Tomàs Carlovich, detto ‘El Trinche’, è stato diverso. Si perché mentre c’è chi gioca ambendo a vincere trofei e guadagnare, lui ha scelto semplicemente di divertirsi. In Argentina lui è conosciuto come: ‘Colui che non volle diventare Maradona’. Vediamo perché.

Innanzitutto El Trinche è un atto di fede. Non abbiamo testimonianze delle sue gesta ma la sua figura acquista credibilità dai personaggi che l’hanno raccontata. Nasce nell’aprile del 1946 a Rosario, in Argentina, e muore lì nel maggio dell’anno scorso. Vive tutta la sua vita nella propria città natale, con una particolarità però, vive da uomo libero, sempre. Nel giorno della sua morte i giornali recitavano:” L’uomo che non volle diventare Maradona”.
Può parere un’esagerazione ma lo stesso Maradona, tornato a Rosario nel 93′, lo definì il giocatore più forte di Rosario e tornato in città nel 2019 volle incontrarlo. Alla sua vista gli si avvicino e gli disse:” Você é melhor que yo”; che tradotto significa:” Tu sei migliore di me”.

Sono talmente tante le storie riguardanti El Trinche che non basterebbe un libro intero per raccoglierle tutte. Addirittura si narra che in una partita amichevole tra l’Argentina ed una selezione di Rosario, l’allenatore dell’albiceleste a fine primo tempo abbia chiesto all’allenatore della selezione di togliere Carlovich, il quale stava letteralmente umiliando i suoi. Il risultato all’intervallo era infatti di 2-0, potete immaginare per chi. Allora lui si cambiò gli scarpini con i sandali, e tornò al bar con gli amici che lo aspettavano.

La storia Di Tomàs Carlovich non è sicuramente quella di un professionista, né di uno che ha dedicato la sua intera vita al calcio. La storia del ragazzo di Rosario narra di una persona che però ha conservato per sempre il gioco nel proprio cuore, vivendolo da diverso, da uomo libero. A lui non è mai interessato ‘diventare Maradona’, non ha mai visto il calcio come competizione o tramite per raggiungere un obiettivo. Lui ha sempre visto questo gioco come tale, un gioco, che per definizione serve per divertirsi e far divertire. Questo è quello che lui ha sempre fatto ogni volta che ha calcato il terreno di gioco: si è divertito, facendo ciò che amava; e ha fatto divertire, chi amava il calcio come lui.

El Trinche ci ha insegnato che per essere ricordati non serve per forza eccellere in ciò che si fa, vincendo trofei o riconoscimenti, basta credere fermamente in ciò che si ama, e lui l’ha fatto. Questo 8 maggio si è celebrata la ricorrenza della sua morte, quindi concludo dicendo: “Tomàs, grazie di essere stato diverso”.

NoSignal Magazine

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