere, come si fa con la ciliegina quando si finisce una torta, che Teheran non mai riconosciuto formalmente lo Stato di Israele: sostiene anzi che non abbia assolutamente il diritto di esistere.

In conclusione

L’esplosione del conflitto in Palestina, vissuto da Israele come un vero e proprio attacco Iraniano perpetrato tramite Hamas, ha immediatamente messo in moto il ministro degli Esteri turco Fidan (che per anni è stato numero uno degli 007 di Erdogan). Quest’ultimo ha parlato, oltre che con il rappresentante della politica estera palestinese Al-Maliki, con il ministro degli Esteri iraniano Amir-Abdollahian (che è il capo della diplomazia Iraniana, ovvero del Paese che più di tutti sostiene Hamas). I movimenti del ministro turco Fidan dimostrano quindi che Erdogan, in questo momento, ha un raggio d’azione diplomatico che non va assolutamente sottovalutato. ♦︎


Illustrazione di Matteo Galasso