Un videogame, uscito ad ottobre del 2008, propose una frase di Ron Perlman in quella che diventerà una delle più iconiche sequenze d’apertura del gaming moderno.

War. War never changes.

Il clic è arrivato fortissimo nella mia mente proprio mentre osservavo le prime immagini dei carri armati russi occupare Kherson. Non che le guerre non abbiano mai sfiorato le nostre vite (Yemen e Siria sono due esempi lampanti), ma questa probabilmente la sentiamo vicina a casa. Tocca noi ed il nostro mondo, industria videoludica inclusa.

Dall’inizio degli scontri il mondo dei videogiochi è stato chiamato in causa diverse volte, sia in maniera impropria, sia in maniera virtuosa. Non si contano le fake news proposte dalla stampa nazionale ed internazionale: l’utilizzo massiccio di immagini tratte da videogiochi spacciate per foto di repertorio non fa bene a nessuno.
Ma di questo bisognerebbe parlare in un articolo a parte. Nei miei articoli cerco di parlare di videogiochi, mercato ed emozioni, quindi nonostante tutto proverò a farlo anche questa volta.

Molte software house sono uscite dal cerchio magico dei videogame e hanno deciso di prendere parte attiva nei soccorsi alla popolazione ucraina.
Emblematico quanto fatto da 11 bit studios: i creatori polacchi di This War of Mine, esperienza survival in cui il giocatore deve prendere scelte difficilissime per far sopravvivere un gruppo di civili in tempo di guerra (ispirata alle vicende di Sarajevo), stanno devolvendo tutti i ricavi alla Croce Rossa ucraina. Dalle stime sembra che abbiano raggiunto la cospicua cifra di seicentomila euro. Chapeau.

Ma che cosa succede quando, mentre stai modellando l’ennesimo props per il tuo videogioco, senti le bombe, i proiettili proprio lì, fuori dalla tua finestra?
Ecco è proprio quello che sta succedendo a GSC Game World, lo studio di sviluppo più importante dell’Ucraina.

Prima però facciamo un passo indietro.

GSC Game World inizia a pubblicare videogiochi nel 2004 ed in particolare crea un franchise per Microsoft Windows che riscuote un discreto successo: S.T.A.L.K.E.R. è una serie di videogiochi FPS (First Person Shooter, o sparatutto) ambientata in una zona di 30 km compresa nelle vicinanze di Černobyl’ dopo il disastro correlato. In questa “zona”, a causa del disastro, accadono eventi sempre più inspiegabili man mano che ci si avvicina al centro: sbalzi gravitazionali, fuochi perpetui e mutazioni animali (umani compresi) sono all’ordine del giorno. Nonostante il pericolo, in molti si avventurano all’interno della zona di alienazione: chi per depredare e uccidere, chi per avventura, chi per fuggire dal mondo. Questi individui vengono chiamati S.T.A.L.K.E.R. (sigla che sta per “sciacalli trasgressori avventurieri solitari assassini esploratori rapinatori“). Ecco spiegato il titolo.

Il giocatore dovrà muoversi tra le grandi aree del mondo di gioco avendo grande libertà di esplorazione e nella scelta delle missioni da portare a termine.
Oltre a questo, dovrà organizzare il proprio equipaggiamento avendo un inventario con peso massimo limitato, affrontare dialoghi a scelta multipla, gestire altri fattori legati alla salute del personaggio (livello di radiazioni, di ustioni, di danno telepatico o elettrico o tossico, …).

Il primo titolo della serie, S.T.A.L.K.E.R.: Shadow Of Chernobyl, pubblicato da THQ nel 2007, fu un successo per il PC gaming, tanto che spinse la software house a pubblicare altri due titoli. Un prequel, S.T.A.L.K.E.R.: Clear Sky (Valve Corp e Deep Silver, 2008), ed un sequel, S.T.A.L.K.E.R.: Call of Pripyat (THQ, 2009).

Dopo lunghi anni di silenzio, nel 2018 viene annunciato S.T.A.L.K.E.R. 2 : Heart of Chernobyl. Dopo il passaggio ad Unreal Engine 5 nel dicembre 2021, l’uscita sembrava imminente, eppure a gennaio di quest’anno GSC Game World rinvia il gioco di ben 7 mesi.
Nei giorni scorsi, il pubblico si aspettava di ricevere un video incentrato sullo stato dello sviluppo del gioco, ma i drammatici eventi dell’ultimo periodo “hanno trasformato” il suddetto video in un documento contenente le terribili scene della guerra in Ucraina.
Il team ha confermato che il gioco proseguirà, ma che lo sviluppo è bloccato fino al termine del conflitto. Non poteva non essere così dato che lo studio si trova proprio nelle zone interessate dai combattimenti.

Alzi gli occhi e vedi le bombe alla tua finestra.

Quello che doveva essere un dev-diary sullo sviluppo di un videogioco, si è tramutato in un drammatico documentario sulla guerra, un grido d’aiuto al mondo del gaming e non solo.
Se da qualche settimana le domande della community erano “A che punto siete? Quando mostrate qualcosa di nuovo?”, a poche ore dalla pubblicazione del video sono diventate “Ragazzi state bene? Come va lì da voi?”.
I siti web di S.T.A.L.K.E.R. 2 : Heart of Chernobyl e di GSC Game World si sono trasformati in ripetitori di aiuto per il popolo ucraino. Basta visitarli per trovare coordinate bancarie per aiutare l’esercito ucraino (potendo pagare addirittura in criptovalute) e la Croce Rossa Internazionale.

Quando vedi le bombe alla tua finestra, non si gioca più. Non gioca più nessuno.
La speranza è quella di tornare a giocare presto, magari l’8 dicembre 2022, nuova “fragile” data di lancio per S.T.A.L.K.E.R. 2 : Heart of Chernobyl: sarebbe il segno che le donne e gli uomini di GSC Game World ce l’hanno fatta.

Illustrazione e copertina a cura di Alessandro Tamietto.

Giovanni Zabardi
Nato controvoglia nel '94, ingegnere per scherzo e gamer incallito. Nonostante il cuore nerd, sono un organizzatore patologico dei migliori falò di ferragosto low budget della Costa Est. Laurea e lavoro nel gaming mi hanno imborghesito, ma una volta suonavo in una surf-rock band.

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