Lo zen e l’arte della manutenzione della motocicletta di Robert Pirsig è un libro polare, a cui si fa  ritorno per capire dove ci si trova, quanto si è cambiati dall’ultimo incontro. Sarà per il compendio filosofico che intesse, sarà per la narrativa a cui lo mescola o per i panorami selvaggi dei Dakota e del Montana, ma c’è qualcosa nel racconto di terribilmente intimo, da cui si può continuare a estrarre rivelazioni. 

Padre e figlio improvvisano una vacanza on the road dal Minnesota al Pacifico. In sella a una motocicletta di cui conosce ogni ingranaggio, Pirsig smonta e rimonta la propria filosofia dialogando con il fantasma del suo passato, Fedro, prodotto della sua filosofia della Qualità. Un viaggio iniziatico attraverso le camere del pensiero, guardandosi dai percorsi che accorciano i tempi e le distanze, quelli in cui la destinazione è l’unica cosa che conta e tutto ciò che sta nel mezzo diviene un ostacolo. Chilometro dopo chilometro, con il minimo sforzo possibile e senza fretta, i due prendono le vie più traverse, perché quella sulle autostrade non è che un’amputazione della vita. 

«Le strade migliori non collegano mai niente con nient’altro e c’è sempre un’altra strada che ti ci porta più in fretta». Lo zen e l’arte della manutenzione della motocicletta è stata la prima lettura che mi ha parlato di un ‘modo’ di fare le cose, di ‘un’arte del mantenere’. È stato il mio primo incontro con la poetica. 

Tenere a quello che si fa

Poetica e poesia non sono la stessa cosa. La poesia è un’opera che può rimanere sospesa, ma per esistere deve avere una forma materica, concreta. La poetica, no. Ha a che fare con lo spirito, il filo che attraversa e tiene insieme gli elementi senza però omologarli. È contemporaneamente fondamento e armonia. È una forza impareggiabile, un mordente, eppure, è fatta soltanto di ciò che è leggero. Ad esempio: se due persone pensano che in un punto della storia dovrebbe tirare il Maestrale invece dello Zefiro, quella è poetica. La poetica cambia ciò che non si vede, che poi è ciò che rimane.

Non esiste nessun manuale che parli del problema essenziale della manutenzione della motocicletta: tenere a quello che si fa. Questo è considerato di scarsa importanza, o viene dato per scontato.

Tenere a quello che si fa. Questa è l’arte della manutenzione, del mantenere, della cura. Non alberga da nessuna parte se non in noi stessi. Il magnete interiore rivela l’esistenza di una realtà ‘altra’ dove risiede l’essenza più vera, quella unicità che è solo propria. L’itinerario è per rientrare in se stessi e la chiave per farlo è rovesciare la mappa del mondo per seguire quelle strade che finiscono nel vuoto. Le strade che non collegano niente con nient’altro. Quelli sono gli itinerari dell’anima. 

La poetica come atto di rivoluzione

Il luogo dove migliorare il mondo è innanzitutto nel proprio cuore e nella propria testa e nelle proprie mani.

In un certo senso parliamo di una ‘rivoluzione’ che ha molto più a che fare con il silenzio che non con il rumore, con la solitudine che non con la piazza. Una rivoluzione che ha «la voce di un silenzio simile a un soffio», come la definisce il filosofo Martin Buber nel suo Il cammino dell’uomo. Un richiamo facile da soffocare, che richiede lentezza, attesa, pazienza, caratteristiche estranee alla società dell’immediato di cui facciamo parte.

La vera motocicletta a cui state lavorando è una moto che si chiama voi stessi. La macchina che sembra là fuori e la persona che sembra qui dentro non sono separate.

Questa insurrezione avviene in luoghi senza coordinate: il proprio pensiero, la propria parola, il proprio agire. In questo senso va a definire lo scarto tra il mondo e l’individuo, la differenza tra il suo valore medio e i singoli valori che lo compongono. Oggi più che mai quello scarto sembra assottigliarsi. L’individuo è sempre più appiattito sul valore medio. 

La poetica parla di un modo di fare le cose che chiede di tenere a quello che si fa. Chiede, insomma, di essere fedeli a se stessi. Di guardare al mondo con i soli occhi che si posseggono e non chiuderli dietro i vetri di un motore che va più veloce. Si tratta di una cura che non può che essere rivoluzionaria, perché vale solo se data con tutte le proprie forze.

Il grido: audacia! È un Fiat lux. Perché il genere umano vada avanti è necessario che ci siano, ai vertici, notevoli lezioni di coraggio. Le temerità abbagliano la vista e sono fra le più grandi luci dell’uomo. L’aurora osa, quando si leva. Tentare, affrontare, persistere, perseverare, essere fedeli a se stessi, prendere corpo a corpo il destino, stupire la catastrofe per la poca paura che ci fa, alle volte affrontare la potenza ingiusta, altre ottenere la vittoria ubriaca. Tener duro, duro, far fronte: ecco l’esempio di cui i popoli hanno bisogno.

Les Miserable
poetica
La poetica della manutenzione della bicicletta

In Les Miserable, Victor Hugo parla di un’umanità sfidata dalla sorte, sorte che ha spesso volto umano. La ‘resistenza’, più che la rivoluzione, è protagonista del romanzo. Guidati da una forza interiore che ha qualcosa di divino, i personaggi resistono alle derive del mondo, che sia aiutando una creatura o riempiendo le piazze. In questo senso sono rivoluzionari. 

Oggi vediamo nuove derive e con loro nuove chiamate a resistere, a lottare contro una regola invisibile e oppressiva, che schiaccia l’umano. La poetica è diventata fuorilegge nella società odierna, poiché poetica significa ricerca, viaggio, profondità e accettazione di un’incertezza che invece rifuggiamo senza tregua. Il nostro presente è caratterizzato da una crisi identitaria dettata proprio dalla paura dell’incertezza: di fronte alla necessità di svelarsi e ai rischi che comporta, abbiamo scelto la via più facile, quella che annuncia la destinazione e nasconde l’ostacolo. Così nasce una società dell’omologazione, del conformismo, del trasformismo, perché omologarsi significa fuggire dall’incertezza, conformarsi concede di evitare le domande e trasformarsi permette all’apparenza di nascondere il trucco. Di illudersi. 

L’alternativa esiste ancora ed è quella descritta finora: una via della poetica, dissestata, dimenticata, ma ancora lastricata di verità. La strada conduce in profondità, in fondali nascosti, che potrebbero celare orrori come meraviglie: sceglierla significa mettersi in discussione, rovesciare sé stessi e andare in direzione contraria. Ecco perché oggi non esiste attitudine più ribelle, più audace, di quella votata alla poetica.

Quella parola, audacia, suona come un richiamo. Una chiamata a pensare e ad agire con coraggio, a sfidare la realtà con lo sguardo e poi con le mani. Questa è la poetica: un darsi con tutta la propria forza. Gettarsi nel mondo con la testardaggine di aver fede nel proprio sguardo e di illudersi, anche illudersi, che valga la pena lavorare per avvicinare il più possibile la realtà alla visione. La chiamata del presente è a rinnovare la poetica. A plasmare uomini che nel silenzio sappiano mettere i piedi nei propri varchi e in quelli del mondo, per trovare ‘l’anello che non tiene’ e sciogliere i nodi. 

Sedere nei varchi del mondo. Accogliere le fratture. Mantenere i margini del proprio sguardo. È difficile stressare abbastanza l’importanza della poetica per la vita, e per la vita in particolare in questo momento storico. Preservare la forza di essere fedeli a se stessi non significa fare a pugni con l’autorità – qualunque essa sia. Vuol dire, soprattutto, imparare ad innalzare realtà senza bisogno di ‘fare muro contro altro’. L’autentico incontra l’Altro per trasformarsi e non per affermare se stesso. 

La poetica è la cura degli strappi, l’arte del riparo. È il coraggio di abbagliare il mondo, di non voltarsi di fronte alle sue crepe, levandosi, anzi, a prendersene cura. Prendersi cura della nausea, della noia, del turbamento, del sentimento scomodo, che rivelano una realtà che ha bisogno di essere sospinta. Prendersi così cura di sé e del proprio sguardo per fare spazio, al suo interno, alla fragilità del mondo. Riscoprire la poetica vuol dire allargare lo scarto tra la realtà e i suoi dettagli. Una voce sottile ma tutt’altro che remota ci sussurra che poetica vuol dire vita, che il filo sottile che tiene uniti i dettagli è un dettaglio esso stesso e che è fondamentale non abbandonarlo mai.

Ricordami, come sono infelice
lontano dalle tue leggi;
come non sprecare il tempo che mi rimane.
E non abbandonarmi mai…
Non mi abbandonare mai!

Franco Battiato, L’ombra della Luce


Moth è un collettivo di artisti nato a Torino nella primavera del 2023 ispirato alla poetica della falena. Attraverso la produzione artistica e l’organizzazione di eventi, Moth si pone l’intento di riportare l’arte e la bellezza a una dimensione quotidiana.

Moth
Moth è un collettivo di artisti nato a Torino nella primavera del 2023 ispirato alla poetica della falena. Attraverso la produzione artistica e l’organizzazione di eventi, Moth si pone l’intento di riportare l’arte e la bellezza a una dimensione quotidiana.

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