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Il malessere dell’era Putin porta in auge i nostalgici del regime comunista, quando la Russia era una grande potenza chiamata URSS

Negli ultimi anni in Russia si sta registrando un costante aumento di nostalgici dell’Unione Sovietica. Il fenomeno non interessa soltanto i cittadini che sotto il regime ci sono nati e cresciuti, ma riguarda anche coloro che, venuti al mondo dopo il 1991, dell’epoca sovietica ne hanno solo sentito parlare.

La politica estera della Federazione Russa

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Mappa della CSI – Stati ex URSS

Putin nasce come funzionario del KGB, il Comitato per la Sicurezza di Stato (i servizi segreti) dell’Unione Sovietica. Da questo possiamo comprendere perché la politica estera del presidente è sempre stata indirizzata al riconoscimento della potenza e dell’autorità della Federazione Russa nella propria regione, mantenendo uno stretto controllo del proprio giardino di casa. La stessa politica del giardino di casa, adottata da tutte le grandi potenze, è di fatto la chiave della politica estera russa. Gli stati ex sovietici sono considerati dalla Federazione Russa come stati cuscinetto: liberi, sì, formalmente non legati a Mosca, ma dotati di una limitatissima autonomia. Soprattutto per ciò che riguarda la politica economica, quella estera e le alleanze militari. Gli stati satelliti dell’ex URSS infatti, dopo la dissoluzione dell’Unione, si sono ritrovati membri della Comunità degli Stati Indipendenti e della CSTO, l’alleanza militare reciproca con Mosca.

Il Cremlino quindi non è solito concedere tante libertà agli stati cuscinetto, che separano la Russia dal mondo cosiddetto occidentale: il nemico per eccellenza, la Nato. Questa sua limitata concessione di libertà è giustificata dalla volontà di mantenere sempre alto il livello di sicurezza interno ed esterno della Federazione. Nel corso degli anni ci sono stati tanti tentativi di ribellione nei confronti di questa politica estera assolutamente limitante. Abbiamo assistito alla guerra in Cecenia, poi in Georgia, in Armenia e, oggi, in Ucraina. Insomma l’unica strada percorribile, se non si vuole la guerra, è l’obbedienza.

La sfera d’influenza della Russia

La Russia ovviamente ha sempre fatto ricorso a motivi storici per giustificare questi suoi atteggiamenti. Rivendicando il ruolo di grande potenza che storicamente ha sempre influenzato quella zona del mondo. Fino alla dissoluzione dell’Unione Sovietica il globo era infatti suddiviso in blocchi, sottoposti all’influenza delle due grandi superpotenze dell’epoca: gli USA e l’URSS. Il blocco occidentale è tutt’ora legato agli USA sia per interessi economici (più o meno) affini, che per le alleanze di tipo militare. Il blocco orientale, invece, è cambiato un bel po’ dal passato ed è tuttora in evoluzione. Ciononostante la Russia rimane la potenza regionale di riferimento per l’intera l’Europa orientale, parte dei Balcani, i Paesi Stan e tutta l’area caucasica.

Russia, disuguaglianze e propaganda: la ricetta della nostalgia

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Nostalgia sovietica in Russia

Partiamo dal considerare che la Federazione Russa si trovava in condizioni economiche e sociali critiche da ben prima della dissoluzione dell’URSS. La caduta dell’Unione, le politiche economiche e le riforme politico-sociali della transizione, Perestrojka compresa, si sono sommate a tutte quelle problematiche che già erano endemiche: profonde disuguaglianze sociali tra le zone urbane e rurali, debito pubblico alle stelle, disoccupazione e povertà diffusa, criminalità organizzata dilagante.

A questa situazione già non ottimale, dobbiamo aggiungere la politica adottata dai media e dall’apparato di propaganda governativa. Questi ultimi, di fatto, non hanno mai smesso di propagandare la grandezza e la potenza della Russia in epoca sovietica, continuando a sottolineare quanto l’Unione fosse forte alla pari delle altre grandi potenze. Non solo: la Federazione Russa si è sempre rifiutata di eliminare la simbologia sovietica; la sua è una storia gloriosa, e non c’è alcun motivo valido per cui dovrebbe essere cancellata. Ed ecco che la ricetta del nuovo revanscismo russo è servita: oggi, circa il 60% dei russi rimpiange il regime comunista dell’URSS.

La nostalgia sovietica nell’apparato militare russo

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Mezzi e truppe russe con il vessillo sovietico durante il conflitto in Ucraina

Gli effetti di questa politica mediatica, che sembra stia raggiungendo eccellentemente tutti gli obiettivi, sono evidenti anche nell’ambito più pericoloso di tutti: quello militare. Già dal 2014, con l’occupazione russa della Crimea e l’inizio del conflitto nel Donbass, si sono intravisti i primi risultati di questa mossa propagandistica: segnali della profonda nostalgia per la grandezza e la potenza che caratterizzavano il periodo sovietico.

Ma la dimostrazione effettiva l’abbiamo avuta con l’invasione dell’Ucraina nel febbraio del 2022. Quando il mondo ha visto le migliaia di fotografie dei carri e dei blindati russi che sfrecciavano verso Kiev con issata la bandiera rossa. L’ultima di queste dimostrazioni è avvenuta durante i recenti fatti di Belgorod, quando in alcuni filmati si è visto il colonnello Alexander Lapin con la patch raffigurante il vessillo dell’URSS attaccata in bella mostra sull’uniforme, al posto della bandiera della Federazione Russa.

Il fine politico della dottrina nostalgica

I significati di questa dottrina politica e mediatica sono molteplici, ognuno celato dietro una precisa volontà del regime di Putin. Mosca sta sfidando il mondo occidentale, esattamente come succedeva durante la guerra fredda: la Russia c’è, è il messaggio che si vuole far passare, è potente e non si fa intimorire dagli embarghi né tantomeno dalle sanzioni. In un momento in cui Putin ha un assoluto bisogno di unire il popolo russo per non rischiare di perdere il potere, i media cercano di distrarre la popolazione e puntare la loro attenzione al passato. Come? Propagandando la grandezza e la maestosa potenza della Russia in epoca sovietica, probabilmente con l’auspicio di migliorare le prospettive per un futuro tutt’altro che roseo.