Giulia D’Anca, nella sua nuova raccolta poetica intitolata La percezione dell’indistinto (Eretica Edizioni, 2023), si distingue per la profonda esplorazione della condizione umana. Oltre a poetessa, l’autrice è anche dottoressa di ricerca in sociologia, docente alla scuola secondaria di secondo grado e cantautrice.

In quanto cantautrice e poetessa, come vivi il tuo rapporto con la scrittura? C’è un’interazione tra la creazione poetica e la composizione musicale?

Assolutamente sì. Il mio processo di scrittura parte dall’assunto che l’arte sia un unico grande discorso dal quale si attinge e al quale si dà. Negli anni passati mi sono dedicata anche alla realizzazione di canzoni e mi sentirei, dunque, di affermare che, l’esercizio e le strategie di scrittura con la loro attenzione rivolta alla musicalità, alla metrica e alle figure retoriche siano comuni tanto alla forma canzone quanto alla poesia. Credo che la brevità e l’impalcatura strutturale, nonché il tentativo da parte dello scrittore di far emergere un suono armonico ‘vivo’ dalle parole, appartengano a entrambe le forme artistiche.

Con le tue diverse competenze e passioni, perché hai scelto di esprimerti attraverso la poesia in particolare? Qual è il suo significato speciale per te?

Ho scelto di esprimermi attraverso la poesia in maniera inconsapevole. C’è sempre una spinta interna che ti guida a fare una scelta o che ti porta su una strada che non penseresti di percorrere. Questo è stato il mio caso. Riflettendoci su, credo però che la poesia rappresenti una delle forme più alte di espressione. Tutta la poesia è un’interlocuzione che ha per tema la speranza e, giocoforza, il seme che fa muovere la scrittura è proprio la speranza che risiede nella volontà del cambiamento, nella volontà che le cose migliorino. E comunque credo che il suo significato più profondo alberghi nel nostro stesso vivere quotidiano. Può essere poetica una carezza, un bacio, uno sguardo, un gatto, un incontro, il mare. 

 Hai riti o abitudini specifiche che guidano il tuo processo creativo?

Non possiamo parlare di riti stricto sensu. La mania poetica o ispirazione poetica sopraggiunge come un fulmine a ciel sereno, come una scossa elettrica che ti colpisce quando sei assorto a fare tutt’altro. Vero è, però, che spesso la notte sono maggiormente incline alle intuizioni, magari prima di dormire, momento in cui la nostra parte cosciente cede il passo a quella incosciente liberandosi dai condizionamenti. Quindi in pratica anziché prendere sonno, comincio a elaborare versi. E poi addio sonno.

La condizione umana è il cuore della tua nuova raccolta poetica. Cosa ti ha ispirato a esplorare questo tema e come hai affrontato la sfida di tradurlo in poesia?

La mia ipersensibilità è il punto di partenza. Questa condizione porta – volente o nolente – alla continua e spasmodica percezione di ciò che accade, all’elaborazione di stati d’animo e all’assorbimento e rimodulazione di energie, tanto personali quanto esterne alla mia individualità. A questo si aggiunge il mio interesse per tutto ciò che abbia a che fare con la psicologia e per gli stati inconsci del pensiero: la poesia è uno degli strumenti più efficaci di emersione del rimosso e di esperienze fossilizzate nell’Es. Dunque in questo specifico caso la poesia si pone nella condizione di catalizzatore di sentimenti, caos emotivo, riflessioni intime e individuali. La sfida è questa: portare in vita il mondo sommerso della psiche e tradurlo in segno grafico, verbalizzandolo. Altra sfida è quella di tradurre le solitudini dell’uomo in esperienze di vita raccontate in versi e poi condivise e fruite da un pubblico.

Considerando la tua esperienza, quali consigli daresti agli aspiranti scrittori, specialmente quelli che desiderano esplorare la poesia?

Più che dispensare consigli, suggerirei a chi ama scrivere di appassionarsi alle più disparate letture, di scoprire autori sempre nuovi, anche autori che crediamo distanti da noi, stilisticamente, contenutisticamente e linguisticamente parlando. Approcciarsi alla lettura è il primo passo da fare nel caso si avesse la volontà di entrare nel bellissimo mondo della scrittura di liriche e di affinare tecnicamente la stessa, trovando familiarità con i linguaggi poetici. Detto questo, credo che la coerenza con se stessi e la capacità di dire cose quanto più verosimilmente collegate al nostro vissuto e al nostro sentire siano sempre elementi vincenti per lasciare una traccia nel cuore di chi legge.

Hai progetti futuri che puoi anticipare? C’è qualche nuova direzione creativa che desideri esplorare?

Il mio progetto futuro è fatto di nuovi versi. Non smetto mai di scrivere. Il flusso del lavoro creativo è continuamente soggetto a revisioni e a ricerche linguistiche ad hoc.  Come ti dicevo, nella realizzazione di questo processo sono sostenuta dal continuo ricorso alla lettura di poeti, classici e non. Per adesso sono in fissa, tra gli altri, con la «poeta» – come amava definirsi lei – Patrizia Cavalli. La trovo estremamente moderna e ‘leggera’, la sua lettura non è mai banale, regala spunti interessanti e stilisticamente al passo col momento storico in cui viviamo. Ad ogni modo, sto lavorando alla conclusione della terza silloge, ma è ancora presto per parlarne, il mio secondo lavoro poetico richiede ancora di aver dedicato tempo e spazio per la sua circolazione e diffusione.  Nel futuro, spero di avere sempre e ancora la possibilità di trovare, attraverso il mio lavoro di scrittura, un posto nel mondo e che questo posto sia uno spazio affollato che offra occasioni di dialogo, confronto e condivisione con gli altri. ♦︎

Maria De Carolis
Alessandro Baricco ha scritto: «Forse le storie che leggiamo, scriviamo e raccontiamo non sono che una seconda luna, inventata dagli umani per sconfiggere il buio nelle notti di tempesta». Maria, classe 2001, colleziono storie e parole.

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